Cass. civ., sez. V trib., sentenza 24/04/2023, n. 10883

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 24/04/2023, n. 10883
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10883
Data del deposito : 24 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

ato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 5222/2019 R.G. proposto da: ERG S.P.A., in persona del legale rappresentante, sedente in Genova, rappresentata e difesa dall’avv. L S, elettivamente domiciliata presso di lei in Roma, v. G. Mazzini, 9/11, il tutto come da procura a margine del ricorso;
–ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- controricorrente – Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della Sicilia, n. 2759/01/18,depositata il 3 luglio 2018. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 marzo 2023dal consigliere A C. Si dà atto che il Sostituto Procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Il difensore della ricorrente ha chiesto l’accoglimento del ricorso. Decorr effetti sent cost

FATTI DI CAUSA

1. La contribuente, dopo aver chiesto il rimborso dell’addizionale IRES per il settore energetico (c.d. Robin tax) versata nell’anno 2008, a fronte del silenzio-rifiuto dell’amministrazione, il 9 gennaio 2012 proponeva ricorso davanti alla CTP, che rigettava lo stesso con sentenza 3 dicembre 2013. Gravata d’appello la sentenza, la CTR confermava la sentenza di primo grado, richiamandosi agli effetti temporali della frattanto intervenuta sentenza di declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 81, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, ad opera della sentenza della Corte Cost. n. 10 del 2015. 2. La contribuente propone ricorso in cassazione affidato a cinque motivi. L’Agenzia si è costituita a mezzo di controricorso per resistere all’impugnativa. La contribuente ha infine depositato memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 30, l. 11 marzo 1953, n. 87, in combinato disposto con l’art. 136, Cost, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. In particolare, la CTR avrebbe errato laddove non ha disapplicato le norme dichiarate costituzionalmente illegittime, pur costituendo quello di specie un rapporto non esaurito ma pendente. Ciò alla luce del chiaro disposto dell’art. 136, Cost., e del fatto che l’efficacia ex tunc della pronuncia d’illegittimità costituzionale sarebbe connaturata alla stessa struttura del giudizio di costituzionalità, per cui una decisione con efficacia ex nunc sarebbe di per sé privo del requisito della rilevanza. In ogni caso, dalla stessa sentenza del giudice delle leggi emergeva come l’intervento dello stesso sugli effetti temporali della pronuncia andavano inteso come espressione del “principio di stretta proporzionalità”. Orbene l’intervento della Corte sull’efficacia temporale della propria sentenza era stato giustificato “dall’impellente necessità di tutelare uno o più principi costituzionali…”, individuati nell’irragionevole drenaggio di ricchezza che sarebbe disceso dall’applicazione retroattiva, e dall’ulteriore disparità di trattamento che si determinerebbe tra i diversi operatori economici. Proprio il riferimento a tali norme, che si rivolgerebbero direttamente all’interprete chiamato ad attuare la pronuncia, comporterebbe la necessità di effettuare –caso per caso – una verifica del bilanciamento a cura del giudice della singola controversia. E questa stessa Corte, nella sentenza n. 32716/2018, avrebbe confermato il collegamento dell’intervento della Corte costituzionale sui limiti temporali delle pronunce al suddetto principio di stretta proporzionalità. Così stando le cose, la CTR avrebbe dovuto prendere in esame la circostanza per cui la ricorrente non aveva in concreto in alcun modo beneficiato dell’aumento dei prezzi del petrolio.

1.1. In via generale, deve prendersi atto del fatto che il motivo, come anche il secondo, sebbene formalmente si riferisca all’impugnazione della sentenza d’appello, nella sua illustrazione finisce, almeno nella sua prima parte, per denunciare e dunque impugnare la sentenza della Corte Cost. n. 10 del 2015. In particolare, la ricorrente, dopo aver dato atto del fatto che la sentenza della Corte Costituzionale ha stabilito l’efficacia ex nunc della stessa, ha censurato la sentenza della CTR proprio per aver esteso gli effetti della sentenza ad un rapporto pendente, non esaurito, come stabilito dalla pronuncia di illegittimità costituzionale, che per tal via viene così anch’essa direttamente censurata e contrastata dalla ricorrente. Orbene quest’ultima, nel proporre copiosi richiami a norme di carattere costituzionale, si esime dal riferirsi al disposto di cui all’art. 137, ultimo comma, Cost., in virtù del quale “Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione”. Del pari, la contribuente si esime dal considerare che, impugnando una sentenza sul presupposto di fare essa applicazione di una pronuncia d’illegittimità costituzionale di una norma, pone il proprio ricorso in contrasto con il disposto dell’art. 136 Cost., laddove il medesimo nel prevedere la cessazione di efficacia della norma illegittima a seguito della sentenza stessa, sancisce l’efficacia erga omnes della decisione stessa. La stessa poi, nel giudicare il sistema di declinazione temporale della decisione, ritenendolo comunque incompatibile con la struttura del giudizio di costituzionalità, in quanto sarebbe allora compromessa la rilevanza della questione, non si confronta con il principio già espresso da questa Corte, nella citata sentenza n. 32716/2018, secondo cui il requisito della rilevanza opera unicamente nei confronti del giudice a quo ai fini della prospettabilità della questione, e non anche nei confronti della Corte ad quem, come del resto sostenuto anche in dottrina.

1.2. Il ricorso è poi infondato laddove, sempre al primo motivo, subordina l’effetto ex nunc ad un principio di stretta proporzionalità che dovrebbe accertare il giudice che applica in concreto la decisione. Questa Corte non ha affermato che il giudice debba vagliare gli interventi sull’efficacia temporale delle sentenze della Corte
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