Cass. pen., sez. I, sentenza 21/04/2023, n. 17058

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 21/04/2023, n. 17058
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17058
Data del deposito : 21 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: DE ANGIOLETTI GIULIO nato a NAPOLI il 23/03/1953 avverso l'ordinanza del 06/05/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLIudita la relazione svolta dal Consigliere C R;
lette le conclusioni del PG, S P, che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso;
Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 6 maggio 2022 la Corte d'appello di Napoli, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha respinto l'istanza di G D A di applicazione della disciplina della continuazione tra le seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti: 1) Sentenza della Corte d'assise di Napoli del 10 marzo del 2004 per il reato dell'articolo 416-bis cod. pen. commesso in Napoli dal 1998 al 2004;
2) sentenza della Corte d'appello di Napoli del 4 luglio 2005 per i reati degli articoli 73 e 74 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, commessi in Napoli dal 1990 al 1998;
3) Sentenza della Corte d'appello di Napoli del 16 Aprile 2019 per i reati degli articoli 416 bis e 74 d.p.r. n. 309 del 1990 commessi in Napoli dal febbraio 2011 con condotta perdurante. In particolare, nel respingere l'istanza, il giudice dell'esecuzione ha ricordato preliminarmente che la istanza era stata già rigettata con riferimento alle condanne sub 1) e 2), e che comunque era intercorso molto tempo tra un fatto e l'altro e vi era stata anche una lunga detenzione ostativa alla possibilità di riconoscere la unicità del disegno criminoso.

2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo, in cui deduce che la istanza era stata respinta con riferimento alle condanne sub 2) e 3) ma non alla sub 1), che in ricorso si insiste per l'unificazione almeno delle condanne 1) e 2), e che a sostegno vi sono gli accertamenti giurisdizionali da cui risulta che il condannato è stato parte del clan Lo Russo in modo ininterrotto, senza soluzione di continuità, finanche nei periodi di detenzione.

3. Il Procuratore Generale, S P, ha chiesto l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. Il ricorrente sostiene che la motivazione dell'ordinanza impugnata, incentrata sulle condizioni necessarie per riconoscere l'unicità di disegno criminoso tra reato associativo e reati-fine, non è conferente con i reati, entrambi associativi, che il ricorrente aveva chiesto di unificare in continuazione. Il motivo è manifestamente infondato anzitutto perché, in realtà, la sentenza della Corte d'appello di Napoli del 4 luglio 2005 ha condannato il ricorrente, oltre che per un reato associativo, anche per un reato-fine (l'art. 73 d.p.r. 309 del 1990), talchè non può essere considerata illogica ed inconferente con la fattispecie su cui era chiamato a decidere il giudice dell'esecuzione la motivazione del provvedimento impugnato dedicata alle condizioni per porre il reato-fine in continuazione con il reato associativo, motivazione che è, peraltro, conforme alla giurisprudenza di legittimità sul punto (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 1534 del 09/11/2017, dep. 2018, Giglia, Rv. 271984: È ipotizzabile la continuazione tra il delitto di partecipazione ad associazione per delinquere e i reati fine, a condizione che il giudice verifichi puntualmente che questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si determina a fare ingresso nel sodalizio. In motivazione la Corte ha aggiunto che, ragionando diversamente, si finirebbe per riconoscere una sorta di automatismo, con il conseguente beneficio sanzionatorio, per cui tutti i reati commessi in ambito associativo dovrebbero ritenersi in continuazione con la fattispecie di cui all'art. 416-bis cod. pen.). Il motivo, inoltre, è manifestamente infondato anche nella parte in cui si riferisce alla istanza di porre in continuazione anche i due diversi reati associativi per cui il ricorrente è stato condannato nelle sentenze della Corte d'appello di Napoli del 4 luglio 2005 e della Corte d'appello di Napoli del 16 aprile 2019 (in ricorso si sostiene che la ordinanza impugnata abbia confuso le pronunce per le quali già il giudice della cognizione 'aveva escluso la continuazione, ma la confusione non è sussistente e deriva soltanto dalla diversa numerazione delle sentenze di condanna assunta nella ordinanza impugnata, che le indica in ordine cronologico, e nel ricorso, che le indica in ordine cronologico inverso, talchè non residua dubbio che la continuazione sia stata esclusa dal giudice della cognizione con riferimento ai reati oggetto delle sentenze della Corte d'assise di Napoli del 10 marzo del 2004 e della Corte d'appello di Napoli del 4 luglio 2005), perché la giurisprudenza di legittimità ritiene che per riconoscere l'unicità del disegno criminoso tra due reati associativi occorre "una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, al fine di accertare l'unicità del momento deliberativo" (Sez. 5, Sentenza n. 20900 del 26/04/2021, Gattuso, Rv. 281375: Ai fini della configurabilità del vincolo della continuazione tra reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, non è sufficiente il riferimento alla tipologia del reato ed all'omogeneità delle condotte, ma occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, al fine di accertare l'unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralità di organizzazioni, comunque denominate, ovvero ad una medesima organizzazione. In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio la decisione del giudice della esecuzione che aveva escluso il vincolo della continuazione tra reati associativi relativi alla medesima organizzazione criminale sulla base del mutamento nel tempo della compagine associativa e della estensione dell'ambito di operatività, senza accertare l'adesione ad un nuovo "pactum sceleris" ovvero una discontinuità nel programma criminoso). E nel caso in esame, a sostegno dell'esistenza della continuità nel tempo dei sodalizi per l'appartenenza ai quali è stato condannato il ricorrente, questi si era limitato ad allegare (Sez. 1, Sentenza n. 35806 del 20/04/2016, D'Amico, Rv. 267580) in modo aspecifico la mera affermazione contenuta in un passaggio di una delle due sentenze di condanna sul suo essere vissuto stabilmente dell'appartenenza al crimine organizzato, mentre, in conformità a quanto chiesto dal citato orientamento di legittimità, per riconoscere la continuazione sarebbe Ar( stato necessario ritenere che, al momento di originario inserimento del ricorrente nella organizzazione criminale, i fatti costituenti il reato associativo oggetto del successivo accertamento giurisdizionale potessero essere considerati già programmati "almeno nelle loro linee essenziali" (Sez. U, Sentenza n. 28569 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074). Inoltre, si tratta di sodalizio di tipo diverso (art. 416-bis cod. pen. ed art. 74 d.p.r. n. 309 del 1990), ed il ricorso non allega in modo concreto che il secondo costituisse struttura interna del primo, specificamente funzionale al narcotraffico (Sez. 6, Sentenza n. 31908 del 14/05/2019, Perrone, Rv. 276469: l'elemento che caratterizza l'associazione di tipo mafioso rispetto all'associazione dedita al narcotraffico è costituito dal profilo programmatico dell'utilizzo del metodo, che, nell'associazione di cui all'art. 416-bis cod. pen., si estrinseca nell'imposizione di una sfera di dominio sul territorio, con un'operatività non limitata al traffico di sostanze stupefacenti, ma estesa a svariati settori, in cui si inseriscono l'acquisizione della gestione o del controllo di attività economiche, concessioni, appalti e servizi pubblici, l'impedimento al libero esercizio del voto, il procacciamento di voti in occasione delle consultazioni elettorali. In motivazione, la Corte ha precisato che è configurabile il concorso tra i due delitti quando il sodalizio mafioso strutturi al proprio interno un riconoscibile assetto organizzativo specificamente funzionale al narcotraffico;
v. anche Sez. U, Sentenza n. 1149 del 25/09/2008, dep. 2009, Magistris, Rv. 241883: I reati di associazione per delinquere, generica o di stampo mafioso, concorrono con il delitto di associazione per delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti, anche quando la medesima associazione sia finalizzata alla commissione di reati concernenti il traffico degli stupefacenti e di reati diversi).
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