Cass. pen., sez. III, sentenza 05/07/2022, n. 25653

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 05/07/2022, n. 25653
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25653
Data del deposito : 5 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da S F, nata a Potenza il 13/04/1964, avverso la sentenza in data 18/03/2021 della Corte di cassazione, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere U M;
letta la memoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, F B, che ha concluso chiedendo l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
letta la memoria presentata nell'interesse della ricorrente dall'avv. C C che ha formulato motivi aggiunti

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 18 marzo 2021 la Quarta Sezione penale della Corte di cassazione ha rigettato il ricorso avverso l'ordinanza in data 14 maggio 2020 della Corte di appello di C ché aveva rigettato la domanda di riparazione dell'errore giudiziario proposta nell'interesse di F S, già sottoposta a procedimento penale in relazione ai reati di cui agli art. 110 cod. pen., 216, terzo comma, 219 e 223 I. fall. (capo C), 110, 81 cpv, 216, primo comma, n. 1, 219, primo e secondo comma, n. 1, 223, I. fall., 61 n. 11 cod. pen. (capo C- bis), 110, 81 cpv, cod. pen., 216, primo comma, n. 1, 219, primo e secondo comma, n. 1, I. fall., 61 n. 11 cod. pen. (capo C-ter), 110 e 640-bis cod. pen. (capo D).

2. La ricorrente espone che con sentenza in data 8 marzo 2004 il GUP del Tribunale di Potenza l'aveva condannata per i reati dei capi C), C-bis) e C-ter) e aveva dichiarato di non doversi procedere per il reato del capo D), estinto per prescrizione;
con sentenza in data 18 maggio 2006 la Corte di appello di Potenza l'aveva assolta per il reato del capo C) e aveva ridotto la pena per i reati dei capi C-bis) e C-ter);
con sentenza in data 4 marzo 2008 la Corte di cassazione aveva annullato senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla durata della pena accessoria dell'interdizione temporanea dalla professione di avvocato;
con sentenza in data 19 luglio 2017 la Corte di appello di C aveva revocato la sentenza in data 18 maggio 2006 della Corte di appello di Potenza e l'aveva assolta dai reati residui dei capi C-bis) e C-ter), perché il fatto non sussiste. Di qui la domanda di riparazione dell'errore giudiziario che la Corte di appello di C ha rigettato e contro la quale la S presenta ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 625-bis cod. proc. pen. e/o 391-bis e 395 n. 4 cod. proc. civ.

2.1. Preliminarmente, la ricorrente sostiene di essere legittimata ad agire perché "condannata", ai sensi e per gli effetti dell'art. 625-bis cod. proc. pen., sia per essere titolata a chiedere la revisione della condanna (prerogativa già esercitata) sia per essere stata ritenuta "responsabile" del reato di truffa aggravata, nonostante la dichiarazione di prescrizione. In ogni caso, recando la sentenza della Corte di cassazione la condanna alle spese, sostiene che la denuncia dell'errore materiale o di fatto debba pur sempre essere veicolata attraverso il ricorso straordinario per cassazione, laddove non vi siano i presupposti della correzione. Afferma che i procedimenti di riparazione dell'errore giudiziario, al pari di quelli per l'ingiusta detenzione, hanno natura civilistica, per cui la limitazione lessicale dell'art. 625-bis cod. proc. pen. al -condannato" è il frutto di un errore di coordinamento delle norme. Dopo aver analizzato la disciplina processual- civilistica, insiste nella legittimazione a impugnare, eventualmente ai sensi dell'art. 391-bis cod. proc. civ.

2.2. Aggiunge che l'interpretazione della parola "condannato" come soggetto che abbia esaurito tutti i gradi delle impugnazioni ordinarie e rispetto al quale si sia formato un giudicato di condanna su un'imputazione penale è illegittima costituzionalmente. Ricorda che la Corte costituzionale con la sentenza n. 395 del 2000, emessa in epoca anteriore all'introduzione dell'art. 625-bis cod. proc. pen., a fronte della richiesta additiva degli art. 629 e 630 cod. proc. pen., in similitudine con il sistema del Codice di procedura civile, aveva affermato che spettava alla Corte di cassazione, in funzione interpretativa e nomofilattica, individuare il rimedio contro gli errori percettivi del giudice di legittimità. Precisa che l'art. 625-bis cod. proc. pen., introdotto per rispondere alla sollecitazione della Corte costituzionale, ha disciplinato la materia attribuendo però al solo condannato la legittimazione alla proposizione dell'istanza. La Corte di cassazione ha applicato rigorosamente il precetto, trattandosi di un rimedio straordinario. Tuttavia, le Sezioni Unite M, n. 28719 del 21/06/2012, Rv. 252695-01 hanno ritenuto legittimato a proporre il ricorso straordinario anche il condannato al risarcimento dei danni in favore della parte civile che prospetti un errore di fatto nella decisione della Corte di cassazione relativamente a tale capo.

2.3. La ricorrente richiama, inoltre, a sostegno del suo ragionamento, la sentenza a Sezioni Unite Nunziata, n. 13199 del 21/07/2016, dep. 2017, Rv. 269788 - 01, secondo cui il ricorso straordinario di cui all'art. 625-bis cod. proc. pen. può essere proposto dal condannato anche per la correzione dell'errore di fatto contenuto nella sentenza con cui la Corte di cassazione dichiara inammissibile o rigetta il ricorso contro la decisione della Corte d'appello che, a sua volta, abbia dichiarato inammissibile ovvero rigettato la richiesta di revisione dello stesso condannato. Come precisato in motivazione, la nozione di "condannato", di cui all'art. 625-bis, ricomprende, dunque, anche il soggetto titolare della facoltà di chiedere la revisione della condanna, in quanto il rigetto o la dichiarazione di inammissibilità del ricorso contribuisce alla "stabilizzazione" del giudicato.

2.4. Alla stregua delle esposte considerazioni, conclude che l'eventuale diniego del mezzo esperito avverso la sentenza della Corte di cassazione che abbia commesso l'errore percettivo, sia nel controllo degli atti del processo che nella lettura di atti interni al suo giudizio, violerebbe gli art. 3 e 24 Cost. In particolare, con riferimento al parametro dell'art. 3 Cost., segnala l'incongruenza rispetto al regime dell'art. 395, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. Ai fini della rilevanza della questione sollevata, enuncia i seguenti errori di fatto della sentenza della Quarta Sezione: a) l'assenza dell'interlocuzione sul reato di truffa aggravata, quando invece il tema era stato devoluto con l'istanza di revisione;
b) l'assenza delle sentenze di primo e secondo grado che erano invece agli atti del fascicolo per essere state allegate alla domanda di riparazione;
c) l'omessa motivazione in merito alla circostanza devoluta con il secondo motivo di ricorso, secondo cui era irrilevante la prescrizione del reato rispetto alla domanda di riparazione dell'errore giudiziario a differenza del giudizio d'indennizzo per ingiusta detenzione.

2.5. Considerata la speciale importanza delle questioni sollevate, chiede, ai sensi dell'art. 610, comma 2, cod. proc. pen., l'assegnazione del ricorso alle Sezioni unite.

3. Dopo aver argomentato in merito alla legittimazione, la ricorrente presenta due doglianze. Con la prima deduce la nullità della sentenza impugnata per errore di fatto determinato dall'inesatta percezione delle risultanze processuali in merito alla valutazione complessiva, in sede di giudizio di revisione, della vicenda relativa al reato di truffa aggravata e all'assenza, rispetto a tale reato, dichiarato prescritto, della condanna al risarcimento del danno. Espone che la Corte di appello di C aveva respinto la domanda di riparazione, ritenendo la grave ed esclusiva colpa di essa ricorrente nel determinare la condanna subìta e perché la prescrizione del reato di truffa aggravata sottendeva un giudizio di responsabilità di cui vi era ampia evidenza in sentenza. Lamenta che la Corte di cassazione aveva esaminato solo la seconda ratio decidendi, giungendo alla conclusione che, anche se le era inibita l'istanza di revisione in presenza di una pronuncia di prescrizione, tuttavia non era esonerata dallo svolgimento di una valutazione complessiva della vicenda, al fine di dimostrare l'assenza di profili di dolo o colpa grave in relazione a tale imputazione. Ricorda che aveva espressamente devoluto il tema relativo al reato prescritto, allegando l'istanza di revisione e sollecitando il giudice a sollevare la questione di legittimità costituzionale per la preclusione normativa a chiedere la revisione del reato prescritto. Contesta poi l'affermazione secondo cui aveva omesso di allegare le sentenze di primo e secondo grado, poiché dalla descrizione degli atti indicizzati e inoltrati dalla Corte di appello di C alla Corte di cassazione risultavano trasmessi due faldoni blu contenenti l'istanza di riparazione con i relativi allegati, tra cui anche le richieste sentenze. Il giudizio di carenza documentale formulato dalla Corte di cassazione era quindi all'evidenza frutto di un errore di fatto. Segnala che, siccome il dubbio in merito alla condanna alle statuizioni civili era stato sollevato d'ufficio dal Giudice di legittimità, a maggior ragione, avrebbe dovuto consultare gli atti processuali. Evidenzia ulteriormente, rispetto all'assenza di condanna alle statuizioni civili, che, al momento della presentazione dell'istanza di revisione, in data 8 giugno 2014, la giurisprudenza di legittimità era univoca nel ritenere preclusa la possibilità di chiedere la revisione dei reati prescritti. Solo con la sentenza della Sez. 5, n. 46707 del 03/10/2016, Panizzi, era stato inaugurato l'indirizzo contrario, seguito poi dalle Sezioni Unite Milanesi con sentenza n. 61141 del 25/10/2018, dep. 2019, Rv. 274727-01. Conclude quindi che la Corte di cassazione avrebbe dovuto considerare l'istanza di revisione nel momento in cui era stata proposta, secondo la cosiddetta "prospective overruling".Con la seconda denuncia la nullità della sentenza impugnata per errore di fatto determinato dall'inesatta percezione delle risultanze processuali, in merito alla mancanza della motivazione su una decisiva doglianza espressamente formulata con il secondo motivo di ricorso, ossia sull'irrilevanza della declaratoria di prescrizione per qualsiasi reato, in tema di riparazione dell'errore giudiziario, a differenza della possibile rilevanza della prescrizione del reato, a determinate condizioni, in ipotesi d'ingiusta detenzione. Peraltro, ricorda che aveva chiesto il danno solo per la condanna dei reati di bancarotta, non aveva documentato o rivendicato danni conseguenti al reato di truffa aggravata. Conclude chiedendo la revoca della sentenza della Quarta Sezione della Corte di cassazione e l'annullamento dell'ordinanza della Corte di appello di C. Nella memoria, la difesa ribadisce gli argomenti già svolti, chiede l'acquisizione del fascicolo esaminato dalla Corte di cassazione e ritornato alla Corte di appello di C, la correzione dell'errore di fatto contenuto nella sentenza di legittimità, l'annullamento dell'ordinanza della Corte di appello di C con rinvio per nuovo giudizio sul quantum debeatur, in subordine chiede di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 625-bis cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto possa essere presentato anche nei confronti delle sentenze della Corte di cassazione che decidono irrevocabilmente sulle ordinanze di rigetto della domanda di riparazione dell'errore giudiziario, in relazione agli art. 3 e 24 Cost. per le ragioni in precedenza rassegnate.
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