Cass. civ., sez. II, sentenza 16/12/2019, n. 33155
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te 0,, 13,tss SENTENZA sul ricorso 27791-2015 proposto da: BROGGINI CESARE, rappresentato e difeso dapprima dall'Avvocato P S e dall'Avvocato A F, presso il cui studio a Roma, viale delle Milizie 22, è stato elettivamente domiciliato per procura speciale a margine del ricorso, e poi dall'Avvocato M M, presso il cui studio a Varese, piazza Monte Grappa 12, elettivamente domicilia, per procura speciale del 15/2/2019;- ricorrente -contro BROGGINI VITTORIO, rappresentato e difeso dall'Avvocato G M e dall'Avvocato R D B, presso il cui studio a Roma, viale di Villa Massimo 36, elettivamente domicilia, per procura speciale in calce al controricorso;- con troricorrente - avverso la sentenza n. 1903/2015 della CORTE D'APPELLO DI MILANO, depositata il 4/5/2015;udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 2/10/2019 dal Consigliere GIUSEPPE DONGIACOMO;sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica A C, il quale ha concluso per l'inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso;sentito, per il contrericorrente, l'Avvocato A F. 7 FATTI DI CAUSA V B ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Varese, C B, suo padre, impugnando il contratto con il quale quest'ultimo, con atto pubblico in data 21/9/2004, aveva trasferito a se stesso, in qualità di procuratore speciale dell'attore, quote della società V B s.r.I., di proprietà del primo. L'attore, in particolare, per quanto ancora interessa, ha lamentato l'annullabilità del contratto per essere stato stipulato in evidente conflitto d'interessi ed in forza di una procura conferita nel 1991 da ritenersi implicitamente revocata per effetto di una recente dichiarazione di recesso dalla società. Il convenuto, dal suo canto, ha rappresentato l'infondatezza della domanda proposta dall'attore, opponendo, in particolare, che la quota sociale era stata intestata all'attore soltanto fiduciariamente e che la procura era stata rilasciata a garanzia della restituzione. Il tribunale, con sentenza del 2010, ha accolto la domanda di annullamento del contratto proposta dall'attore in quanto stipulato dal convenuto in evidente conflitto d'interessi: il convenuto, infatti, figura, nel contratto impugnato, al tempo Ric. 2015 n. 27791, Sez. 2 - PU del 2 ottobre 2019 stesso come parte acquirente, in proprio, ed, in rappresentanza dell'attore, quale parte alienante. Si tratta, dunque, ha osservato il tribunale, del contratto riconducibile alla fattispecie prevista dall'art. 1395 c.c., a norma del quale il contratto che il rappresentante conclude con se stesso, in proprio o come rappresentante dell'altra parte, è, in genere, annullabile a meno che il rappresentato abbia specificatamente autorizzato il rappresentante a concluderlo e il contenuto del contratto sia stato determinato in modo da escludere la possibilità di conflitto d'interessi. Secondo il tribunale, infatti, l'autorizzazione data dal rappresentato non è di per se idonea ad escludere la possibilità di un conflitto d'interessi, occorrendo, per contro, che sia accompagnata, a tutela degli interessi del rappresentato, dalla puntuale determinazione degli elementi essenziali del contratto. Nel caso di specie, ha aggiunto il tribunale, la procura rilasciata da V B in data 2/11/1991 non appare ictu °cui/ rispettare le prescrizioni imposte dall'art. 1395 c.c., risultando evidente che, se, per un verso, la procura contiene la specifica autorizzazione alla stipula del contratto con se stesso, per l'altro, invece, difetta di importanti indicazioni in ordine ad elementi essenziali del contratto, primo tra tutti il corrispettivo della cessione, che vengono, anzi, espressamente lasciati alla mera volontà del rappresentante. La procura, quindi, ha concluso il tribunale, non è idonea ad escludere la situazione di conflitto d'interessi e, dunque, a far conseguentemente salvi gli effetti del negozio stipulato dal rappresentante con se stesso. Né, ha aggiunto il tribunale, appare possibile paralizzare l'azione di annullamento ravvisando, come ha eccepito il convenuto, l'esistenza di un accordo fiduciario: non risulta, invero, sufficientemente dimostrato che le quote sociali siano state solo formalmente Ric. 2015 n. 27791, Sez. 2 - PU del 2 ottobre 2019 •""c__;.) intestate all'attore, con l'intesa, quindi, della loro reale conservazione in capo al convenuto, e che la procura era stata rilasciata a quest'ultimo al fine di permettere la retrocessione. Il tribunale, quindi, in accoglimento della domanda proposta dall'attore, ha pronunciato l'annullamento del contratto impugnato. C B ha proposto appello avverso la sentenza del tribunale. V B ha resistito all'impugnazione proposta. La corte d'appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l'appello. La corte, in particolare, ha ritenuto, innanzitutto, che, pur a fronte dell'ampio potere di disposizione contrattuale attribuito al rappresentante dalla procura speciale stipulata nel 1991 tra padre e figli all'epoca dell'intestazione agli stessi delle quote societarie, il rappresentante non si era comportato secondo buona fede: l'atto di cessione a se stesso delle quote sociali dei figli risulta, infatti, contrario alla volontà manifestata, nel 2004, da V B, il quale, in particolare, aveva dichiarato di voler abbandonare l'azienda di famiglia ed aveva chiesto una valutazione delle quote a lui intestate. L'appellante, ha proseguito la corte, avrebbe dovuto mettere al corrente il figlio del fatto che le quote da lui possedute gli erano state intestate solo a titolo fiduciario. L'appellante, al contrario, una volta saputo che l'appellato aveva l'intenzione di vendere le quote a lui intestate, si è rivolto direttamente ad un notaio per compiere la cessione a se stesso delle quote. Risulta, quindi, evidente, ha osservato la corte, la mala fede del padre, tanto più a fronte del mancato pagamento della somma determinata per l'acquisto. Ric. 2015 n. 27791, Sez.
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