Cass. civ., SS.UU., sentenza 27/10/2020, n. 23592

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 27/10/2020, n. 23592
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 23592
Data del deposito : 27 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

unciato la seguente SENTENZA sul ricorso 8422-2019 proposto da: NESTLE' INA S.P.A., in persona del legale rappresentante W L, che si costituisce anche in proprio, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CICERONE

44, presso lo studio dell'avvocato M P, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato M S;

- ricorrenti -

contro

S--- 1 23qAo AGEA - AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA, (già AIMA - Azienda per gli Interventi sul Mercato Agricolo), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
- con troricorrente - nonché

contro

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI, FORESTALI E DEL TURISMO;

- intimato -

avverso la sentenza n. 5159/2018 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 3/9/2018. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/9/2020 dal Consigliere A C;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale A C, che ha concluso per l'inammissibilità, in subordine rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati M P ed E M per l'Avvocatura Generale dello Stato.

FATTI DI CAUSA

1. Con nota del 9 marzo 1998 (prot. n. 232), l'allora A.I.M.A. revocò le note prot. 1035 e 1036 del 21 giugno 1996 di sospensione degli aiuti e richieste di restituzione nei confronti del Consorzio Olio Imperia (facente capo alla Nestlé Italia s.p.a.), e, contestualmente, chiese alla citata Nestlé il versamento delle medesime somme contestate per complessive £ 1.616.978.499, oltre interessi. Il Pretore di Imperia, adito ai sensi dell'art. 22 della legge n. 689/1981, dichiarò, con due distinte sentenze, la cessazione della materia del contendere nei confronti dell'indicato Consorzio. Il Ministero delle politiche agricole e forestali- Ispettorato centrale repressione frodi (nelle more subentrato all'A.I.M.A.), in data 22 gennaio 2001, ebbe ad adottare, nei riguardi della società Nestlé, le ordinanze nn. 42 e 45 del 2001 con le quali dispose l'archiviazione dei verbali relativi ad assunti illeciti per indebite percezioni di contributi comunitari fino all'il maggio 1990 per rilevata prescrizione, nel mentre - con separato provvedimento - irrogò alla stessa Nestlé la sanzione amministrativa (ai sensi dell'art. 3 della legge n. 898/1986), per operazioni fittizie riguardanti il mese di dicembre 1990 e il periodo dal 10 gennaio al 31 luglio 1991, nella misura di £ 182.777.325. Quest'ultimo provvedimento amministrativo sanzionatorio veniva impugnato dinanzi al Tribunale di Milano, che lo annullò con sentenza n. 12572/2004, che venne confermata dalla

II

Sezione civile di questa Corte con sentenza n. 9061/2011, in virtù del rigetto del ricorso avanzato dal suddetto Ministero.

2. Sopravvenivano successivamente tre distinte richieste di restituzione dell'A.G.E.A. (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) nei confronti della Nestlé s.p.a., nelle date del 25 gennaio 2006, 13 giugno 2006 e 10 settembre 2012. In particolare, con riferimento alla più recente richiesta, la Nestlé contestava ogni avversa pretesa, sulla base dell'archiviazione disposta con l'ordinanza n. 42/2001 e dell'annullamento da parte del giudice civile (con sentenza passata in giudicato) dell'ordinanza n. 45/2001. L'AGEA riscontrava tali contestazioni con nota dell'8 novembre 2012, ponendo in risalto come le vicende cui esse erano state rivolte riguardavano il procedimento sanzionatorio di competenza del Ministero delle politiche agricole e non quello di recupero dell'indebito, di sua competenza.

3. I già proposti ricorsi, presentati dal Consorzio Olio Imperia (rubricati ai nn. 13375 e 13372 del 1996) e dalla Nestlé Italiana s.p.a. (iscritto al n. 161/1998) dinanzi al

TAR

Lazio, erano stati così decisi: - con sentenza n. 7635 del 29 maggio 2015, a seguito di costituzione della Nestlé s.p.a., veniva dichiarato improcedibile il ricorso n. 13375/1996, per sopravvenuto difetto di interesse (con riferimento alla nota Aima n. 1036/1996);
- con altra contestuale sentenza n. 7636 veniva, sempre a seguito di costituzione della Nestlé s.p.a., dichiarata l'improcedibilità del ricorso n. 13372/1996, anche in tal caso per sopravvenuto difetto di interesse (avuto riguardo alla nota Aima n. 1035/1996);
- con sentenza n. 7637, in pari data, veniva accolto il ricorso e, per l'effetto, annullato il provvedimento impugnato (in relazione alla nota Aima n. prot. 2399/1997).In particolare, con riguardo a quest'ultima, l'adìto giudice amministrativo riteneva fondate le censure di difetto dei presupposti e di istruttoria nei riguardi della nota AIMA prot. n. 2399/1997, oggetto di impugnazione, aggiungendo che, per effetto dell'intervenuta revoca del provvedimento di sospensione degli aiuti e dell'archiviazione dei verbali della Guardia di finanza con l'accertata prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute in forza degli stessi verbali, trovava conferma l'esclusione della debenza delle somme da parte della Nestlé s.p.a. in ordine agli aiuti relativi agli anni 1989, 1990 e E' incontestato che le tre suddette sentenze del

TAR

Lazio passavano in giudicato.

4. Ciò malgrado, l'AGEA, sul presupposto del mancato versamento delle somme richieste, con atto del 22 luglio 2015, ingiungeva alla Nestlé s.p.a. il pagamento dell'importo di euro 580.131,12, a titolo di sorta capitale (relativa alle somme di cui alle note nn. 1035/1996, 1036/1996 e 2399/1997) con riferimento agli aiuti comunitari al consumo di olio relativi ai citati anni 1989,1990 e 1991, nonché di quello di euro 597.845,87 per interessi maturati sulla predetta somma alla data del 15 giugno 2015. 5. La Nestlè s.p.a. impugnava, quindi, dinanzi al

TAR

Lazio anche quest'ultima nota dell'AGEA, deducendo, con il formulato ricorso, che era già rimasta accertata la non debenza delle somme, e, quindi, prospettava la violazione del giudicato formatosi a seguito delle indicate sentenze nn. 7635/2015, 7636/2015 e 7637/2015, con la conseguente nullità dell'atto ai sensi dell'art. 114, comma 3, lett. b), del d. Igs. n. 104/2010, denunciando, in subordine, l'illegittimità dell'impugnato provvedimento per vizi autonomi. Decidendo su quest'ultimo ricorso, l'adìto TAR, con sentenza n. 10023 del 2017, dopo aver rinviato al rito ordinario la trattazione dell'azione di annullamento dell'ordinanza-ingiunzione, respingeva la domanda di dichiarazione di nullità per violazione del giudicato. A fondamento dell'adottata decisione, il

TAR

Lazio - al fine di escludere che dalle citate sentenze passate in giudicato fossero conseguiti effetti vincolanti e conformativi con riferimento all'insussistenza del debito - osservava, in particolare, che: - nelle sentenze n. 7635/2015 e n. 7636/2015, la parte ricorrente aveva rappresentato i fatti nonché allegato documentazione e il collegio si era limitato a prendere atto in entrambe del difetto di una condizione dell'azione, precisando di essere pervenuto a tale conclusione di improcedibilità del giudizio "alla luce anche dei principi generali dettati nell'ambito del processo amministrativo ai sensi dell'art. 64, commi 1 e 2, d. Igs. n. 104/2010";
- dalla sentenza n. 7637/2015, con riferimento alla nota n. 2399/1997, si evinceva che quest'ultima non consisteva in un formale atto di messa in mora (in difetto dell'indicazione degli importi ritenuti indebiti), bensì in una comunicazione sulle ragioni della mancata liquidazione, da parte dell'Aima, degli aiuti alla Nestlé (responsabile patrimonialmente nei confronti della stessa Aima, a seguito della collocazione in liquidazione del Consorzio OLEA);
- di contro, l'ordinanza-ingiunzione emanata ai sensi dell'art. 3 del R.D. n. 639/1910 non presentava alcun rapporto di consequenzialità con la nota n. 2399/1997 ed era basata sugli appositi presupposti espressamente richiamati nelle premesse dell'atto, ovvero sulla circostanza che la nota n. 232/1998 (non impugnata dalla Nestlé, sua destinataria) era qualificabile come "diffida e messa in mora", contenendo gli elementi necessari per l'individuazione della prestazione dovuta dall'assunta debitrice, così come le successive richieste pure indicate nell'ordinanza-ingiunzione.
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