Cass. pen., sez. VI, sentenza 14/10/2021, n. 1182

CASS
Sentenza
14 ottobre 2021
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14 ottobre 2021

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In tema di traffico di influenze, la mediazione onerosa è illecita se l'accordo tra il committente ed il mediatore è finalizzato alla commissione di un illecito penale idoneo a produrre vantaggi indebiti al primo, non assumendo rilievo l'illegittimità negoziale per difformità dal contratto tipico di mediazione ovvero il mero uso di una relazione personale, preesistente o potenziale, tra il mediatore ed il pubblico agente per il conseguimento di un fine lecito.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 14/10/2021, n. 1182
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 1182
Data del deposito : 14 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

01 182-22 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE PENALE Composta da: Presidente Sent. n. sez. 16-18 Anna Criscuolo C.C. 14/10/2021Antonio Costantini Benedetto Paternò Raddusa R.G.N. 17974/2021 Pietro Silvestri Relatore Paolo Di Geronimo ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: NI LA AN, nata a [...] il [...]; avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Roma il 10/03/2021; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, Pietro Silvestri;
sentito il Sostituto Procuratore generale, dott. Tomaso Epidendio, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
sentita l'avv. LA De Tommaso, sostituta dell'avv. Angelo Alessandro Sammarco, nell'interesse dell'indagata, che ha concluso ripotandosi ai motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO 1. Il Tribunale di Roma ha confermato il decreto con cui è stato disposto nei confronti di NI LA AN il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei "saldi attivi esistenti sui rapporti finanziari e/o bancari fino a concorrenza dell'importo di euro 212.000"; la somma indicata costituirebbe il prezzo del reato di concorso in traffico di influenze illecite. Secondo l'imputazione provvisoria, MA TT, sfruttando le sue relazioni personali con CO AR, Commissario Nazionale per l'emergenza Covid, si sarebbe fatto 1 dare o promettere da MM EA CE, che avrebbe agito in concorso con ID DA e LI SA RE GE SS, la somma di euro 11.948.852,00 quale remunerazione indebita di una mediazione illecita perché occulta, svolta al di fuori di - un ruolo professionale/istituzionale e fondata sulle relazioni personali con lo stesso AR relativa alle commesse di fornitura di dispositivi di protezione personale (mascherine), ordinate dal Commissario straordinario a tre società cinesi al prezzo di 1.251.500.00 euro;
dette società sarebbero state individuate dallo stesso MM EA CE, "titolare della società Sunsky s.r.l." e da LI SA REs GE SS, titolare di fatto di un'altra società (Guernica s.r.l.), i quali avrebbero ricevuto provvigioni rispettivamente di euro 59.705.882,00, transitati sul conto della società Sunsky e di euro 5.800.000,00 transitati sui conti societari della Guernica. Una parte della somma percepita da TT sarebbe confluita su un conto corrente della società Microproducts It s.r.l. di cui sarebbe stata legale rappresentante LA NI, compagna dello stesso TT.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagata articolando tre motivi.

2.1. Con il primo si deduce violazione di legge quanto alla ritenuta sussistenza del fumus del reato contestato. Il tema attiene alla illiceità della mediazione, che, si argomenta, il Tribunale avrebbe fatto discendere dal rapporto tra TT ed il Commissario AR, confidenziale e preesistente anche alla nomina del secondo a Commissario, dall'assenza di un titolo ufficiale da parte del mediatore e della mancanza di forma scritta del contratto, senza tuttavia considerare che il contratto di mediazione è un contratto a forma libera e che ciò che assume rilievo è l'effettiva realizzazione dell'accordo "indipendentemente dalla pubblicizzazione o meno dello stesso". Diversamente dalla considerazioni del Tribunale, il reato previsto dall'art. 346 bis cod. pen. non coinciderebbe con il mero "traffico di influenza", essendo invece necessario che il contrato sia illecito;
la illiceità dipenderebbe non dalla circostanza che il mediatore conosca o meno il pubblico agente, quanto, piuttosto, "dalla natura intrinsecamente illecita della mediazione". La mediazione, secondo la ricorrente, è illecita se: a) "si svolge" con il fine manifestato al privato ma solo millantato- di corrompere il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio;
b) il privato, che si avvale del mediatore, sia vittima di un inganno, atteso che, diversamente, rivestirebbe la veste di corruttore, c) l'iniziativa della condotta criminosa sia del mediatore e non del pubblico agente che, anzi, assume il ruolo di vittima inconsapevole del traffico di influenza del mediatore. Nel caso di specie, si precisa, con la richiesta di riesame fu evidenziato: a) come l'iniziativa fosse stata assunta dal Commissario Straordinario che chiese, in un momento di emergenza, a TT di interessarsi per la fornitura di mascherine e 2 che, successivamente, quando apprese della concreta possibilità della fornitura, si limitò ad indirizzare lo stesso TT alla dott.ssa Silvia Fabrizi della struttura commissariale;
b) non vi fosse stata nessuna attività ingannatoria nei confronti del pubblico ufficiale e neppure nei riguardi del privato fornitore cinese.

2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell'art. 324, comma 7, cod. proc. pen. nella parte in cui è richiamato l'art. 309, comma 10, cod. proc. pen.; si assume che la misura cautelare reale sarebbe divenuta inefficace per la mancata trasmissione degli atti su cui essa è fondata, cioè, nella specie, la notitia criminis da cui sarebbe stato originato il procedimento, mai posta a disposizione dell'indagata.

2.3. Con il terzo motivo si deduce "la distorsione funzionale del sequestro preventivo utilizzato come sequestro per equivalente" (così il ricorso). L'indagata avrebbe subito il sequestro non delle somme di denaro "ritenute provento del reato", quanto, piuttosto di quelle che dovrebbe restituire nel caso in cui fosse condannata. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.Il ricorso è fondato quanto al primo motivo.

2. E' infondato, ai limiti della inammissibilità, il secondo motivo di ricorso, che ha carattere pregiudiziale. La Corte di cassazione ha già chiarito che in tema di riesame di provvedimenti di sequestro, anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 47 del 2015, che ha novellato l'art. 324, comma 7, cod. proc. pen., non è applicabile il termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti al tribunale, previsto dall'art. 309, comma 5, cod. proc. pen., con conseguente perdita di efficacia della misura cautelare impugnata in caso di trasmissione tardiva, bensì il diverso termine indicato dall'art. 324, comma 3, cod. proc. pen., che ha natura meramente ordinatoria (Sez. 6, n. 47883 del 25/09/209 Yzeiray, Rv. 277566; sul tema, Sez. U., n. 26268 del 28/03/2013, Cavalli, Rv. 255581). Nulla di specifico è stato dedotto, nemmeno se l'atto indicato sia stato presentato al Giudice per le indagini preliminari ai sensi dell'art. 291 cod. proc. pen. 3. È invece fondato il secondo motivo di ricorso.

3.1. Il tema attiene alla sussistenza in questa fase del procedimento del fumus del delitto di traffico di influenze illecite, cioè del reato per il quale la misura cautelare è stata disposta. La questione, che prescinde da eventuali sviluppi investigativi, è se fosse configurabile il fumus del reato per il quale si procede al momento in cui la misura è stata disposta ovvero al momento in cui il Tribunale ha emesso l'ordinanza impugnata. 3 ما 3.2. In materia di misure cautelari reali va registrata la graduale tendenza della giurisprudenza della Corte di cassazione a valutare con maggiore rigore i presupposti che giustificano l'adozione del sequestro preventivo: si richiede che il giudice verifichi la sussistenza del fumus commissi delicti attraverso un accertamento concreto, basato sulla indicazione di elementi dimostrativi, sia pure sul piano indiziario, della sussistenza del reato ipotizzato. Si coglie la consapevolezza di come la tesi consolidata, autorevolmente sostenuta - secondo cui, ai fini della verifica del requisito del fumus, sarebbe sufficiente accertare l'astratta configurabilità del reato ipotizzato (Sez. U, n. 4 del 25/03/1993, Gifuni, Rv. 193118) abbia condotto ad una erosione in senso verticale ed orizzontale del contenuto della motivazione del relativo provvedimento dispositivo del vincolo cautelare;
l'impegno argomentativo del giudice è comunemente inteso, per un verso, arretrato al di sotto del limite della verifica della fondatezza prognostica dell'ipotesi di reato prospettata, e, dall'altro, limitato alla tipicità del fatto materiale prospettato nella sua descrizione da parte del Pubblico Ministero, non essendo richiesta una ricostruzione in concreto delle modalità con cui la ipotizzata condotta criminosa si sia manifestata, cioè, una valutazione fattuale della ipotesi tipica enunciata. Si tratta di una impostazione, in realtà, già in passato precisata dalla Corte di cassazione che, evidentemente consapevole del rischio di svuotamento della funzione di garanzia della motivazione, ha in più occasioni affermato la necessità di individuare il presupposto del sequestro preventivo nella concretezza degli indizi di reato, pur escludendo la tesi estrema che richiederebbe la presenza dei gravi indizi di colpevolezza (Sez. U, n. 23 del 20/11/1996, Bassi, Rv. 206657; cfr. Sez. U, n. 920 del 17/12/2003, dep. 2004, Montella). -Le misure cautelari civili e penali- hanno tutte una funzione strumentale, quella cioè di evitare fatti tali da pregiudicare l'efficacia del

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