Cass. pen., sez. IV, sentenza 23/05/2024, n. 30040

CASS
Sentenza
23 maggio 2024
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CASS
Sentenza
23 maggio 2024

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Massime3

È inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale si lamenti l'inesistenza della gravità indiziaria ritenuta dal giudice che ha emesso il decreto di autorizzazione delle intercettazioni telefoniche, poichè il sindacato di legittimità nell'esame delle questioni processuali comprende il potere di esaminare gli atti per verificare l'integrazione della violazione denunziata, ma non anche quello di interpretare in modo diverso, rispetto alla valutazione del giudice di merito, i fatti storici posti a base della questione, salvo il rilievo della mancanza o manifesta illogicità della motivazione.

L'illegalità della pena accessoria erroneamente applicata è rilevabile d'ufficio nel giudizio di cassazione, anche nel caso in cui il ricorso sia inammissibile. (Fattispecie relativa all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, all'interdizione legale e alla sospensione della responsabilità genitoriale durante la pena, disposte avendo riguardo alla pena complessiva, quale risultante dall'aumento per la continuazione, piuttosto che alla pena principale irrogata per il reato più grave, all'esito della comparazione tra circostanze e della diminuzione per il rito).

Ai fini dell'applicazione delle pene accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici e dell'interdizione legale, è necessario far riferimento, nel caso di più reati unificati sotto il vincolo della continuazione, alla misura della pena base in concreto stabilita per il reato più grave, eventualmente ridotta per la scelta del rito, e non a quella complessiva, risultante dall'aumento per la continuazione.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 23/05/2024, n. 30040
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 30040
Data del deposito : 23 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

ACR 30040-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUARTA SEZIONE PENALE Composta da: OR RE Presidente - Sent. n. sez. 726/2024 UP 23/05/2024- DANIELE CENCI R.G.N. 3476/2024 DANIELA DAWAN MARINA CIRESE FABIO ANTEZZA -Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: AM OR nato a [...] il [...] UL FO nato a [...] il [...] ON SA AN nato a [...] il [...] SE NI nato a [...] il [...] LO CA nato a [...] il [...] OR AL PP nato a [...] il [...] BE NA nato a [...] il [...] AP GI nato a [...] il [...] UA EL nato a [...] il [...] TR CA nato a [...] il [...] SP TO nato a [...] il [...] NI EL nato a [...] il [...] NI GI IC nato a [...] il [...] NT MA nato a [...] il [...] ST PP nato a [...] il [...] LI IN MA nato a [...] il [...] IT RT nato a [...] il [...] IT MA nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO ANTEZZA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCIA ODELLO, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorso proposti nell'interesse degli imputati AM OR, UL FO, SE NI, TR CA, ST PP e IT MA nonché l'inammissibilità dei ricorsi proposti nell'interesse degli imputati ON SA AN, LO CA, OR AL PP, BE NA, AP GI, UA EL, SP TO, NI EL, NI GI IC, NT MA, LI IN e IT RT. udito l'avvocato CELESTI GABRIELE, del Foro di Catania, in difesa di ST PP, che conclude chiedendo l'accoglimento del ricorso;
udito l'avvocato CAPUANO MARIO, del Foro di Roma, sostituto ex art. 102 cod. proc. pen. dell'avvocato ROMANO FRANCESCO, del Foro di Torre Annunziata, difensore di IT MA, che insiste per l'accoglimento del ricorso;
udito l'avvocato APRILE GIOVANNA, in difesa di UL OF, LI IN MA, oltre che quale sostituto processuale ex art. 102 cod. proc. pen. dell'avvocato RAPISARDA PP, difensore dell'imputata BE NA, dell'avvocato PAPPALARDO OR, difensore dell'imputato NT MA, dell'avvocato LAUDANI DOMENICO, difensore dell'imputato AM OR, che chiede l'accoglimento dei ricorsi;
udito l'avvocato MANDUCA TOMMASO, del Foro di CATANIA, in difesa di OR AL PP, AP GI, LI IN MA nonché, quale sostituto processuale ex art. 102 cod. proc. pen. degli avvocati EG RO, difensore dell'imputato UA EL, dell'avvocato CENTORBI OR, difensore dell'imputato SP TO, dell'avvocato VILLARDITA FRANCESCO, difensore dell'imputato ON SA AN, e dell'avvocato LEOTTA OR, difensore di SE NI, che ha insistito per l'accoglimento dei ricorsi;
udito l'avvocato CONSORTINI MASSIMO IGOR, in difesa dell'imputata TR CA, che ha insistito nell'accoglimento del ricorso;
2 RITENUTO IN FATTO 1. La Corte d'appello di Catania, con la pronuncia indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza emessa all'esito di giudizio abbreviato, ha confermato la responsabilità per i reati in materia di stupefacenti, di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, c.d. «T.U. stup.», rispettivamente ascritti a SA AT, OR CR, GA MM SS, NT FU, AT IU, AL GI OR, VA IR, NI PA, NG SQ, CA LI, OB PI, EL ER, NI IC ER, IZ TI, GI AS, NO IZ IM, AT TA e IZ TA (con assoluzione degli ultimi due citati imputati con riferimento al reato associativo di cui al capo 1).

2. Avverso la sentenza d'appello sono stati proposti ricorsi negli interessi degli imputati, con articolazione dei motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).

3. Nell'interesse dell'imputato SA AT, condannato per il reato associativo ascrittogli al capo 17 oltre che per fattispecie di cui all'art. 73 T.U. stup. (capo 18), è stato proposto ricorso fondato su due motivi.

3.1. Con la prima censura si deducono la violazione di legge, anche in termini di apparenza motivazionale, e la manifesta illogicità della motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 416-bis.1 cod. pen., per aver commesso i fatti di cui innanzi al fine di agevolare il clan mafioso, specificato in rubrica, e, in particolare, per l'essere i proventi dell'attività di spaccio condotta in via Alogna in parte rilevante destinati alle famiglie degli appartenenti al sodalizio mafioso detenuti e a questi ultimi. La Corte territoriale, in particolare, avrebbe errato nel ritenere provati gli elementi costitutivi del metodo mafioso, della finalità di favorire il sodalizio e della relativa piena consapevolezza in capo all'imputato con motivazione apparente. L'iter logico-giuridico sotteso alla sentenza si sostanzierebbe difatti nel mero riferimento a sentenze, passate in giudicato, circa il legame storico tra l'attività di spaccio di via Alogna e il clan «Santapaola-Ercolano», nel senso della funzionalità della prima rispetto al sodalizio, e al passaggio in giudicato della condanna, anche per i medesimi reati aggravati negli stessi termini, di AN ZI, capo e organizzatore dell'associazione di cui al capo 17, in quanto rinunciante ai relativi motivi d'impugnazione. Da quanto innanzi sarebbe altresì derivata la violazione dell'art. 416-bis.1 cod. pen., anche in ragione 2 dell'assenza di «valutazione» circa la consapevolezza in capo all'imputato dell'evidenziato fine agevolativo. In merito, peraltro, a dire del ricorrente, non rileverebbero gli elementi emergenti dalla captata conversazione tra SA AT e AN ZI (n. 185 del 7 novembre 2017), invece posti dal giudice di merito a fondamento del relativo giudizio, non essendo noto l'oggetto dell'interlocuzione che il ricorrente, per quanto emergerebbe dalla citata conversazione, avrebbe dovuto avere con il proprio genitore in occasione di un colloquio in carcere non tenutosi.

3.2. Con il secondo motivo si deducono la violazione di legge, anche in termini di apparenza motivazionale, e la manifesta illogicità della motivazione in merito alla ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti generiche, con conseguente mancata riduzione del trattamento sanzionatorio, avendo la Corte territoriale rigettato il relativo motivo d'appello in termini meramente assertivi dell'insussistenza di elementi positivamente valutabili in senso favorevole. L'iter logico-giuridico, laddove non apparente, avrebbe peraltro erroneamente fatto riferimento a un precedente penale dell'imputato, ancorché, a dire del ricorrente, irrilevante in quanto riguardante una fattispecie ex art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, e non si sarebbe confrontato con la condotta processuale dell'imputato e con il non rilevante ruolo dallo stesso svolto nel breve arco temporale caratterizzante la condotta (novembre 2017-febbraio 2018).

4. Nell'interesse dell'imputato OR CR, condannato per il reato associativo ascrittogli al capo 1 oltre che per fattispecie di cui all'art. 73 T.U. stup. (capo 5), è stato proposto ricorso fondato su due motivi.

4.1. Con la prima censura si deducono la violazione di legge e l'omessa motivazione in merito alla ritenuta sussistenza dell'aggravante della disponibilità di armi da parte dell'associazione, di cui all'art. 74, comma 4, T.U. stup., che peraltro non sarebbe stata oggetto di specifica contestazione in capo all'imputato. Per il ricorrente, «l'attività investigativa non avrebbe attestato che le armi fossero nella disponibilità del presunto gruppo», essendo al più emerso che le stesse fossero nella disponibilità dei singoli soggetti, e sarebbe stata omessa la valutazione circa la consapevolezza in capo ai sodali e, per quanto rileva in questa sede, in capo all'imputato, della detta disponibilità di armi da parte del sodalizio. La Corte territoriale avrebbe confermato sul punto la sentenza di primo grado senza motivare in merito alla consapevolezza dell'imputato non solo della finalità delle armi rispetto al rafforzamento del sodalizio ma anche dello stesso possesso delle armi da parte di altri sodali. 3 4.2. Con il secondo motivo si critica la sentenza per aver ritenuto solo equivalenti all'aggravante di cui innanzi le circostanze attenuanti generiche, con conseguente mancata riduzione della pena ex art. 62-bis cod. pen. Laddove percepibile, e non caratterizzata da mere clausole di stile, la motivazione sul punto sarebbe manifestamente illogica oltre che contraddittoria. Il giudice di merito, difatti, avrebbe, da un lato, considerato le circostanze addotte dalla difesa al fine della sussistenza delle attenuanti, valorizzando l'incensuratezza del prevenuto, il suo comportamento processuale, caratterizzato dalla rinuncia agli altri motivi d'impugnazione, e la donazione in favore di una comunità terapeutica, e, dall'altro, non si sarebbe con esse confrontato in sede di concreto giudizio di bilanciamento ex art. 69 cod. pen.

5. Nell'interesse dell'imputato GA MM SS, condannato per fattispecie di cui all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (capi 6, 8, 9 e 13) e la cui posizione è stata definita con accoglimento del concordato ex art. 599-bis cod. proc. pen., previa rinuncia a tutti i motivi di appello a eccezione di quelli relativi al trattamento sanzionatorio, è stato proposto un motivo unico con il quale si deduce l'omessa motivazione in merito alla responsabilità per i reati ascrittigli, con particolare riferimento al mancato proscioglimento ex art. 129 cod. prc. pen.

6. Nell'interesse dell'imputato NT FU, condannato per il reato associativo ascrittogli al capo 17 oltre che per fattispecie di cui all'art. 73 T.U. stup. (capo 18), è stato proposto ricorso fondato su tre motivi.

6.1. Con la prima censura si deducono la violazione di legge e il vizio cumulativo di motivazione in merito alla ritenuta partecipazione dell'imputato al sodalizio, ancorché per talune settimane ma con il ruolo di addetto al rifornimento oltre che allo smercio dello stupefacente e al recupero dei crediti per l'associazione, in diretto contatto con altri sodali e con il capo e organizzatore AN ZI (reo confesso). La Corte territoriale, in particolare, si sarebbe limitata a porre a fondamento della condotta di partecipazione la commissione da parte dell'imputato delle fattispecie di cui

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