Cass. pen., sez. I, sentenza 24/03/2023, n. 12477
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Testo completo
ciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: 1) C M, nato a Soveria Mannelli il 19/09/1968;
Avverso il decreto emesso il 18/02/2022 dalla Corte di appello di Catanzaro;
Sentita la relazione del Consigliere A C;
Lette le conclusioni del Sostituto procuratore generale F C, che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto emesso il 18 febbraio 2022 la Corte di appello di Catanzaro confermava il provvedimento impugnato, pronunciato dal Tribunale di Catanzaro l'11 ottobre 2021, con cui era stata applicata a M C la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per la durata di due anni con il contestuale versamento della somma di 600,00 euro a titolo di cauzione. La conferma del provvedimento impugnato si riteneva giustificata dall'elevata pericolosità sociale di M C, desumibile dai suoi pregiudizi penali e dalla pendenza di procedimenti per fatti di reato anche recenti, tra i quali si richiamava il reato di atti persecutori di cui all'art. 612-bis cod. pen. Tali elementi informativi imponevano di ritenere il prevenuto dedito ad attività delinquenziali, che venivano inquadrate dal Tribunale di Catanzaro, modificando l'originario giudizio di pericolosità sociale formulato dal pubblico ministero procedente, ai sensi dell'art. 4, comma 1 -ter, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Questi elementi di giudizio imponevano il respingimento dell'impugnazione proposta da M C.
2. Avverso questo decreto M C, a mezzo dell'avvocato M L, ricorreva per cassazione, articolando due censure difensive. Con il primo motivo di ricorso si deduceva la violazione di legge del provvedimento impugnato, conseguente al fatto che il prevenuto era stato ricondotto dal Tribunale di Catanzaro a una categoria di pericolosità sociale - quella prevista dall'art. 4, comma 1 -ter, d.lgs. n. 159 del 2011. - differente da quella alla quale, in origine, aveva fatto riferimento il pubblico ministero, senza alcuna esplicitazione delle ragioni che giustificavano la modifica. Tali, insuperabili, carenze motivazionali determinavano una violazione del principio del contraddittorio tra le parti processuali, non essendo stato il ricorrente posto in condizione di difendersi dalla contestazione originaria, incentrata su un diverso giudizio di pericolosità sociale. Con il secondo motivo di ricorso si deduceva la violazione di legge del decreto impugnato, conseguente al fatto che gli elementi informativi negativi, costituiti dai pregiudizi penali di M C, richiamati dalla Corte di appello di Catanzaro nell'ordinanza censurata, erano gli stessi di quelli posti a fondamento di un'altra misura di prevenzione personale, che era stata disposta nei confronti del prevenuto dal Tribunale di Cosenza 1'8 ottobre 2012, in palese violazione del principio del ne bis in idem.Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento° del decreto impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da M C è infondato.
2. In via preliminare, deve rilevarsi che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione, secondo quanto prevosto dall'art. 4, comma 2, legge 27 dicembre 1956, n. 1423, così come richiamato dall'art.
3-ter, comma 2, legge 31 maggio 1965, n. 575, e ora dall'art. 10, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammesso soltanto per violazione do legge. Ne consegue che devono escludersi dall'ambito dei vizi deducibili in sede di legittimità le ipotesi previste dall'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., potendosi soltanto denunciare, ai sensi della lettera c) della stessa disposizione, la motivazione inesistente o meramente apparente, integrante la violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato. In sede di legittimità, dunque, non è deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente, presentando difetti tali da renderla meramente apparente e, in realtà, inesistente ossia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità;
ovvero quando la motivazione stessa si ponga come assolutamente inidonea a rendere comprensibile il percorso logico seguito dal giudice di merito;
ovvero, ancora, quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni che giustificano la decisione adottata (Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, Noviello, Rv. 279435-01;
Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Buonocore, Rv. 257007-01;
Sez. 5, n. 19598 dell'08/04/2010, Palermo, Rv. 247514-01). Questo orientamento ermeneutico ha ricevuto l'ulteriore suggello delle Sezioni Unite, che, nel solco della giurisprudenza di legittimità che si è richiamata, hanno affermato, in fattispecie antecedente alla d'orma del 2011, il seguente principio di diritto: «Nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: 1) C M, nato a Soveria Mannelli il 19/09/1968;
Avverso il decreto emesso il 18/02/2022 dalla Corte di appello di Catanzaro;
Sentita la relazione del Consigliere A C;
Lette le conclusioni del Sostituto procuratore generale F C, che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con decreto emesso il 18 febbraio 2022 la Corte di appello di Catanzaro confermava il provvedimento impugnato, pronunciato dal Tribunale di Catanzaro l'11 ottobre 2021, con cui era stata applicata a M C la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per la durata di due anni con il contestuale versamento della somma di 600,00 euro a titolo di cauzione. La conferma del provvedimento impugnato si riteneva giustificata dall'elevata pericolosità sociale di M C, desumibile dai suoi pregiudizi penali e dalla pendenza di procedimenti per fatti di reato anche recenti, tra i quali si richiamava il reato di atti persecutori di cui all'art. 612-bis cod. pen. Tali elementi informativi imponevano di ritenere il prevenuto dedito ad attività delinquenziali, che venivano inquadrate dal Tribunale di Catanzaro, modificando l'originario giudizio di pericolosità sociale formulato dal pubblico ministero procedente, ai sensi dell'art. 4, comma 1 -ter, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Questi elementi di giudizio imponevano il respingimento dell'impugnazione proposta da M C.
2. Avverso questo decreto M C, a mezzo dell'avvocato M L, ricorreva per cassazione, articolando due censure difensive. Con il primo motivo di ricorso si deduceva la violazione di legge del provvedimento impugnato, conseguente al fatto che il prevenuto era stato ricondotto dal Tribunale di Catanzaro a una categoria di pericolosità sociale - quella prevista dall'art. 4, comma 1 -ter, d.lgs. n. 159 del 2011. - differente da quella alla quale, in origine, aveva fatto riferimento il pubblico ministero, senza alcuna esplicitazione delle ragioni che giustificavano la modifica. Tali, insuperabili, carenze motivazionali determinavano una violazione del principio del contraddittorio tra le parti processuali, non essendo stato il ricorrente posto in condizione di difendersi dalla contestazione originaria, incentrata su un diverso giudizio di pericolosità sociale. Con il secondo motivo di ricorso si deduceva la violazione di legge del decreto impugnato, conseguente al fatto che gli elementi informativi negativi, costituiti dai pregiudizi penali di M C, richiamati dalla Corte di appello di Catanzaro nell'ordinanza censurata, erano gli stessi di quelli posti a fondamento di un'altra misura di prevenzione personale, che era stata disposta nei confronti del prevenuto dal Tribunale di Cosenza 1'8 ottobre 2012, in palese violazione del principio del ne bis in idem.Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento° del decreto impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da M C è infondato.
2. In via preliminare, deve rilevarsi che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione, secondo quanto prevosto dall'art. 4, comma 2, legge 27 dicembre 1956, n. 1423, così come richiamato dall'art.
3-ter, comma 2, legge 31 maggio 1965, n. 575, e ora dall'art. 10, comma 3, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è ammesso soltanto per violazione do legge. Ne consegue che devono escludersi dall'ambito dei vizi deducibili in sede di legittimità le ipotesi previste dall'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., potendosi soltanto denunciare, ai sensi della lettera c) della stessa disposizione, la motivazione inesistente o meramente apparente, integrante la violazione dell'obbligo di provvedere con decreto motivato. In sede di legittimità, dunque, non è deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia del tutto carente, presentando difetti tali da renderla meramente apparente e, in realtà, inesistente ossia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità;
ovvero quando la motivazione stessa si ponga come assolutamente inidonea a rendere comprensibile il percorso logico seguito dal giudice di merito;
ovvero, ancora, quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare oscure le ragioni che giustificano la decisione adottata (Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, Noviello, Rv. 279435-01;
Sez. 6, n. 20816 del 28/02/2013, Buonocore, Rv. 257007-01;
Sez. 5, n. 19598 dell'08/04/2010, Palermo, Rv. 247514-01). Questo orientamento ermeneutico ha ricevuto l'ulteriore suggello delle Sezioni Unite, che, nel solco della giurisprudenza di legittimità che si è richiamata, hanno affermato, in fattispecie antecedente alla d'orma del 2011, il seguente principio di diritto: «Nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di
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