Cass. pen., sez. feriale, sentenza 27/11/2018, n. 53180

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. feriale, sentenza 27/11/2018, n. 53180
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 53180
Data del deposito : 27 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: P G nato a PARENTI il 17/05/1954 M M F nato a DIPIGNANO il 03/10/1950 LE P G nato a COSENZA il 18/12/1970 avverso la sentenza del 14/12/2017 della CORTE APPELLO di CATANZAROvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MONICA B;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIOVANNI DI L che ha concluso chiedendo Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilita' dei ricorsi. udito il difensore I difensori presenti avvocato C F A D F del foro di COSENZA in difesa di P G, avvocato M R del foro di COSENZA in difesa di M M F e avvocato L P R del foro di COSENZA in difesa di LE P G si riportano ai motivi. Ritenuto in fatto 1.Con sentenza in data 14 gennaio 2016 il Tribunale di Crotone, per quanto qui rileva, condannava alle pene di giustizia gli imputati G P, G L P e M F M, in quanto ritenuti responsabili dei reati di abuso d'ufficio, loro rispettivamente contestati e relativi a quattro distinte vicende, riguardanti il Comune di Aprigliano, ossia: -l'assunzione a tempo determinato presso detto Comune quale istruttore direttivo categoria D1 dell'arch. L S (capo A) e le successive proroghe del rapporto (capi B, C e D), ascritte le prime due al solo P nella qualità, dapprima di responsabile del servizio finanziario, quindi di Sindaco, la terza al P ed al L P, quest'ultimo nella qualità di componente della Giunta Comunale di Aprigliano, atti compiuti: in violazione degli artt. 48 e 107 D.Lgs. n. 267/2000 perché il primo adottato da funzionario del servizio finanziario ed in assenza di un atto di indirizzo della Giunta Comunale, poiché la delibera n. 40/2010 richiamata era stata annullata in autotutela;
in violazione dell'art. 4 comma 1-bis del d.P.R n. 487/94 e dell'art. 124, comma 1, D.Lgs. n. 267/2000 per l'inosservanza delle procedure prescritte per i concorsi disciplinati dagli artt. 35 e 36 del D.Lgs. n. 165/2001 in relazione A) alla mancata pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'avviso contenente gli estremi del bando, B) all'affissione dell'avviso nell'Albo Pretorio per un periodo inferiore ai prescritti 15 giorni, C) all'espletamento della procedura di selezione da parte del P, che ricopriva all'epoca la carica politica di Sindaco, non autorizzata dalla disposizione di cui all'art. 53, comma 23, della legge n. 388/2000;
-la stipulazione di tre contratti di lavoro autonomo tra il Comune di Aprigliano e la dr. Maria Rita F (capo E), ascritta, quanto al primo contratto al P, al M ed al L P ed al solo P quanto alla successiva proroga (capo F);
quanto al secondo contratto, al solo P (capo G) e, quanto al terzo contratto, al P ed al L P (capo H), atti illegittimi perché il primo adottato in violazione dell'art. 7 comma 6-bis del D.Lgs. n. 165/2001 per l'assenza di procedura comparativa, di comprovata specializzazione universitaria nel soggetto prescelto e di elevata qualificazione dell'attività affidatagli, nonché per la motivazione stereotipata sull'impossibilità di affidare tale incarico al personale dipendente del Comune e per l'assenza di copertura finanziaria;
la prima proroga adottata in assenza di atto di indirizzo della Giunta comunale e della precisazione sul raggiungimento degli obiettivi prefissati col conferimento dell'incarico originario;
il secondo contratto privo dell'oggetto della prestazione del privato contraente e lo stesso ed il terzo contratto stipulati in assenza di tutti i presupposti pretesi per legge;
-la stipulazione, ascritta al solo P in qualità di Sindaco, quindi titolare di carica politica, di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa tra il Comune di Aprigliano e Anna Rita C, cui, previa indizione ed espletamento della procedura selettiva, era affidato l'incarico di esecutore amministrativo per l'aggiornamento degli archivi informatici e l'elaborazione dei dati in collaborazione con l'Ufficio Tributi (capo I), senza che fosse dato atto dell'impossibilità di espletare tale attività da parte del personale dipendente del Comune e che il servizio corrispondesse ad una prestazione altamente qualificata;
-la stipulazione, ascritta al solo P in qualità di Sindaco, quindi titolare di carica politica, di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa tra il Comune di Aprigliano e Sergio M (capo L), al quale, previa indizione del concorso ed espletamento della procedura selettiva, era affidato l'incarico di tecnico elettricista addetto alla manutenzione degli impianti di illuminazione pubblica, ossia attività ordinaria e continuativa, per la quale non era stato dato atto dell'impossibilità di farvi fronte con il personale in servizio dell'Ente e che la stessa corrispondesse ad una prestazione altamente qualificata.

2. Proposto appello da parte degli imputati, la Corte di appello di Catanzaro, con sentenza in data 14 dicembre 2017, riformava parzialmente la sentenza di primo grado, e, per l'effetto, riconosciute a tutti gli imputati le circostanze attenuanti generiche ed unificati i reati per continuazione, rideterminava le pene loro inflitte in: -anni uno e mesi uno di reclusione per G P, con revoca della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici per anni 5 e concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena;
-mesi sei di reclusione per G L P;
-mesi quattro di reclusione per M F M. Confermava nel resto l'impugnata sentenza.

3. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso a mezzo dei rispettivi difensori gli imputati.

3.1 G P, per il tramite dell'avv.to F C, ha dedotto: a) violazione di norme processuali in relazione agli artt. 178, comma 1 lett. b), 414 e 529 cod. proc. pen. per avere la Corte di appello respinto l'eccezione di improcedibilità dell'azione penale relativamente ai reati di cui ai capi A), B), C) e D) in contrasto con quanto statuito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 1995 e dalla sentenza a Sezioni unite della Suprema Corte di cassazione n. 33885 del 24/6/2010. Si era già dedotto che i fatti contestati ai primi quattro capi d'imputazione erano stati oggetto di un precedente procedimento penale, conclusosi con decreto di archiviazione emesso dal G.i.p. del Tribunale di Cosenza in data 3 ottobre 2012 per infondatezza della notizia di reato sicchè, in mancanza di un successivo decreto di riapertura delle indagini, l'azione penale non avrebbe potuto essere iniziata, né proseguita in assenza di nuove acquisizioni investigative. La Corte di appello ha respinto l'eccezione, ignorando i principi di diritto formulati dalle Sezioni Unite della Corte Suprema;
né può ritenersi sufficiente che il procedimento abbia superato il vaglio preventivo del G.i.p. in udienza preliminare, come ritenuto dalla Consulta nell'ordinanza n. 56 del 2003.b) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 323 cod. pen. ed all'art. 110 Tuel per avere la sentenza impugnata riconosciuto la sussistenza dei reati di cui ai capi A)-D), confondendo gli istituti della «assunzione» e del «conferimento di incarico a contratto». La Corte di appello ha ritenuto che l'arch. S fosse stato assunto a tempo determinato: in realtà, nonostante l'improprietà linguistica del contratto, costui non era stato assunto alle dipendenze del Comune di Aprigliano, ma destinatario di un incarico ai sensi dell'art. 110 Tuel senza immissione nei ruoli e nella dotazione organica dell'amministrazione, per cui è contraddittoria ed erronea giuridicamente la ritenuta assunzione ai sensi di norma, l'art. 110 citato, che al contrario disciplina l'affidamento di incarico. Non sussiste dunque la contestata violazione di norma di legge. Inoltre, anche l'inserimento col D.L. n. 90/2014 f nel suo testo, della previsione del conferimento "previa selezione pubblica", che richiama la regola dettata dall'art. 35 D.Lgs. n. 165/2001, avrebbe potuto deporre per un'assunzione, ma soltanto a partire dal 2014 e non all'epoca dei fatti contestati, quando non vi era obbligo di procedere ad alcuna selezione pubblica, che in ogni caso non è equiparabile ad un vero e proprio concorso pubblico, consistendo nella comparazione tra curricula dei candidati e nella scelta fiduciaria del soggetto ritenuto più idoneo. c) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 323 cod.pen. per avere la sentenza condannato il ricorrente per il reato di cui al capo A) della rubrica in assenza della contestata violazione dell'art. 4, commi 1 e 1-bis d.P.R. n. 487/1994 e dell'art. 124 Tuel. La sentenza ha affermato la responsabilità del ricorrente soltanto per due condotte ascrittegli, quelle contestate ai punti 2) e 4), ossia per l'omessa pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del bando di selezione pubblica e per l'effettuata comparazione dei candidati in violazione dell'art. 4, comma 1-bis, d.P.R. n. 487/1994 e dell'art. 124 Tuel, riproducendo la descrizione contenuta nell'imputazione ed incorrendo in plurimi errori giuridici. In primo luogo, la Corte di appello ha ritenuto violato l'obbligo di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'avviso ed al tempo stesso il termine minimo di pubblicazione dell'Albo Pretorio e ha ricostruito la vicenda, ritenendo quella compiuta un'assunzione illegale di personale nelle pubbliche amministrazioni, presupposto della ritenuta applicabilità dell'art. 4, comma 1-bis citato. Non ha considerato che la giurisprudenza amministrativa esclude la riferibilità agli enti locali territoriali della disciplina di cui al d.P.R. n. 487/1994, applicabile soltanto ai concorsi pubblici banditi dallo Stato, sicchè nessun obbligo di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale sussisteva nel caso, la cui omissione non integra la fattispecie di reato ascritta, mentre la sanzionata pubblicazione nell'Albo Pretorio, perché inferiore nella durata a quanto prescritto dall'art. 124 D.Lgs. n. 267/2000, è in contraddizione con la ritenuta non obbligatorietà della pubblicazione stessa in riferimento a determina del P quale responsabile del servizio finanziario comunale, mentre l'art. 4, comma 1-bis prescrive soltanto l'indicazione del termine per la presentazione delle domande, la cui scadenza nel caso di specie è stata indicata nell'Il ottobre 2010, dal che l'insussistenza dell'addebito. d) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 323 cod. pen. per avere la Corte di appello affermato la responsabilità quanto al reato di cui al capo A) della rubrica in assenza della contestata violazione dell'art. 35, comma 3, lett. e), D. Lgs. n. 165/2001 e dell'art. 9, comma 2, d.P.R. n. 487/1994. Anche per l'altra condotta ritenuta sussistente la sentenza si limita a ripercorrere i fatti riportati nell'imputazione senza avere esaminato i rilievi difensivi circa il necessario rispetto della procedura del concorso pubblico soltanto per l'assunzione e non per il conferimento di incarico, che all'epoca dei fatti non era soggetto alle procedure di cui agli artt. 35 e 36 D. Lgs. n. 165/2001, né a qualsiasi procedura di evidenza pubblica e che nel caso si era limitato ad appena due anni di durata senza essersi protratto sino al collocamento in quiescenza dell'arch. S, il cui caso resta regolato dall'art. 110 del Testo Unico degli Enti Locali. In particolare, l'art. 50, comma 10, Tuel attribuisce al Sindaco, quale responsabile del servizio, il potere di definire incarichi dirigenziali e di collaborazione esterna, secondo le modalità ed i criteri stabiliti dagli articoli 109 e 110, lo Statuto ed il Regolamento dell'Ente, come avvenuto nel caso di specie, in cui il ricorrente ha emesso la determinazione n. 21/284 nella qualità di Sindaco e di responsabile del servizio finanziario, per cui anche sotto tale profilo la condotta tenuta è conforme alla legge. e) Violazione di legge in relazione all'art. 323 cod. pen. e difetto assoluto di motivazione per avere la Corte di appello affermato la responsabilità del ricorrente in ordine ai reati di cui ai capi A), B) e C) in assenza della contestata violazione degli artt. 48 e 107 Tuel e 66 dello Statuto del comune di Aprigliano. In ordine alle proroghe del contratto stipulato con l'arch. S la sentenza ritiene integrate le medesime violazioni commesse con la conclusione del contratto iniziale senza però specificare a quali profili di illegittimità intendesse riferirsi. In relazione all'adozione della determina n. 21/284 in assenza del previo atto di indirizzo della Giunta comunale, fatto contestato al capo B), in sentenza non è presente nessuna motivazione. Inoltre, per tutti e tre i fatti ascritti ai capi A), B) e C), è inconferente nel caso specifico il richiamo agli artt. 48 e 107 Tuel, poiché la disciplina applicabile è quella dettata dagli artt. 109 e 110 D. Lgs. n. 267/2000 in riferimento all'art. 50, comma 10. Il ricorrente ha agito nel rispetto di tali norme e dell'art. 66 dello Statuto comunale, il quale, sebbene conferisca alla Giunta comunale una funzione di "sovrintendenza" all'attività amministrativa in tema di incarichi dirigenziali, è derogato dall'art. 109, comma 2, Tuel per i Comuni, come quello di Aprigliano con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, "privi di personale di qualifica dirigenziale". Pertanto, le determinazioni e i decreti di cui ai capi A), B), C) sono stati legittimamente adottati dal P nella qualità di Sindaco e di Responsabile del Servizio Finanziario, senza fosse necessario un previo atto di indirizzo da parte della Giunta.f) Violazione di legge e difetto assoluto di motivazione in relazione all'art. 323 cod. pen. per avere la Corte di appello confermato la responsabilità del ricorrente in ordine ai reati di cui ai capi C) e D) della rubrica in assenza della contestata violazione dell'art. 4, comma 1, D. Lgs. n. 368/2001. La sentenza non offre motivazione al riguardo, se non per l'ultima proroga, per la quale è stato censurato l'ultimo inciso della delibera di Giunta Comunale n. 13 del 29 marzo 2012, "relativo alla necessità di ricoprire un posto al di fuori della dotazione organica – perché in contrasto con "la prima determina adottata dal sindaco P (nella quale si dava atto che si trattava di un posto vacante in quanto il tecnico che precedentemente lo ricopriva era andato in pensione)" (Cfr. pag. 26 sent. n. 3763/17). In realtà, non è pertinente alla vicenda la norma di cui all'art. 4, comma 1, D. Lgs. n. 368/01, che riguarda il rapporto di lavoro subordinato e non i conferimenti di incarico, soggetti all'art. 110 TUEL anche per ciò che attiene alla durata del rapporto, collegato al mandato elettivo del Sindaco, norma che nel caso non è stata violata e che va raccordata con l'art. 19 TUPI, per il quale "la durata di tali incarichi non può essere inferiore a tre anni' (Cff. Cass. Civ., Sez. Lavoro, sent. n. 478 del 13.1.2014). Al più avrebbe potuto ravvisare la violazione per difetto dell'art. 19 TUPI, posto che l'incarico all'arch. S aveva avuto durata di due anni. In ogni caso, anche qualora si ritenesse applicabile l'art. 4 D. Lgs. n. 368/2001, il fatto contestato non costituirebbe reato per mancanza di offensività della condotta, aspetto sul quale la sentenza nulla riporta, poiché la durata iniziale del contratto sottoscritto dall'Ente con l'arch. S era pari a tre mesi e con le proroghe non ha superato i due anni, essendo inferiore al termine di durata massimok prescritto in tre anni, senza che la "ratio" del citato art. 4 sia stata violata. g) Violazione di legge e motivazione manifestamente illogica in relazione all'art. 323 cod. pen. per avere la Corte di appello confermato il giudizio di responsabilità per il reato di cui al capo D) della rubrica in assenza della contestata violazione dell'art. 110, commi 1 e 2 Tuel. In sentenza è riportato il contrasto tra quanto esposto nella delibera di Giunta n. 13 del 29 marzo 2012, ove si era specificato che si doveva ricoprire un posto vacante, e la determinazione del Sindaco n. 21/284, che indica la proroga del contratto in un posto fuori dalla dotazione organica "anche al fine di avviare ulteriore procedura selettiva". In realtà nella delibera in questione è specificata l'esigenza di assicurare l'operatività della struttura dell'Ente mediante la proroga di ulteriori mesi sei del "contratto di lavoro in corso, a tempo determinato, al di fuori della dotazione organica, con orario part- time (18 ore settimanali) - cat. D, pos. Econ. D1 del CCNL — EE.LL., anche al fine di avviare e concludere ulteriore procedura selettiva", il che rende chiaro il riferimento al conferimento a personale esterno all'Ente ed il travisamento della prova sul punto. Inoltre, anche se ritenuto sussistente, il contrasto potrebbe rilevare quale falsità ideologica e non quale abuso d'ufficio.h) Violazione di legge in relazione all'art. 323 cod. pen. ed all' art. 76, comma 7, della legge n. 133/2008 per avere la Corte di appello affermato la sussistenza del reato di cui ai capi A)-D) per la violazione del divieto di assunzione. Si era sostenuto con l'atto di appello che non soltanto il ricorrente aveva agito nel rispetto delle sue facoltà, ma anche nell'ambito di ciò che "era obbligato a fare" a seguito della sopravvenuta vacanza, in pianta organica, del posto di istruttore direttivo cat. D1- Area tecnica nella vigenza del divieto di assunzione di altro personale. La Corte di appello ha commesso altro errore di diritto per avere ritenuto che la finalità perseguita dal ricorrente non fosse quella di realizzare l'interesse pubblico, ma di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale allo S. L'art. 76, comma 7, L. n. 133/2008, sostituito dall'art. 14, comma 9, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, imponeva il divieto di assunzione di personale a tutti gli enti, per i quali l'incidenza delle spese di personale era pari o superiore al 40%, riferibile anche al Comune di Aprigliano, sicchè il ricorrente si è attenuto alla norma e non ha proceduto a nuove assunzioni, ma ha conferilo incarichi a termine a soggetti esterni all'Ente sino a che nell'anno 2012, mutata la situazione economica del Comune, non è stato bandito il concorso per la copertura del posto vacante, ricoperto temporaneamente dall'arch. S. i)Violazione di legge e motivazione apparente in relazione all'art. 323 cod. pen. quanto all'elemento soggettivo del reato contestato. La sentenza non argomenta in ordine al danno ingiusto arrecato al Comune di Aprigliano, né sul dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice in termini di certa volontà dell'imputato diretta e finalizzata esclusivamente o prevalentemente a procurare il vantaggio patrimoniale ovvero il danno ingiusto. Non è stato compreso dai giudici di merito che il Comune non aveva presentato una situazione di dissesto economico, ma di disavanzo per la forte incidenza delle spese di personale rispetto alle spese correnti, situazione progressivamente risanata proprio in virtù delle scelte intraprese per far fronte alle carenze di personale verificatesi mediante la prassi dell'affidamento degli incarichi temporanei ed assicurare la erogazione dei servizi essenziali dell'ente. Nel caso dell'arch. S il Comune aveva potuto conseguire un risparmio di spesa pari ad C 7.176,01 rispetto all'assunzione di un soggetto da destinare a quel posto vacante in pianta organica. La mancata menzione nella determina adottata dal ricorrente della situazione di disavanzo del Comune non implica la necessaria inesistenza di quella situazione, né prova che egli avesse agito per finalità diverse da quelle di fronteggiare le carenze di personale ed assicurare la funzionalità dell'ente;
al contrario, le scelte operate dal ricorrente avevano consentito di contemperare le opposte esigenze di soddisfacimento delle esigenze pubbliche e di contenimento della spesa per il personale senza avere procurato un ingiusto vantaggio allo Stannmena. Le argomentazioni esposte in sentenza non danno conto dell'intenzionalità pretesa dalla norma incriminatrice e non tengono conto degli elementi, emersi dall'istruttoria e già segnalati come contrastanti con la tesi accusatoria, ossia che nessun rapporto di amicizia o di altra natura era intercorso con lo Starnmena, il quale aveva ricevuto il primo incarico da altro sindaco con le stesse modalità, il rapporto era stato limitato nel tempo e si era concluso quando era stato possibile bandire il regolare concorso per il posto vacante dallo stesso coperto in via transitoria e poi assegnato ad altro soggetto e la durata del suo incarico era stata inferiore al limite massimo di legge e correlata proprio alla possibilità legale e materiale di espletare la procedura concorsuale. I) Violazione di legge e motivazione insufficiente in relazione all'art. 323 cod. pen. per avere la Corte di appello confermato la sussistenza dei reati di cui ai capi E), F), G) e H) della rubrica in assenza della contestata violazione dell'art. 7, comma 6-bis, D.Lgs. n. 165/2001 e dell'elemento soggettivo del reato contestato. La sentenza ha addebitato al ricorrente l'omesso espletamento di procedura comparativa, prodromica alla scelta della persona da assumere e l'assunzione per finalità diverse da quella pubblica, ossia per attribuire un ingiusto vantaggio patrimoniale alla F. Anche in questo caso i giudici di merito hanno frainteso la natura giuridica del rapporto instaurato con la predetta professionista, non assunta, ma contraente un rapporto di lavoro autonomo di natura occasionale e temporanea nell'ambito del c.d. "Programma Stage" promosso dalla Regione Calabria, in attuazione delle Leggi Regionali n. 26/2004 e n. 23/2010, ai quali il Comune di Aprigliano aveva aderito. Si era dedotto con l'atto di appello che la norma di riferimento è costituita dall'art. 10, comma 1, della Legge Regionale n. 23/2010, che è stata correttamente applicata nel caso di specie perché la stessa esonerava l'Ente pubblico dal rispetto delle ordinarie attività comparative dei candidati e consentiva di avvalersi delle esperienze acquisite dallo stagista indicato dapprima dalla Regione e poi scelto dal Comune tra i potenziali fruitori del contratto di lavoro, beneficiando in tal modo delle contribuzioni erogate dalla Regione per sostenere gli oneri derivanti dal contratto. Quanto all'elemento soggettivo, la sentenza lo ha risolto in base alle stesse considerazioni svolte per la vicenda di cui ai capi A)-D) senza tener conto che la scelta dell'amministrazione comunale di stipulare il contratto di lavoro con la dott.ssa F è stata dettata dall'intento di accedere agli incentivi previsti dalla legislazione regionale, come provato dalla successione cronologica degli eventi: la dott.ssa F aveva intrapreso il 23 febbraio 2009 il percorso di formazione-stage nel Comune di Aprigliano, ufficio amministrativo- contabile e poco prima della scadenza della durata prescritta del 23 novembre 2010, ossia il 22 ottobre 2010, era stato deliberato di concludere il primo contratto'— decorso il termine di durata di tale primo incarico, la Giunta della Regione Calabrialcon deliberazione n. 6 del 7 gennaio 2011 aveva approvato ravviso pubblico rivolto a soggetti pubblici interessati a contrattualizzare i giovani laureati calabresi già impegnati nel programma "Stages " di cui all'art. 5 della legge regionale 19 aprile 2007, n. 8" ed il successivo 10 marzo 2011 con delibera della Giunta comunale n. 22, l'Amministrazione di Aprigliano aveva formalizzato interesse al rapporto con la stagista F,. rin attesa della determinazione della Regione Calabria su tale manifestazione di interesse erano stati stipulati i contratti di cui ai capi F) e G) a sostegno delle attività dell'Ente e per non disperdere la comprovata esperienza della stagista stessa. Con la successiva delibera di Giunta n. 62 del 9 agosto 2011, l'Amministrazione comunale ha nuovamente formalizzato la manifestazione di interesse nei confronti della F e costei dal 1 settembre 2011 ha iniziato il secondo "Programma Stage", in attuazione del quale è stata emessa la delibera n. 53/11, oggetto di contestazione al al capo H). Per avere beneficiato dei contributi regionali, l'Ente non ha subito pregiudizi e non sussiste il dolo intenzionale di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale alla F. m) Violazione di legge in relazione all'art. 521 cod. proc. pen. e nullità della sentenza relativamente alle contestazioni di cui alle lettere I) ed L) per violazione del principio di correlazione tra il fatto contestato e quello ritenuto in sentenza e vizio di motivazione in relazione agli artt. 323 cod. pen. e 7, comma 6, lett. b) D. Lgs. n. 165/2001. La Corte d'appello ha confermato la statuizione di condanna a carico del ricorrente per i reati d'abuso d'ufficio di cui ai capi I) ed L), ritenendo la violazione dell'art. 7, comma 6, lett. b) D. Lgs. n. 165/2001 per la presenza in organico di altri dipendenti con ruolo identico a quello del posto messo a concorso ed assegnato alla C ed al M e per il divieto legislativo di procedere all'assunzione di altro personale oltre a quello già presente. Di tali profili di illegittimità non vi è traccia nelle imputazioni il che integra la violazione dell'art. 521 cod. proc. pen.. Oltre a ciò, la sentenza è affetta da un palese errore di diritto, perché, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, il presupposto dell'affidamento di un incarico esterno da parte degli enti locali è costituito, non già dall'assenza della professionalità interna, ma dalla impossibilità di far fronte all'esigenza con l'utilizzo delle risorse disponibili, impossibilità previamente accertata in entrambi i casi dell'incarico affidato alla C ed al M. Nel primo caso alla C era stata assegnata una funzione di supporto al personale dipendente dell'Ufficio Tributi, ove si erano registrate due vacanze, per l'avvio del nuovo servizio di riscossione dei tributi comunali, nel secondo al M era stato affidato incarico nell'assenza di figure professionali nell'organico comunale in grado di occuparsi della manutenzione degli impianti di illuminazione pubblica. In entrambe le situazioni non è conferente il richiamo del divieto di assunzioni poiché l'Ente comunale ha affidato incarichi temporanei per mansioni lavorative mediante contratti di collaborazione coordinata e continuativa. n) Assenza di motivazione in ordine al diniego del beneficio della non menzione della condanna. A fronte della specifica richiesta all'uopo avanzata nell'atto di appello e della obiettiva insussistenza di cause ostative, l'istanza è rimasta priva di ogni considerazione sebbene la pena rientri nei limiti di legge e sia stata accordata la sospensione condizionale della pena.
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