Cass. pen., sez. V trib., sentenza 08/06/2023, n. 24808

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 08/06/2023, n. 24808
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 24808
Data del deposito : 8 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da B G, nato in Georgia il 17/05/1989, avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano emessa in data 17/02/2022;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere R C, all'udienza del 18/01/2023;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Spstituto Procuratore Generale L G, che ha chiesto l'inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 24/09/2021, con cui G B era stato condannato a pena di giustizia per i reati di cui agli artt. 489 - così qualificata l'originaria imputazione di cui agli artt. 477, 482 cod. pen., in riferimento all'uso di patente falsificata all'estero - e 497-bis, comma secondo, 1 cod. pen., in relazione al passaporto contraffatto;
fatti accertati in Milano il 07/07/2020. 2. G B ricorre, in data 04/04/2022, a mezzo del difensore di fiducia avv.to A I, deducendo un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.: 2.1 violazione di legge, in riferimento agli artt. 477, 482, 497-bis cod. pen., vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen., in quanto la condotta ascritta all'imputato, in riferimento al passaporto falsificato, avrebbe dovuto inquadrarsi nella fattispecie di cui all'art. 497-bis, comma primo, cod. pen., e non in quella di cui al comma secondo, dovendosi, inoltre, dichiarare il difetto di giurisdizione in quanto non è stata provata la consumazione della condotta nel territorio italiano;
quanto al permesso di guida, inoltre, vi è carenza di motivazione circa gli accertamenti inerenti i documenti integrativi ai sensi dell'art. 135, comma 1, d. Igs. 285/1992;
il corretto comportamento processuale dell'imputato, infine, non è stato valutato al fine della concessione delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso di G B è parzialmente fondato, per le ragioni di seguito esposte. L'imputato, controllato a bordo di una vettura da lui condotta, aveva mostrato agli agenti un passaporto ed una patente di guida georgiana intestate ad Itakli Baramidze, documenti della cui genuinità gli operanti avevano dubitato;
si verificava, quindi, l'identità dell'imputato a seguito di accertamenti dattiloscopici, nonché l'integrale falsificazione sia del passaporto che della patente di guida, indicati nella presente motivazione come, rispettivamente, fatto sub 1) e fatto sub 2), per distinguere le due fattispecie accomunate dall'unico capo di imputazione. La sentenza impugnata, pur affermando che la falsificazione di entrambi i documenti rinvenuti in possesso dell'imputato (patente di guida e passaporto), fosse avvenuta all'estero, ha qualificato — quanto al passaporto, fatto sub 1) - ai sensi dell'art. 497-bis, comma secondo, cod. pen., la condotta consistita nell'uso in territorio italiano, da parte dell'imputato, di un documento valido per l'espatrio, alla cui contraffazione egli aveva senza dubbio concorso, in quanto sul passaporto georgiano vi era la sua foto;
quanto alla patente di guida estera, parimenti falsa, documento non valido per l'espatrio, di cui al fatto sub 2), la condotta relativa a tale documento veniva inquadrata, come detto, nella fattispecie di cui all'art. 489 cod. pen.La motivazione della sentenza impugnata, quanto al passaporto falso, si fonda sull'arresto di questa Corte regolatrice, secondo cui "La detenzione di un documento falso, anche solo ideologicamente, alla cui formazione non si sia concorso, integra il reato di cui all'art. 497-bis, comma primo, cod. pen., mentre le condotte di fabbricazione e formazione di un documento falso, nonché di detenzione, per uso non personale, o personale se si è concorso nella contraffazione del documento, integrano la fattispecie più grave di cui al secondo comma della medesima norma." (Sez. 5, n. 48241 del 04/11/2019, Kanthasamy Srisubatharan, Rv. 277427). Anche nel caso della sentenza citata, specularmente a quello per cui si procede, era stata ravvisata la fattispecie di cui al secondo comma dell'art. 497-bis cod. pen. nei confronti di un soggetto che aveva esibito in Italia un passaporto contraffatto all'estero, raffigurante la propria fotografia, ritenendo, oltre al possesso, il concorso nella contraffazione, peraltro non perseguibile in Italia in carenza della condizione di procedibilità di cui all'art. 10 cod. pen. La motivazione della pronuncia parte dalla considerazione secondo cui il secondo comma dell'art. 497-bis cod. pen., che punisce la previa contraffazione del documento ad opera dello stesso detentore, costituisce ipotesi di reato autonoma rispetto a quella del mero possesso, prevista dal primo comma, essendo la descrizione della condotta, che differenzia le due fattispecie, essa stessa elemento costitutivo del reato, non relegabile al ruolo di elemento circostanziale (Sez. 5, n. 18535 del 15/02/2013, Lorbek:, Rv. 255468;
in termini Sez. 5, n. 25659 del 13/03/2018, Busa, Rv. 273303;
Sez. 2, n. 15681 del 22/03/2016, Hamzaoui, Rv. 266554;
Sez. 5, n. 5355 del 10/12/2014, dep. 2015, A, Rv. 262221). Considerato il principio di cui all'art. 6, comma secondo, cod. pen. - secondo cui "Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l'evento che è la conseguenza dell'azione od omissione" - la motivazione della sentenza in esame ha proseguito affermando come, nell'ipotesi in cui l'uso del documento valido per l'espatrio, contraffatto con il concorso del possessore, abbia avuto luogo sul territorio dello Stato, il delitto deve ivi considerarsi commesso, con la conseguente sottoposizione alla giurisdizione nazionale dell'autore del reato, anche se una parte dell'azione - il concorso nella contraffazione - sia stata commessa nel territorio straniero. Inoltre, secondo l'orientamento analizzato, "la condotta di possesso del documento, in quanto contraffatto con il concorso (pur non concretamente punibile) dell'autore, è qualificabile ai sensi della fattispecie autonoma di cui al 2° comma dell'art. 497 bis c.p. Invero, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che la 'ratio' della previsione incriminatrice - che costituisce ipotesi autonoma di reato rispetto a quella del mero possesso prevista dall'art. 497 bis, comma primo, cod. pen. - è quella di punire in modo più significativo chi fabbrica o, comunque, forma il documento, con la conseguenza che il possesso per uso personale rientra nella previsione di cui all'art. 497 bis, comma primo, cod. pen., solo se il possessore non ha concorso nella contraffazione (Sez. 5, n. 5355 del 10/12/2014, dep. 2015, A, Rv. 262221;
in senso analogo, Sez. 5, n. 17673 del 24/03/2011, Bereanu, Rv. 250188)." Secondo lo sviluppo argonnentativo della sentenza, la fattispecie di cui al comma secondo dell'art. 497-bis cod. pen. prevede due condotte alternative: la fabbricazione (o comunque la formazione) di un documento falso valido per l'espatrio e la sua detenzione "fuori dei casi di uso personale'. Da ciò discenderebbe che l'ambito applicativo delle due fattispecie sarebbe così individuata: il primo comma individua la condotta di chi, nei casi di uso personale, detiene un documento falso alla cui formazione non abbia concorso (nel caso di colui che, sfruttando la somiglianza dei tratti somatici, venga trovato in possesso ed esibisca un documento, valido per l'espatrio, con 1"effigie ed i dati anagrafici di altra persona), incentrando il nucleo di disvalore penale sull'oggetto del reato, ossia il documento falso;
la fattispecie di cui al comma secondo, invece, è applicabile a chi fabbrica, o comunque forma, un documento valido per l'espatrio falso, a chi lo detiene non per farne uso personale (si pensi al contraffattore che venga trovato in possesso del documento formato per altri che intendano farne uso), e a chi lo detiene per farne uso personale, ma avendo concorso nella sua contraffazione. "Il requisito che accomuna le ipotesi qualificabili ai sensi del 2° comma, in altri termini, è la partecipazione, con qualunque modalità (anche mettendo a disposizione la fotografia e/o i dati anagrafici, al fine di farne uso personale), al circuito illecito delle contraffazioni materiali;
che, per la maggior offensività, sono punite con la previsione di una fattispecie più grave;
al contrario, le ipotesi di cui al 1° comma vengono in rilievo esclusivamente nel caso di totale estraneità al circuito illecito delle contraffazioni, perciò punite con una fattispecie meno grave. Del resto, mentre la contraffazione integra un mero pericolo, è proprio l'uso del documento contraffatto da parte del possessore che attualizza, determinando una concreta lesione, l'offesa al bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice - la pubblica fede, nella dimensione dell'affidamento da riporre nei documenti che consentono la circolazione delle persone tra gli Stati, al fine di prevenire condotte di pregiudizio per la sicurezza interna e delle istituzioni democratiche -;
offesa che, dunque, fonda l'interesse dello Stato a perseguire e punire più gravemente il reato de quo." Tale percorso ricostruttivo è solo parzialmente condivisibile. La norma incriminatrice è stata inserita nel tessuto del codice penale dal d.l. 27 luglio 2005, n. 144, convertito in legge 31 luglio 2005, n. 155, recante "Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale";
le pene, inoltre, sono state aumentate per effetto del dl. 18 febbraio 2015 n. 7, convertito in legge 17 aprile 2015 n. 43, anch'esso emanato subito dopo gli attentati terroristici verificatisi a Parigi nel gennaio 2015, allo scopo di contrastare il terrorismo, anche internazionale. La natura e le finalità di tali interventi, quindi, devono essere sicuramente valutati al fine di ricostruire le fattispecie introdotte ed I loro ambito di applicazione, benché l'art. 497-bis cod. pen. non preveda alcun perseguimento della finalità terroristica;
inoltre, rispetto alla descrizione delle condotte di falsificazione, quelle previste da entrambi i commi della disposizione citata prescindono da qualsiasi distinzione tradizionale tra le falsità, sia in riferimento alla natura della condotta (falsità materiale e falsità ideologica) che in riferimento ai soggetti agenti (falsità commessa dal pubblico ufficiale e dal pubblico impiegato, dall'incaricato di un servizio pubblico, dal privato). In realtà, quindi, l'art. 497-bis, comma primo, cod. pen., punisce la condotta di chi venga trovato in possesso di un documento falso valido per l'espatrio, senza alcuna specificazione in ordine al concorso del detentore nella condotta di falsificazione;
il secondo comma, invece, punisce, con una pena aumentata da un terzo alla metà, quella di chi fabbrica o comunque forma un simile documento ovvero lo detiene fuori dei casi di uso personale. Ne discende che, evidentemente, secondo quanto emerge dall'espressione letterale della disposizione, il secondo comma dell'art. 497-bis, cod. pen. prevede unicamente la detenzione nei casi diversi dall'uso personale, posto che la detenzione per uso personale, rileverebbe, ai sensi del secondo comma della norma predetta, soltanto come posterius ovvero come indizio della ulteriore condotta prevista alternativamente alla detenzione per uso personale e, cioè, la contraffazione. In realtà, quindi, il possesso per uso personale di un doc:umento valido per l'espatrio — quale, nel caso di specie, il passaporto — accede e segue la contraffazione, sicché esso rientra nella più grave disposizione di cui al comma secondo dell'art. 497-bis cod. pen. perché, in sostanza, ciò che si punisce è il concorso nella previa contraffazione;
salvo il caso in cui tale precedente contraffazione, sicuramente commessa all'estero, non sia punibile, in difetto della richiesta del Ministero della giustizia, di cui all'art. 10 ccd. pen., dovendosi, in tal caso, fare ricorso alla diposizione di cui al primo comma dell'art. 497-bis 5 cod. pen., unico precetto che preveda la rilevanza penale di tale condotta, in via autonoma. Sicché l'interpretazione della sentenza Kanthasamy Srisubatharan, citata, nella misura in cui ritiene che la disposizione in esame si applichi anche a colui che, avendo concorso nella falsificazione, detiene il documento per farne uso personale, finisce per operare, nei casi di sicura commissione all'estero della falsificazione, una estensione analogica in malam partem della norma. Infatti, se la falsificazione è commessa all'estero e non risulta proceclibile per mancanza della richiesta di cui all'art. 10 cod. pen., il successivo uso personale del documento contraffatto - come detto - risulta punibile L nicamente ai sensi dell'art. 497-bis, comma primo, cod. pen., in quanto, diversamente opinando si opererebbe un'applicazione analogica del precetto di cui all'art. 489 cod. pen., che punisce senza dubbio l'uso del documento contraffatto, ma con disposizione concepita e destinata ad operare nell'ambito delle sole falsità documentali di cui al capo III del titolo VII, dedicato ai delitti contro la fede pubblica, e non anche nell'ambito delle falsità personali, di cui al capo IV del medesimo titolo VII. Peraltro, per ciò che riguarda l'incriminazione del possesso del documento ex art. 497-bis cod. pen., sanzionato dal primo comma della norma, è sottinteso che detto possesso debba essere finalizzato all'uso personale, ed è altrettanto evidente che tale condotta prescinda dal concorso nella contraffazione;
benché, infatti, il legislatore non abbia previsto espressamente tale circostanza, la necessità che il possesso sia funzionale all'utilizzazione personale del documento emerge proprio dal secondo comma della norma, laddove è incriminato, con aumento di pena, tra l'altro, il fatto di chi detiene il documento "fuori dei casi di uso personale". La maggiore gravità di tale condotta, prevista al comma secondo, infatti, si spiega proprio con la maggior offensività della stessa: trattasi, infatti, della condotta non solo di chi fabbrica o forma H documento falso, ma anche di chi, operando come intermediario, consente che il documento falsificato entri in possesso del soggetto che se ne dovrà servire. Solo se si configura contemporaneamente anche il concorso nella contraffazione punibile, quindi, si configura la fattispecie di cui all'art. 497-bis, comma secondo, cod. pen., laddove, al contrario, tale precetto non è applicabile quando l'uso personale del falso documento valido per l'espatrio non c:onsenta di elevare l'imputazione per il concorso nella previa contraffazione, anche solo per la mancanza della richiesta discrezionale del Ministero, ai sensi dell'art. 10 cod. pen., in caso di contraffazione verificatasi in territorio estero, come nel caso in esame.Definita in tal senso la diversa portata delle condotte descritta dal primo e dal secondo comma dell'art. 497-bis cod. pen., quindi, appare evidente come la condotta di possesso per uso personale, da parte del ricorrente, debba essere qualificata ai sensi dell'art. 497-bis, comma primo, cod. pen., con conseguente annullamento della sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio, assorbita la doglianza sulla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Nel resto, il ricorso va rigettato. La condotta inerente la falsificazione della patente di guida è stata qualificata dal primo giudice ai sensi dell'art. 489 cod. pen. e, come noto, la nozione di uso comprende qualsiasi modalità di avvalersi del falso documento, per uno scopo conforme alla natura, quantomeno apparente, dello stesso (Sez. 5, n. 30740 del 12/04/2019, Drazhy Rushit, Rv. 276922;
Sez. 5, n. 21231 del 20/02/2001, Mbaye S., Rv. 219029).
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