Cass. pen., sez. II, sentenza 16/01/2023, n. 01267

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 16/01/2023, n. 01267
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 01267
Data del deposito : 16 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: S G, nato a Montecorvino Rovella il 25/09/1959 avverso la sentenza del 10/09/2021 della Corte d'appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE NICASTRO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale P M, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito l'avv. G C, difensore delle parti civili M R e G M, che ha concluso associandosi ade conclusioni del Pubblico Ministero e ha depositato conclusioni scritte e nota spese;
udito l'avv. V P, in sostituzione dell'avv. R P, difensore della parte civile G A, che si è riportato alle conclusioni del Pubblico Ministero e ha depositato conclusioni scritte e nota spese;
udito l'avv. G C V, difensore di S G, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso;
udito l'avv. M C, difensore di S G, che ha concluso chiedendo, in accoglimento del ricorso, che la sentenza impugnata venga annullata e che venga dichiarata la prescrizione del reato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10/09/2021, la Corte d'appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza del 20/06/2019 del Tribunale di Vallo della Lucania, dichiarava non doversi procedere, nei confronti di G S, in ordine al reato di cui agli artt. 12 e 14 della legge 14 ottobre 1974, n. 497 (capo B dell'imputazione), per essere lo stesso estinto per intervenuta prescrizione, rideterminando conseguentemente la pena irrogata dal giudice di primo grado, mentre confermava la condanna dello stesso S per il reato di estorsione (di cui al capo A dell'imputazione), nel quale il Tribunale di Vallo della Lucania aveva ritenuto assorbite anche le condotte di furto in abitazione di cui al capo C) dell'imputazione. Secondo i menzionati capi A) e C) dell'imputazione, lo S era stato tratto a giudizio: quanto al reato di estorsione (capo A), perché «minacciando in più occasioni M R e G M e mostrando, in un'occasione la pistola che aveva indosso e dicendo: "vi sparo tutti se non mi date i soldi", li costringeva a firmare una dichiarazione con la quale i predetti davano la loro casa a garanzia delle restituzioni di quanto ricevuto, pari a circa € 23.000,00 e successivamente [...] li allontanava con la forza dall'abitazione, procurandosi così in loro danno l'ingiusto profitto derivante dalla materiale disponibilità dell'immobile ubicato in Ogliastro Cilento in via Fratelli Bandiera. In Ogliastro Cilento fino alla primavera del 2011»;
quanto al reato di furto in abitazione (capo C, le cui condotte, come si è detto, sono state ritenute assorbite nel reato di estorsione di cui al capo A), perché, «dopo essersi introdotto abusivamente e con violenza nell'abitazione di M R e G M ubicata in via Fratelli Bandiera n. 35 di Ogliastro Cilento, si impossessava di abbigliamento, mobilia, complementi di arredo moderni e di antiquariato, libri, strumenti musicali, cd, musicassette, beni custoditi nell'abitazione e dettagliatamente indicati nell'elenco allegato alla denuncia di M R del 23 settembre 2014, sottraendoli ai legittimi proprietari allo scopo di trarne profitto per sé o per altri. [...] In Ogliastro Cilento accertato il 22 settembre 2014».

2. Avverso l'indicata sentenza della Corte d'appello di Salerno, ha proposto ricorso per cassazione G S, per il tramite dei propri difensori, affidato a due motivi.

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all'art. 606, comma 1, lett. b) e ed e) , cod. proc. pen., la violazione degli artt. 125, comma 3, 192 e 546, comma 1, lett. e) , dello stesso codice, nonché dell'art. 111, sesto comma Cost., per avere la Corte d'appello di Salerno violato i principi in tema di valutazione della prova e per non avere motivato, o per avere motivato in modo contraddittorio, in ordine agli specifici indicatori, esposti nei motivi di appello, di inattendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, costituite parti civili, sulla quali si fondava la pronuncia di condanna dell'imputato. A proposito di tali indicatori, e della motivazione della sentenza impugnata al riguardo, il ricorrente rappresenta quanto segue. Quanto all'attendibilità delle dichiarazioni della parte civile R M, che la Corte d'appello di Salerno: ha omesso di motivare in ordine alla contraddizione tra una prima dichiarazione, in cui la M aveva fatto risalire l'inizio dell'atteggiamento aggressivo dell'imputato al 2012, e la dichiarazione successivamente resa dalla stessa testimone nella quale si «riferi[va] genericamente e senza alcuna contestualizzazione di minacce di morte e poi di un episodio con una pistola in un bar di cui non aveva mai parlato»;
ha motivato in modo contraddittorio e illogico in ordine alla contraddizione derivante dal fatto che la M «in un primo momento dichiara che le scritture con cui consegnarono l'immobile allo S sarebbero state successive all'episodio della pistola in presenza dei signori S [...] e solo in un secondo momento ([...] all'esito di contestazione del PM) che le scritture sarebbero state precedenti all'episodio della pistola con i signori S». Quanto all'attendibilità delle dichiarazioni della parte civile Mario Garofalo, che la Corte d'appello di Salerno ha omesso di motivare in ordine a quanto rappresentato dalla difesa circa «una genericità nelle dichiarazioni [di Mario Garofalo] con riferimento al tenore delle minacce che vengono invece definiti insulti [...], una contraddittorietà con riferimento all'affermazione di un clima di paura in cui vi sarebbe stata anche una presunta istigazione al suicidio da parte dello S (altro episodio nuovo mai riferito in precedenza [...]) ed infine un contrasto con le dichiarazioni rese dal teste S quanto all'epoca in cui si sarebbe verificato l'episodio della minaccia con la pistola, collocato dal Garofalo nel dicembre dell'anno 2010 e non, come sostenuto dal teste S, nella primavera del 2011». Quanto all'attendibilità delle dichiarazioni della parte civile Aristide Garofalo, che la Corte d'appello di Salerno ha reso una motivazione apparente in ordine a quanto rappresentato dalla difesa in ordine a «una contraddizione nelle dichiarazioni [di Aristide Garofalo] con riferimento ad una prima dichiarazione in cui afferma di aver saputo della vicenda in occasione della denuncia (risalente all'anno 2013) salvo poi rendere dichiarazioni su generiche minacce da parte dello S (asseritamente riferitegli dalla madre) sin dall'inizio del mancato pagamento del debito». Il ricorrente rappresenta poi la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata là dove afferma l'uniformità delle dichiarazioni delle parti civili «rispetto al nucleo centrale della questione controversa rappresentato dalla pacifiche [...] richieste minacciose dello S di ottenere la restituzione dei propri soldi», atteso che «il punto nodale non sono le richieste minacciose dello S di ottenere in restituzione i soldi prestati [...] bensì la sottoscrizione delle scritture da cui scaturisce la consegna del bene immobile a garanzia del credito». Il ricorrente deduce ancora il vizio di motivazione della sentenza impugnata là dove essa respinge le censure difensive «attraverso il richiamo alla risalenza dei fatti, alla loro complessità e, nel caso di M R anche a peculiari condizioni di salute», in quanto, «se la difesa ha eccepito che i testi [..] a distanza di sei anni ricordano nel dettaglio giusto gli episodi denunciati [...] ed invece sul momento in cui hanno scelto di firmare le scritture le loro dichiarazioni risultano generiche e/o contraddittorie la corretta motivazione non avrebbe dovuto incentrarsi sulla risalenza dei fatti, posto che tale dato o incide su tutti i ricordi o risulta illogico possa riguardare solo episodi mai riferiti e peraltro riportati senza dettagli, specificazioni e comunque, senza alcuna contestualizzazione». Il ricorrente evidenzia un altro vizio di motivazione della sentenza impugnata con riguardo all'indicatore di inattendibilità delle dichiarazioni della M consistente nel fatto che questa «ha inequivocamente dichiarato di aver visto per la prima volta un'arma» in occasione dell'episodio avvenuto in presenza dei signori S, «quindi smentendo sé stessa posto che l'episodio del bar sarebbe avvenuto precedentemente e in quel momento avrebbe già visto una pistola». Il ricorrente lamenta il vizio di motivazione della sentenza impugnata anche in relazione all'indice di inattendibilità delle dichiarazioni delle parti civili costituito da quanto dichiarato dal testimone Angelo Raffaele M (fratello di R M) circa il fatto che la sorella, insieme al marito e al figlio, si erano trasferiti nella casa di Eredita, lasciando quella di Ogliastro (oggetto della contestata estorsione) non perché costretti dallo S ma per accudire gli anziani genitori». Un ulteriore vizio motivazionale riguarderebbe poi l'indicatore di inattendibilità delle dichiarazioni delle parti civili costituito dalle dichiarazioni del testimone C P, il quale aveva dichiarato di essere stato presente quando la M e il Garofalo proposero allo S di accettare il godimento di un immobile sito in Gioi a garanzia del loro debito, aggiungendo che la proposta fu effettuata senza alcuna costrizione. Il ricorrente denuncia infine il vizio motivazionale della sentenza impugnata con riguardo alla ritenuta inidoneità delle dichiarazioni della testimone G M a comprovare l'inattendibilità delle dichiarazioni delle parti civili, atteso che, «muovendo dal dato che le scritture dovevano unicamente consentire allo S di poter usufruire di quell'immobile senza pagare un fitto fin quando si sarebbe scontato il proprio credito non potrà ritenersi illogico il fatto di pulire la casa, così come dichiarato dalla Marano».
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