Cass. pen., sez. IV, sentenza 23/11/2022, n. 44583

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 23/11/2022, n. 44583
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 44583
Data del deposito : 23 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: IOFRIDA GIUSEPPE nato a CUNEO il 01/04/1974 avverso l'ordinanza del 09/12/2021 della CORTE APPELLO dì REGGIO CALABRIA udita la relazione svolta dal Consigliere V P;
lette le conclusioni ex art. 611 c.p.p. del PG in persona del Sostituto Proc. Gen. M D M, che ha chiesto il rigetto del ricorso e quelle dell'Avvocatura Generale dello Stato per il Ministero dell'Economia e delle Finanze, che ha chiesto il rigetto del ricorso, con vittoria di spese. A

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Reggio Calabria, con ordinanza del 9/12/2021, ha rigettato la richiesta di riparazione avanzata ex art. 314 cod. proc. pen., dall'odierno ricorrente IOFRIDA GIUSEPPE, in relazione all'asserita ingiusta deten- zione patita dal 10/1/2013 al 17/7/2014, in regime di custodia cautelare, in car- cere in quanto indagato per il reato di associazione mafiosa. Il ricorrente veniva prosciolto dall'accusa con sentenza del Tribunale di Locri del 17/7/2014, confermata in appello e divenuta irrevocabile il 12/1/2019. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, I G, deducendo, quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, co. 1, disp. att., cod. proc. pen. vizio di motivazione in relazione agli artt. 314 cod. proc. pen. e 43 cod. pen. Il ricorrente, dopo aver ricordato i principi da applicare in tema di riparazione per ingiusta detenzione, denuncia il mancato rispetto degli stessi da parte dell'im- pugnata ordinanza. Ci si duole della mancata indicazione, da parte dei giudici della riparazione, della condotta giustificativa dell'adozione del provvedimento restrittivo. Sostanzialmente, l'impugnato provvedimento avrebbe inteso soddisfare il proprio obbligo motivazionale esclusivamente con l'indicazione di alcuni passaggi tratti dalle sentenze di assoluzione, in particolare da quella del Tribunale di Locri. Tali passaggi vengono testualmente riportati in ricorso per evidenziarne l'irri- levanza. In particolare, in relazione al riferimento fatto all'utenza telefonica intestata a Panella Angela, si rileva che tale circostanza era riportata nell'informativa posta alla base del provvedimento restrittivo e poi valorizzata nello stesso provvedi- mento nonostante la stessa utenza fosse palesemente riportata sul biglietto da visita dell'indagato e fosse stata utilizzata per ben tre volte dagli stessi inquirenti per contattare lo I. Ci si duole dell'omessa valutazione delle SIT dalle quali emergerebbe chiara- mente che la condotta dell'indagato non giustificava alcun provvedimento restrit- tivo. Si lamenta l'avvenuta valorizzazione della circostanza relativa all'assunzione dei quattro operai da parte dello I. In realtà lo I -si legge in ricorso- si era limitato a segnalare i quattro operai, che erano poi stati assunti dallo Scavelli, presso la cui società l'odierno ricorrente svolgeva il ruolo di direttore tecnico. Inol- tre, gli stessi operai avevano già lavorato durante i lavori eseguiti presso la locale stazione dei carabinieri nonostante uno di loro fosse cugino della moglie di Mam- moliti Francesco. Si aggiunge, infine, che in relazione a tali soggetti la stessa Pro- cura di Reggio Calabria ha chiesto l'archiviazione in data 24/5/2013 con accogli- mento della stessa in data 26/6/2013. Il comportamento dello I, conclude il difensore ricorrente, era noto agli inquirenti e non necessitava di alcun intervento dell'autorità giudiziaria trattandosi di un professionista serio che lavorava anche con enti pubblici. Errata viene ritenuta anche la valorizzazione, ai fini dell'esclusione del diritto alla riparazione, dell'essersi l'indagato in sede di interrogatorio avvalso della fa- coltà di non rispondere. Chiede, pertanto, l'annullamento della ordinanza impugnata con tutte le con- seguenze di legge.

3. Il P.G. presso questa Corte Suprema in data 17/10/2022 ha rassegnato ex art. 611 cod. proc. pen. le proprie conclusioni scritte chiedendo il rigetto del proposto ricorso.

4. In data 4/10/2022 ha rassegnato le proprie conclusioni il Ministero dell'Economia e delle Finanze per mezzo dell'Avvocature Generale dello Stato che ha concluso per il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ancorché, come si dirà in seguito, appaia fondato il rilievo per cui, alla luce dello ius superveniens, non poteva essere valutato come impeditivo al chiesto in- dennizzo il silenzio serbato dall'imputato in sede di interrogatorio di garanzia, il provvedimento impugnato supera la c.d. "prova di resistenza" quanto ai residui motivi che hanno indotto la Corte palermitana al rigetto della richiesta di inden- nizzo e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato.

2. Il giudice della riparazione motiva in maniera ampia e circostanziata sui motivi del rigetto. L'art. 314 cod. pen., com'è noto, prevede al primo comma che "chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver com- messo il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita, qua- lora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave". In tema di equa riparazione per ingiusta detenzione, dunque, costituisce causa impeditiva all'affermazione del diritto alla riparazione l'avere l'interessato dato causa, per dolo o per colpa grave, all'instaurazione o al mantenimento della custodia cautelare (art. 314, comma 1, ultima parte, cod. proc. pen.);
l'assenza di tale causa, costituendo condizione necessaria al sorgere del diritto all'equa ri- parazione, deve essere accertata d'ufficio dal giudice, indipendentemente dalla deduzione della parte (cfr. sul punto questa Sez. 4, n. 34181 del 5/11/2002, Gua- dagno, Rv. 226004). In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo precisato che, in tema di presupposti per la riparazione dell'ingiusta detenzione, deve intendersi dolosa - e conseguentemente idonea ad escludere la sussistenza del diritto all'in- dennizzo, ai sensi dell'art. 314, primo comma, cod. proc. pen. - non solo la con- dotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametro dell' "id quod plerumque accidit" secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell'autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo (Sez. Unite n. 43 del 13/12/1995 dep. 1996, Sarnataro ed altri, Rv. 203637) Poiché inoltre, la nozione di colpa è data dall'art. 43 cod. pen., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del predetto primo comma dell'art. 314 cod. proc. pen., quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascura- tezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento dell'autorità giudiziaria che si sostanzi nell'adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso. In altra successiva condivisibile pronuncia è stato affermato che il diritto alla riparazione per l'ingiusta detenzione non spetta se l'interessato ha tenuto consa- pevolmente e volontariamente una condotta tale da creare una situazione di do- veroso intervento dell'autorità giudiziaria o se ha tenuto una condotta che abbia posto in essere, per evidente negligenza, imprudenza o trascuratezza o inosser- vanza di leggi o regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una prevedibile ragione di intervento dell'autorità giudiziaria che si sostanzi nell'a- dozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso (Sez. 4, n. 43302 del 23/10/2008, M, Rv. 242034). Ancora le Sezioni Unite, hanno affermato che il giudice, nell'accertare la sussistenza o meno della condizione ostativa al riconoscimento del diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione, consistente nell'incidenza causale del dolo o della colpa grave dell'interessato rispetto all'applicazione del provvedimento di cu- stodia cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriormente che successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generale, al momento della legale conoscenza della pendenza di un procedimento a suo carico (Sez. Unite, n. 32383 del 27/5/2010, D'Ambrosio, Rv. 247664). E, ancora, più recente- mente, il Supremo Collegio ha ritenuto di dover precisare ulteriormente che in tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, ai fini del riconoscimento dell'inden- nizzo può anche prescindersi dalla sussistenza di un "errore giudiziario", venendo in considerazione soltanto l'antinomia "strutturale" tra custodia e assoluzione, o quella "funzionale" tra la durata della custodia ed eventuale misura della pena, con la conseguenza che, in tanto la privazione della libertà personale potrà consi- derarsi "ingiusta", in quanto l'incolpato non vi abbia dato o concorso a darvi causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacché, altrimenti, l'inden- nizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria funzione riparatoria, dissol- vendo la "ratio" solidaristica che è alla base dell'istituto (così Sez. Unite, n. 51779 del 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606, fattispecie in cui è stata ritenuta colpevole la condotta di un soggetto che aveva reso dichiarazioni ambigue in sede di inter- rogatorio di garanzia, omettendo di fornire spiegazioni sul contenuto delle conver- sazioni telefoniche intrattenute con persone coinvolte in un traffico di sostanze stupefacenti, alle quali, con espressioni "travisanti", aveva sollecitato in orario not- turno la urgente consegna di beni).
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