Cass. civ., SS.UU., sentenza 18/09/2002, n. 13665
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Le controversie in materia di accertamenti sanitari dell'invalidità civile espletati dalle competenti commissioni mediche appartengono al giudice ordinario, come espressamente previsto dall'art. 1, comma ottavo, della legge 15 ottobre 1990, n. 295, non solo quando il riconoscimento di tale qualità è funzionale all'erogazione delle prestazioni assistenziali di contenuto pecuniario (di cui alle leggi 30 marzo 1971, n. 118 e 11 febbraio 1980, n. 18), ma anche quando l'interessato deduca l'esistenza della propria condizione invalidante ai fini del collocamento obbligatorio a norma della legge 2 aprile 1968, n. 482 (la cui disciplina è ora sostituita da quella recata dalla legge 12 marzo 1999, n. 68), e ciò stante la simmetrica corrispondenza dell'ambito della disposta attribuzione giurisdizionale con quello della competenza delle commissioni mediche, alle quali, ai sensi del comma primo del medesimo art. 1 della legge n. 295 del 1990 (e della successiva legislazione confermativa), è devoluto l'accertamento della condizione di minorazione anche per usufruire di benefici diversi da quelli dell'attribuzione di pensioni, assegni o indennità, ed atteso che tale accertamento è in ogni caso espressione di discrezionalità tecnica e non amministrativa, essendo le dette commissioni prive di poteri autoritativi a cui possa contrapporsi un interesse legittimo del soggetto privato.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. N M - Primo Presidente -
Dott. A F - Presidente di sezione -
Dott. A G - Presidente di sezione -
Dott. E R - Consigliere -
Dott. A C - Consigliere -
Dott. M G L - Consigliere -
Dott. R M T - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
Dott. S ETA - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DEL TESORO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- ricorrente -
contro
LAMANUZZI ANGELA;
- intimata -
avverso la sentenza n. 4742199 del Tribunale di MILANO, depositata il 15/05199;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07106/02 dal Consigliere Dott. S E;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R P che ha concluso per il rigetto dei primi due motivi del ricorso. Rimessione atti alla sezione lavoro.
Svolgimento del processo
Con quattro motivi di ricorso, il Ministero del Tesoro chiede la cassazione della sentenza, depositata in cancelleria il 15 maggio 1999, con la quale il Tribunale di Milano, in sede d'appello, ha confermato la decisione del locale pretore, recante, previa affermazione della legittimazione passiva del Ministero stesso, l'accertamento dello status di invalida civile in capo alla sig.ra Angela Lamanuzzi, al fine della sua iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio.
L'intimata non si è costituita.
I primi due motivi di ricorso propongono, anche attraverso la denuncia di vizi di motivazione, l'eccezione di difetto di giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria, in base al rilievo che, con riguardo a controversie in tema di assunzioni obbligatorie e nella fase concernente l'accertamento della condizione psicofisica dell'interessato questi è titolare di meri interessi legittimi, mentre l'insorgenza dello status di invalido, come fonte di diritti soggettivi, si verifica solo a seguito e per effetto dell'iscrizione negli appositi elenchi.
Con gli altri due motivi di ricorso il Ministero del Tesoro nega la sussistenza della propria legittimazione passiva. Motivi della decisione
I primi due motivi di ricorso, in relazione ai quali sussiste la competenza delle Sezioni unite, non sono fondati.
La materia delle assunzioni obbligatorie era disciplinata, nel periodo in cui si svolsero i fatti di causa e fu proposta (7 marzo 1995) la domanda alla Commissione medica presso la USL n. 66 di Cinisello Balsamo, dalla legge 2 aprile 1968 n. 482, la quale è stata poi espressamente abrogata dall'art. 22, lett. a, l. 12 marzo 1999 n. 68. L'attuale disciplina, contenuta in quest'ultima legge, non è, quing applicabile nel presente processo ratione temporis. A norma della legge previgente, dunque, potevano essere assunti obbligatoriamente dalle aziende private o dalle amministrazioni pubbliche soggetti versanti in situazioni di svantaggio e appartenenti a diverse categorie (invalidi di guerra, invalidi civili di guerra, invalidi per servizio, invalidi del lavoro, ecc.), tra cui quella degli invalidi civili, ossia di coloro che per minorazione fisica avessero subito la riduzione delle capacità lavorativa in misura superiore al quarantacinque per cento (art. 5, modif. dall'art. 7 comma 1 d.lgs. 23 novembre 1988 n. 509). Tale minorazione doveva essere accertata da una commissione medica operante nell'ambito di ciascuna unità sanitaria locale, ai sensi dell'art. 1, comma 2, l. 15 ottobre 1990 n. 295 la quale funzionava non solo ai fini dell'attribuzione di pensioni, assegni, o indennità a carico di pubbliche amministrazioni ma anche "per usufruire di benefici diversi da quelli innanzi indicatì" (art. 1 cit., comma 1).
La competenza delle commissioni mediche ad accertare le minorazioni fisiche, non soltanto ai fini di corresponsione di prestazioni in denaro, fu confermata con la legge 5 febbraio 1992 n. 104 (legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i
diritti delle persone handicappate), la quale, allo scopo di assicurare la massima autonomia possibile alla persona minorata ed il suo recupero funzionale e sociale (art. 1), previde l'integrazione delle commissioni stesse con un operatore sociale e con un esperto dei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali (art. 4).
Ulteriore conferma venne d all'art. 11 della legge 24 dicembre 1993 n. 537 (interventi correttivi in materia di finanza pubblica),
il quale (comma 1, lett. b) distinse fra il procedimento di accertamento sanitario, ossia di accertamento della minorazione, e procedimento "per la concessione delle provvidenze" ossia per il riconoscimento del diritto (estraneo alla materia qui controversa) a prestazioni assistenziali pecuniarie, ma mantenne per il primo la competenza de qua, attribuendo ai prefetti la competenza per il secondo.
Che questa disposizione si riferisse non solo alle prestazioni ora dette ma anche alle assunzioni obbligatorie risulta letteralmente, e ad abundantiam, dal suo comma 4, che riguardava le successive verifiche dello stato di invalidità e prevedeva, in caso di esito negativo, tanto la perdita dei benefici in denaro ("ratei") quanto la risoluzione di diritto dei contratti di lavoro, stipulati obbligatoriamente anche con "enti o imprese private". Nè rileva, ai fini che qui interessano l'abrogazione di questo comma ad opera dell'art. 4, comma 3 nonies, d.l. 20 giugno 1996 n. 323, conv. in l. 8 agosto 1996 n. 425 (disposizioni urgenti per il risanamento della
finanza pubblica).
Di "competenti commissioni per il riconoscimento
dell'invalidilà civile" è, ancora, menzione nell'art. 1, comma 1, lett. a) della legge 12 marzo 1999 n. 68. Unitariamente, infine, la
categoria delle controversie "in materia di invalidità" è stata contemplata, ai fini della sua esclusione dall'ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo relativamente ai pubblici servizi, dall'art. 33, secondo comma, lettera e) del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205.
Le norme esaminate dimostrano con chiarezza la sussistenza di una "competenza generale" delle commissioni mediche, non limitata, cioè, all'accertamento delle condizioni legittimanti l'erogazione delle provvidenze di cui alle leggi n. 118 del 1971 e n. 18 del 1990. Ed in effetti una siffatta competenza è evocata anche dalla Corte costituzionale nella sentenza 20 maggio 1996 n. 156. A tanto consegue che la disposizione di cui all'art. 1, comma 8, della citata legge n. 295 del 1990, espressamente attributiva al
giudice ordinario delle controversie relative agli accertamenti espletati dalle commissioni mediche, deve essere interpretata nel senso della simmetrica corrispondenza dell'ambito di tale attribuzione con quello della suddetta competenza, vale dire comprendendo nel novero delle menzionate controversie anche quelle in tema di condizione invalidante fatta valere al fine del collocamento. Del resto è agevole rilevare, da un lato, che secondo il costante orientamento della giurisprudenza di queste Sezioni unite circa la natura dell'attività delle suddette commissioni, ad esse compete una discrezionalità tecnica, non amministrativa, ossia non spetta alcun potere autoritativo a cui possa contrapporsi un interesse legittimo del soggetto privato, tutelabile solo attraverso la giurisdizione amministrativa (cfr., da ultimi la sentenza 24 agosto 1999, n. 591);e. dall'altro lato, che una siffatta attività di mero accertamento e valutazione puramente tecnica, svolta dalle commissioni, è ontologicamente sempre la medesima sia che serva al riconoscimento o alla negazione del diritto a pensione o ad assegno di invalidità civile, ecc., sia che si configuri come strumentale al collocamento obbligatorio ex l. n. 482 del 1968. In particolare, tale ultima considerazione, giustificata dalla descritta evoluzione del quadro normativo di riferimento, è anche conforme a specifici precedenti di queste Sezioni unite, costituiti dalle sentenze 17 dicembre 1999 n. 911 e 25 luglio 2000, n. 522, mentre inutilmente l'Amministrazione ricorrente fonda il proprio contrario assunto sul richiamo alla sentenza 3 aprile 1989 n. 1590, pronunciata prima dell'entrata in vigore della legge n. 295 del 1990. Ugualmente non rileva in senso contrario il principio sancito dalla sentenza 27 maggio 1999, n. 302, la quale, pur distinguendo fra fase anteriore all'accertamento dell'invalidità e fase successiva, si limita a stabilire, coerentemente con un consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, che un diritto soggettivo all'assunzione sorge in capo all'invalido, solo per effetto dell'atto di avviamento obbligatorio, laddove la questione di giurisdizione posta col ricorso in esame attiene al diverso aspetto della riconoscibilità (affermata dalle Sezioni unite con sentenze 3 agosto 2000, n. 529 e 12 luglio 2000, n. 483), nella condizione dell'invalido stesso, di un vero e proprio status, di fronte al quale gli organi amministrativi hanno solo poteri di certazione, controllabili dal giudice ordinario.
Alla stregua delle superiori considerazioni, deve concludersi osservando che, nel caso di specie, controvertendosi sulla sussistenza dell'invalidità in misura, così grave da giustificare l'iscrizione dell'attore nell'elenco in questione, bene il Tribunale ha ritenuto di potere decidere la causa nel merito, presupponendone la soggezione alla giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria.
Esaurito in tali sensi lo scrutino dei motivi di propria competenza, le Sezioni unite rimettono, ai sensi dell'art. 142, disp. att. cod. proc civ., l'esame dei residui motivi di ricorso (i quali implicano la soluzione della questione circa la sussistenza o meno della legittimazione passiva del Ministero ricorrente, che è questione chiaramente subordinata a quella di giurisdizione, solo il giudice dotato di potestas judicandi potendo stabilire se in giudizio sia presente la giusta parte) alla Sezione lavoro, competente ratione materiae, ai sensi dell'art. 19 della legge 11 agosto 1973, n. 533.