Cass. civ., sez. I, ordinanza 15/01/2020, n. 727
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In tema di appalto di opere pubbliche, la riserva della quale l'appaltatore è onerato al fine di evitare la decadenza da domande di ulteriori compensi, indennizzi o risarcimenti, richiesti in dipendenza dello svolgimento del collaudo, non assurge ad atto di costituzione in mora, con la conseguenza che gli interessi sulle somme effettivamente dovute da parte della P.A. vanno liquidati con decorrenza dalla data della domanda introduttiva del giudizio, quale unico momento all'uopo rilevante, in quanto è allo stesso appaltatore consentito di attivarsi per la relativa proposizione.
Sul provvedimento
Testo completo
00727/2020 REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE PRIMA SEZIONE CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati Oggetto PIETRO CAMPANILE Presidente APPALTO OPERE PUBBLICHE UMBERTO L.C.G. SCOTTI Consigliere Rel. M MI Consigliere Ud. 15/10/2019 CC CLOTILDE PARISE Consigliere Cron. 724 R CZO Consigliere R.G. N. 11413/2015 0.6251 ORDINANZA sul ricorso 11413/2015 proposto da: Rete Ferroviaria Italiana Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Principessa Clotilde 2, presso lo studio dell'avvocato A C che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale a margine del ricorso, -ricorrente -
contro
Ing. M & C Impresa Generale Costruzioni Spa, Liquidazione Società Ing. M & C Impresa Generale Costruzioni Spa,
- intimati -
nonchè
contro
Fintecna Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma Via Ludovisi 35, presso lo ORD studio dell'avvocato R D che lo rappresenta e difende 3738 2019 unitamente all'avvocato M P, in forza di procura speciale in calce al controricorso, -controricorrente avverso la sentenza n. 1599/2014 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 10/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/10/2019 dal Consigliere UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI FATTI DI CAUSA 1. Con atto di citazione notificato il 22/12/1992 la Ing.M & c. Impresa Generale di Costruzioni s.p.a. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma l'Ente Ferrovie dello Stato, ora Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (di seguito, semplicemente, RFI) al fine di ottenerne la condanna al pagamento della somma di £ 2.823.300.000, relativamente a sei riserve iscritte in contabilità e rigettate dal committente relativamente all'appalto del 15/6/1981, avente ad oggetto la realizzazione dei lavori del tratto di sede ferroviaria fra i km.3+780 e 5+660 del cavalcavia di Orte, prevista nell'ambito del progetto del raddoppio di linea tra le stazioni di Orte e Nera Montoro. Le Ferrovie dello Stato si sono costituite in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree. Con sentenza non definitiva n.17736 del 15/5/2001 il Tribunale di Roma ha rigettato le richieste istruttorie dell'attrice, ha respinto le domande dell'impresa relative alle riserve n.2 e n.3, ha condannato la convenuta al pagamento a favore dell'attrice della somma di £ 220.019.000 in relazione alla riserva n.1, della somma di £ 210.823.740 in relazione alla riserva n.4 e di £ 53.939.500 in relazione alla riserva n.5, per la somma complessiva di £ 484.782.240, oltre interessi legali. Quanto alla riserva n.6, ritenuta non provata, il Tribunale ha ordinato la rimessione della causa sul ruolo, disponendo consulenza tecnica d'ufficio. La convenuta ha formulato riserva d'appello all'udienza del 12/11/2001 ed è stata espletata la disposta c.t.u. Con sentenza definitiva n.9972 del 4/5/2005 il Tribunale ha condannato la convenuta al pagamento dell'ulteriore importo di € 397.691,35, oltre interessi e spese processuali e di c.t.u.
2. RFI ha proposto appello contro entrambe le sentenze di primo grado, non definitiva e definitiva, a cui ha resistito l'appellata attrice, proponendo appello incidentale. Nel giudizio di secondo grado è intervenuta la s.p.a. Fintecna, cessionaria del credito vantato da Ing. M & c. s.p.a., per effetto di cessione comunicata in data 12/7/2001. La Corte di appello di Roma, con sentenza non definitiva n.4755 del 10/11/2011, ha accolto il gravame principale di RFI, rigettando le domande proposte da Ing. M & c. s.p.a. con riferimento alle riserve n.1, 4 e 5, e ha respinto il gravame fam incidentale dell'attrice con riferimento alle riserve n.2 e n.3;
la Corte ha quindi disposto con separata ordinanza l'ulteriore prosecuzione del giudizio, quanto alla riserva n.6, al cui proposito ha ritenuto necessari ulteriori accertamenti tecnici. All'esito di tali incombenti e sulla scorta dell'espletata consulenza tecnica, con sentenza del 10/3/2014 n.1599, ha riconosciuto all'attrice lavori extracontrattuali eccedenti il quinto d'obbligo per l'importo di £ 419.809.832, rivalutati al prezzo di mercato e decurtato il prezzo già corrisposto, e ha conseguentemente condannato RFI a pagare la somma di £ 333.428.731, pari ad € 172.200,18, oltre rivalutazione e interessi per i titoli di cui alla riserva n.6. 3 3. Con atto notificato il 24/4/2015 RFI ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza definitiva n.1599 del 10/3/2014 e, per quanto di ragione, della sentenza parziale n.4755 del 19/10/2011, svolgendo due motivi. Con atto notificato il 4/6/2015 ha proposto controricorso Fintecna, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell'avversaria impugnazione. Le parti intimate Ing.M & C. Impresa Generale di Costruzioni s.p.a. e Liquidazione della Ing. M & C. Impresa Generale di Costruzioni s.p.a. non si sono costituite in giudizio. Entrambe le parti hanno depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art.360, n.3 e n.5, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione dell'art.112 cod. proc. civ., error in procedendo e in iudicando, nonché omessa motivazione, violazione e falsa applicazione dell'art.344 della legge 20/3/1865 n.2248 all.F, dell'art. 1325 cod.civ., degli artt. 1632 e seguenti cod.civ. in relazione all'art.15 del Capitolato generale amministrativo di appalto, nonché motivazione erronea e carente.
1.1. Secondo la ricorrente, la Corte territoriale era incorsa nelle indicate violazioni perché, insorto contrasto fra le parti, committente e appaltatore, circa l'inferiorità al «quinto d'obbligo>> ex art.344 della legge 20/3/1865 n.2248, all.F, delle ulteriori opere ordinate dalla committente, in difetto di nuovo accordo, l'impresa M non avrebbe avuto alcuna alternativa tra l'eseguire le opere, senza sovraprezzi, compensi o indennità aggiuntive ovvero il chiedere la risoluzione del contratto;
poiché l'appaltatore aveva comunque eseguito le opere richieste, ritenute eccedenti il quinto d'obbligo, senza chiedere la risoluzione, non poteva pretendere dalla committente il compenso di quanto eseguito a prezzi di mercato. 4 La Corte di appello aveva travalicato la portata della censura mossa con il motivo di appello, facendo riferimento all'art. 15, commi 2 e 4, del Capitolato generale di appalto e non già all'art.344 della legge fondamentale sui lavori pubblici, invocato dalla parte appellante. In secondo luogo, alla luce del predetto art.344 per il riconoscimento di ulteriori compensi in relazione ai lavori eccedenti il quinto d'obbligo sarebbe stato necessario un nuovo accordo, in concreto non intercorso. Mcava poi completamente nella sentenza impugnata la motivazione circa il fondamento contrattuale dell'accordato compenso dei lavori sulla base dei prezzi di mercato. Infine l'art.15 del Capitolato generale amministrativo di appalto richiamava espressamente l'art.344 e si limitava a specificare le modalità di determinazione del quinto d'obbligo (con l'esclusione delle opere di fondazione) senza incidere sulla regolamentazione generale delle conseguenze della richiesta dei lavori aggiuntivi.
1.2. E' ormai accertato, in forza della sentenza definitiva di secondo grado, che RFI ha richiesto all'impresa appaltatrice lavori aggiuntivi in misura superiore al cosiddetto quinto d'obbligo, al netto della «neutralizzazione» contrattualmente pattuita con l'art.15 del Capitolato generale amministrativo di appalto, che considerava a tal fine ininfluenti i lavori inerenti ad opere di fondazione. Non a caso, il contrasto fra le parti era insorto circa il valore delle maggiori opere richieste all'impresa per opere di fondazione (maggiore, secondo la committente, che le valutava in £ 659.640.000;
minore, secondo l'appaltatrice, che le valutava in £ 18.636.212);
ovviamente il contrasto si ripercuoteva sull'entità del «quinto d'obbligo», proprio perché le richieste di maggiori lavori per opere di fondazione erano a tal fine neutralizzate dalla clausola contrattuale. 5 Risolta la disputa sostanzialmente in favore della tesi dell'Impresa, poiché la stima peritale delle opere di fondazione si attestava sulla somma di £ 26.335.000 (decisamente prossima agli assunti della M), è stato consequenzialmente accertato dalla Corte territoriale e non risulta più contestato da RFI, che anzi fonda il proprio ricorso proprio anche su tale circostanza, che il committente aveva preteso dall'impresa l'esecuzione di opere eccedenti il quinto d'obbligo. La tesi ora proposta dalla ricorrente, fondata sul mancato esercizio da parte dell'appaltatore del diritto potestativo di chiedere la risoluzione del contratto, è che l'impresa appaltatrice non poteva pretendere dalla committente il compenso delle opere richieste ed effettivamente eseguite, pur eccedenti il quinto d'obbligo, a prezzi di mercato. fom ديبال Al proposito la controricorrente Fintecna obietta le norme ex adverso invocate escludono che i lavori comunque eseguiti dall'appaltatore oltre il quinto d'obbligo possano rientrare nel contenuto del contratto originario e che per essi non spettino compensi aggiuntivi. La controricorrente stigmatizza inoltre la fallacia degli avversari assunti secondo i quali nessun compenso sarebbe dovuto all'appaltatore che abbia, previa opportuna e inequivocabile contestazione, comunque eseguito i lavori illegittimamente ordinati dalla committente.
1.3. L'art.344 della legge fondamentale sui lavori pubblici 20/03/1865 n. 2248, allegato F [abrogato dall'articolo 358, comma 1, lettera a), del d.p.r. 5/10/2010, n. 207, come successivamente ribadito dall'articolo 217, comma 1, lettera a), del d.lgs. 18/4/2016, n. 50], applicabile ratione temporis, prevedeva per il caso del verificarsi in corso di esecuzione dell'appalto un aumento od una diminuzione di opere, l'appaltatore fosse obbligato ad assoggettarvisi fino a concorrenza del quinto del prezzo di appalto alle stesse condizioni del contratto, mentre al di là di questo limite egli avesse diritto alla risoluzione del contratto. L'appaltatore ha pertanto l'obbligo di eseguire le opere richiestegli in variante dalla stazione appaltante entro il limite del quinto (in più o in meno) del prezzo di appalto, senza che gli spettino compensi o indennità aggiuntive, salvo, beninteso, il corrispettivo dei lavori corrispondenti alle richieste varianti o addizioni alle stesse condizioni del contratto originario, come chiarivano espressamente l'art.10 comma del Regolamento recante il capitolato generale d'appalto dei lavori pubblici di cui al d.m. 19/04/2000 n. 145 (poi abrogato dall'art. 358, comma 1, lettera e), del d.p.r. 5/10/2010, n. 207) e l'art.161, comma 12, del Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo Com 12/4/2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE» (a sua volta abrogato dall'articolo 217, comma 1, lettera u), numero 2), del d.lgs. 18/4/2016, n. 50. Tali norme espressamente puntualizzavano che la stazione appaltante durante l'esecuzione dell'appalto poteva ordinare una variazione dei lavori fino alla concorrenza di un quinto dell'importo dell'appalto, e l'appaltatore era tenuto ad eseguire i variati lavori agli stessi patti, prezzi e condizioni del contratto originario, senza diritto ad alcuna indennità ad eccezione del corrispettivo relativo ai nuovi lavori. Tale vicenda contrattuale doveva essere letta come una mera espansione del contratto originario, che restava valido ed efficace: il principio si fondava sul presupposto che l'appaltatore con la sua accettazione di eseguire certi lavori per un determinato corrispettivo non subisse pregiudizio per la richiesta di variarne l'importo entro il limite del quinto, considerato percentuale tollerabile di scostamento in relazione alla predisposizione dell'organizzazione e delle attrezzature dell'appaltatore. 7 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di appalto pubblico ed in applicazione dell'art. 344 della legge n. 2248 del 1865, all. F), nonché dell'art. 14 del d.p.r. n. 1063 del 1962, qualora