Cass. pen., sez. II, sentenza 02/08/2019, n. 35498
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a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: LO CONTE ANTONIO nato a MONTECALVO IRPINO il 19/07/1935 avverso l'ordinanza del 25/03/2019 del TRIB. LIBERTA' di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE C;sentite le conclusioni del PG E C, la quale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;Udito il difensore Avv. P G A, in sostituzione dell'Avv.A L, la quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso;(`) RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 25 marzo 2019, il Tribunale di Napoli, in accoglimento dell'appello del Pubblico ministero, annullava l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Benevento e, in relazione ai reati di cui agli artt. 56, 629 cod.pen. e 132 comma 1 d.lgs. 385/93 contestati a L C A, disponeva nei confronti dello stesso la misura dell'obbligo di dimora nel comune di residenza e l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. 1.1 Avverso l'ordinanza ricorre per cassazione il difensore di L C, osservando che gli elementi posti a fondamento della misura consistevano nelle denunce dei coniugi L C-Finizza, nelle loro dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria e nelle registrazioni di conversazioni effettuate dagli stessi denuncianti e da costoro fornite alla Polizia giudiziaria: pertanto, non poteva ravvisarsi il requisito della gravità degli indizi basandosi esclusivamente su elementi autoprodotti dai denuncianti, non proprio disinteressati all'eventual0Daralisi che poteva derivare dal procedimento penale alle legittime pretese creditorie dell'indagato nei confronti di F M, genitore della denunciante F C e déi suocerolo C D. 1.2 Il difensore eccepisce inoltre che il tribunale aveva ritenuto la sussistenza del reato dal fatto che l'indagato aveva chiesto il soddisfacimento di un debito altrui (in capo a F M, legato da vincoli di stretta parentela con i denuncianti), che la pretesa creditoria era ricompresa in una pregressa attività illecita di usura, pertanto non azionabile in sede giudiziaria, in danno dell'originario creditore e che era stato paventato ai denuncianti un ingiusto danno dalla partecipazione all'asta giudiziaria;quanto al primo aspetto, non era stato considerato che la pretesa rientrava nello schema civilistico dell'espromissione ex art. 1272 cod.civ., in quanto l'indagato non aveva fatto altro che proporre ai denuncianti di assumersi un debito altrui (ovviamente, se si fosse raggiunto l'accordo in tal senso, l'indagato non avrebbe partecipato all'asta giudiziaria in quanto si sarebbe ritenuto soddisfatto del credito);quanto al secondo aspetto, non rispondeva al vero che il credito vantato dal ricorrente nei confronti di F M fosse afferente ad attività di usura, in quanto la re rt t denuncia inoltrata in tal senso non aveva avuto alcun esito iii_LEI.U.Jarrt-cy ritenuta infondata e nessuna prova vi era della illiceità del credito vantato nei confronti di F M;quanto al terzo aspetto, non poteva affermarsi che la partecipazione ad un'asta giudiziaria avrebbe rappresentato un danno ingiusto, ovvero una costrizione tale da annullare o coartare la volontà dei denuncianti per indurli ad assumersi il debito di un familiare (i denuncianti non vantavano alcun diritto sull'immobile oggetto d'asta e L C Domenico partecipò attivamente all'asta, mentre non aveva partecipato l'indagato, ma la moglie);sul punto appariva certamente più corretta la qualificazione giuridica del giudice per le indagini preliminari, che aveva ritenuto esservi un caso di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
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