Cass. civ., SS.UU., sentenza 18/09/2017, n. 21545
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiMassime • 1
La cognizione dell'impugnazione della delibera che ha determinato i criteri generali dell'entità dei canoni concessori c.d. convenzionali - dovuti a titolo di riconoscimento del diritto di proprietà dell'ente locale su un bene oggetto di concessione - non rientra nella giurisdizione ordinaria, ma in quella amministrativa, non concernendo la controversia la mera debenza del canone, dell'indennità o del corrispettivo ma i presupposti generali della quantificazione del canone approvati con un atto generale amministrativo e, quindi, i poteri valutativo-discrezionali esercitati dall'amministrazione comunale, con una scelta che, implicando anche una valutazione comparativa degli interessi generali, non ha natura solo patrimoniale e, pertanto, non è direttamente inquadrabile in un rapporto di tipo paritario tra P.A. concedente e concessionario del bene o del servizio pubblico secondo lo schema "obbligo-pretesa". (Nella specie, la S.C. ha cassato senza rinvio la sentenza della Commissione tributaria regionale, ritenendo la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, essendo stata impugnata la delibera comunale che aveva aumentato i canoni di concessione annui degli impianti pubblicitari privati siti nel territorio del comune).
Sul provvedimento
Testo completo
21545\ 17 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Oggetto: Giurisdizione. Canone concessorio e CIMP. Composta da Differenze. Giurisdizione R R Primo Presidente f.f. Presidente di Sezione R.G.N. 25647/2013 G A - Presidente di Sezione Cron. 21545 S P - Consigliere Rel. Bielli Stefano Bruno Bianchini - Consigliere - R M D V - Consigliere - UP 23/05/2017 A M - Consigliere - C. I. Pasquale D'Ascola · Consigliere - 4 Gius. L B Consigliere - 8 ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 25647/2013 R.G. proposto da Comune di BOLOGNA, con sede a Bologna (BO), piazza Maggiore n. 6, in persona del Sindaco pro tempore dottor V M, rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall'avv. M Z, con domicilio eletto in Roma, via Monte Zebio n. 37, presso lo studio dell'avv. M F;
- ricorrente -
contro s.r.l. CBS OUTDOOR (già s.r.l. Viacom Outdoor), con sede a Milano, via Paolo Bassi n. 9, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del controricorso, anche disgiuntamente, dagli avvocati G A I e F E, con domicilio eletto in Roma, via dei due Macelli n. 66, presso il loro studio;
373 7. 1 - controricorrente – avverso la sentenza n. 57/01/2013 della Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna, depositata il 7 giugno 2013, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23 maggio 2017 dal consigliere dottor S B;
udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore generale dottor T B, che ha concluso per l'accoglimento del motivo di ricorso relativo alla giurisdizione e per il rigetto nel merito del ricorso;
udito, per il Comune ricorrente, l'avvocato M Z, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito, per la controricorrente s.r.l. CBS OUTDOOR, l'avvocato Francesco Cerasi, su delega, F E, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1.- Con sentenza n. 57/01/2013, depositata il 7 giugno 2013 e non notificata, la Commissione tributaria regionale dell'Emilia-Romagna (hinc: «CTR») respingeva, compensando le spese di lite, l'appello proposto dal Comune di BOLOGNA (hinc: «Comune») nei confronti della s.r.l. CBS OUTDOOR (hinc: «s.r.l.») avverso la sentenza n. 33/15/2008 con la quale la ди Commissione tributaria provinciale di Bologna (hinc: «CTP»), in accoglimento del ricorso della s.r.l., aveva ordinato al Comune di rideterminare, sulla base della reale superficie di suolo pubblico occupata, il canone di concessione di cui all'impugnata delibera comunale n. 140/2005, con riferimento a 12 impianti pubblicitari retro illuminanti di tipo prismatof, denominati scroller, a disposizione della ricorrente. In punto di fatto, la CTR premetteva che: a) l'indicata s.r.l., in data 23 luglio 2004, aveva ottenuto dal Comune il rinnovo triennale delle «autorizzazioni» relative ai predetti impianti, subordinatamente al pagamento del «canone di concessione»;
b) il Comune, con la deliberazione n. 140/2005, aveva aumentato del 68% il «canone degli impianti privati fissi assegnati in concessione», commisurandolo non alla porzione di suolo occupata, ma alle dimensioni dell'impianto;
c) la s.r.l. aveva impugnato la delibera comunale davanti alla CTP, deducendo che il criterio di determinazione del canone 2 adottato dal Comune era in contrasto con il comma 7 dell'art. 9 del d.lgs. n. 503 del 1997;
d) il Comune aveva controdedotto eccependo l'inammissibilità del ricorso per incompetenza e per tardività;
e) il giudice adíto, rigettate le eccezioni pregiudiziali del resistente, aveva accolto il ricorso;
f) il Comune aveva interposto appello, chiedendo la sospensione cautelare dell'esecutività della sentenza di primo grado ed eccependo: la carenza di giurisdizione;
la violazione degli artt. 19 e 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, 5 della legge n. 2248 del 1865;
il travisamento ed erronea valutazione dei fatti;
la violazione di legge;
vizi di motivazione della sentenza;
g) entrambe le parti avevano riconosciuto che la CTP aveva erroneamente ricondotto il prelievo in discorso al COSAP (canone per l'occupazione di suoli e aree pubbliche»), invece estraneo alla controversia;
h) l'istanza cautelare del Comune era stata dichiarata inammissibile. Su queste premesse, la CTR, nel rigettare l'appello, osservava che: a) la CTP (come concordemente riconosciuto dalle parti) aveva erroneamente ricondotto il canone in contestazione al COSAP invece che al «canone per l'installazione di impianti pubblicitari» (CIMP);
b) l'errore, tuttavia, era irrilevante, perché la CTP aveva comunque correttamente fatto applicazione del comma 7 dell'art. 9 del d.lgs. n. 503 del 1997 (il quale, con riferimento alla pubblicità effettuata sui beni di proprietà comunale, prevede tre tipi di entrata comunale: imposta sulla pubblicità;
canone di affitto o di concessione;
COSAP), affermando che il «canone di concessione» va commisurato alla effettiva occupazione di suolo pubblico;
c) la proposta impugnazione della delibera comunale e di «ogni atto presupposto, conseguente e connesso», nella parte in cui l'aumento del canone era commisurato alla superficie espositiva degli impianti, era ammissibile e non sussisteva l'eccepito difetto di giurisdizione del giudice tributario, perché la CTP aveva correttamente applicato l'art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992, senza annullare la delibera, ma semplicemente disapplicandola in parte qua;
d) le deduzioni del Comune sul difetto di prova erano infondate, dato l'erroneo metodo di calcolo adottato dal Comune;
e) la già riconosciuta irrilevanza dell'errore commesso dalla CTP nel qualificare il 3 canone come COSAP rendeva infondate le deduzioni dell'appellante circa la contraddittorietà ed insufficienza motivazionale della sentenza di primo grado. 2.- Avverso la suddetta sentenza, il Comune (dichiarando un valore «indeterminabile») ha proposto ricorso per cassazione nei confronti della s.r.l., affidato a dieci motivi (di cui il terzo ed il sesto doppi) e notificato con plico spedito il 19 novembre 2013. Concludeva chiedendo, unitamente alla vittoria delle spese dell'intero giudizio, la cassazione della sentenza di appello: a) con dichiarazione o del difetto di giurisdizione del giudice tributario in materia di canone concessorio o della inammissibilità per tardività del ricorso di primo grado O dell'inammissibilità dell'impugnazione di un atto estraneo all'elenco degli atti impugnabili di cui all'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992 o della violazione delle norme di diritto indicate nei motivi di ricorso o della nullità della sentenza per omessa pronuncia o per vizi della motivazione;
b) con invito a questa Corte a decidere la causa nel merito ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., ovvero a rinviare la causa al giudice competente. 3.- La s.r.l. resiste con controricorso notificato con plico spedito il 22 dicembre 2013. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Il Comune propone cinque gruppi di motivi di ricorso. 1.1.- Con il primo motivo di ricorso, denuncia (in relazione all'art. 360, primo comma, n. 1, cod. proc. civ.), ai sensi degli artt. 37 cod. proc. civ. e 3 d.lgs. n. 546 del 1992, il difetto di giurisdizione del giudice tributario (già eccepito in appello) in ordine alle controversie (come quella di causa) relative al canone di concessione per impianti pubblicitari installati su beni appartenenti al Comune, ai sensi dell'ultima parte del comma 7 dell'art. 9 del d.lgs. n. 507 del 1993 (hinc: «canone concessorio»), devolute alla cognizione del giudice ordinario (analogamente al COSAP di cui all'art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997 e diversamente dall'imposta sulla pubblicità di cui agli artt. 1 e 5 del d.lgs. n. 446 del 1997 o dal CIMP di cui all'art. 62 del d.lgs. n. 446 del 1997). Con il secondo motivo di ricorso, viene denunciato (in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) il medesimo difetto di giurisdizione sotto il 4 profilo della violazione degli artt. 37 cod. proc. civ., 2, 3 e 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, 5 della legge n. 1034 del 1971, 3-bis del decreto-legge n. 203 del 2005 (quale convertito dalla legge n. 248 del 2005), 9, comma 7, del d.lgs. n. 507 del 1993, 23, 26, e 27 del d.lgs. n. 285 del 1992. Il Comune, con il terzo motivo di ricorso, denuncia (in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, o, in subordine, n. 4, cod. proc. civ.), in primo luogo l'omessa O insufficiente motivazione della sentenza circa l'affermata giurisdizione del giudice tributario;
in secondo luogo, subordinatamente, l'omessa pronuncia sulla predetta eccezione di difetto di giurisdizione. Lo stesso Comune, con il motivo «3-bis» di ricorso, denuncia (in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella versione attualmente vigente) l'omesso esame circa il fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti costituito dall'essere il canone concessorio sottratto alla giurisdizione della magistratura tributaria». -1.2. Il Comune, con il quarto motivo, denuncia (in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.), la contraddittorietà della sentenza di appello là dove afferma che la CTP, da un lato, aveva correttamente individuato l'oggetto della controversia nel canone concessorio (nonostante l'erroneo riferimento al COSAP) e, dall'altro, non aveva annullato la delibera comunale, ma solo disapplicata. -1.3. Il Comune, nel proporre un terzo gruppo di motivi, con il quinto motivo, proposto in subordine agli altri, denuncia (in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.), l'omessa pronuncia sull'eccezione di tardività del ricorso sollevata già in primo grado e nella quale era stato rilevato che il ricorso originario era stato notificato il 6 febbraio 2006 in relazione ad una delibera comunale adottata il 14 giugno 2005. Il ricorrente osserva che non ha alcuna rilevanza sulla fondatezza dell'eccezione la circostanza che il decreto-legge n. 203 del 2005 sia entrato in