Cass. pen., sez. II, sentenza 31/07/2018, n. 36880

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 31/07/2018, n. 36880
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 36880
Data del deposito : 31 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da LI MO nato a [...] il [...] avverso la sentenza n. 7805 della Corte d'Appello di Milano del 25.11.2016 Visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
Udita nella pubblica udienza del 27.4.2018 la relazione fatta dal Consigliere Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;
Udito il Sostituto Procuratore Generale in persona di Francesco Salzano, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
Udito il difensore avv. Guglielmo Panucci, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso e, in subordine, l'annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione del reato e l'estromissione della parte civile

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 25 novembre 2016 la Corte d'appello di Milano ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Vigevano il 17 aprile 2013, con cui LI MO, in atti generalizzato, è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia in relazione a una truffa aggravata ai danni di Papa Egle. Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione l'imputato personalmente, deducendo i seguenti motivi: 1) nullità del decreto di citazione a giudizio e degli atti successivi fino alla notifica del verbale di udienza del 9 gennaio 2013, contenente la modifica del capo di imputazione, non avendo l'imputato ricevuto gli atti del procedimento precedenti alla 'notifica della modifica dell'imputazione, non essendo egli mai stato presente nel luogo ove sono avvenute le notifiche e non essendo a lui riconducibili le firme apposte sulle relative raccomandate;
2) violazione dell'art. 6 CEDU nonché degli artt. 518 e 520 c.p.p., in quanto nella nuova imputazione, formulata all'udienza del 9 gennaio 2013, non sarebbero stati indicati gli articoli di legge violati, in contrasto con il menzionato art. 6, e non sarebbe stato applicato l'art. 518 c.p.p., pur in presenza di un fatto qualificato come diverso, con conseguente nullità della sentenza di primo grado ex art. 522 c.p.p.;
3) violazione dell'art. 526 c.p.p., per essere state utilizzate le dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa prima della modifica dell'imputazione;
4) violazione degli artt. 78 e ss. c.p.p. e manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte d'appello riconosciuto la pretesa della parte civile, pur non essendo intervenuta una nuova costituzione a seguito della modifica del capo di imputazione, e per avere condannato l'imputato al risarcimento del danno, pur non essendovi prova dell'appropriazione del denaro in oggetto. In data 18 aprile 2018 è pervenuta una memoria nell'interesse dell'imputato, con cui è stata eccepita la prescrizione del reato, maturata in epoca successiva alla sentenza di secondo grado. All'odierna udienza pubblica è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito;
all'esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi privi del requisito della specificità e, comunque, manifestamente infondati. Il ricorrente, infatti, reitera le doglianze sollevate con l'atto di appello e già disattese dalla Corte territoriale con argomentazioni immuni da vizi, sindacabili in questa sede.

1.1 Quanto al primo motivo, deve rilevarsi che la Corte di merito ha ritenuto che la notifica a mezzo posta del decreto di citazione in giudizio e degli atti successivi fino all'intervenuta modifica dell'imputazione fosse avvenuta correttamente, "come comprovato, peraltro, dagli avvisi di ricezione delle relative raccomandate, dallo stesso imputato sottoscritte, a nulla rilevando l'allegazione difensiva in ordine alla mancata ritualità dell'adempimento, per avere l'imputato disconosciuto l'autenticità delle firme ivi apposte, a lui asseritam ente non riconducibili, giacché per contestare tale risultanza l'imputato avrebbe dovuto (e non lo ha fatto) proporre querela di falso". Tale motivazione sfugge ad ogni censura, atteso che, in difetto di proposizione di querela di falso, devono ritenersi riconducibili all'imputato le firme apposte dal medesimo sugli avvisi di ricezione delle raccomandate, relative alle notifiche degli atti in questione, con conseguente correlata conoscenza degli atti

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