Cass. civ., sez. I, sentenza 21/02/2020, n. 04737
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altrimenti, «rimarrebbe un soggetto solo formalmente in essere, essendosi di fatto dissolto nelle derivazioni societarie». Nel caso di scissione totale - ha concluso al riguardo la pronuncia - «non è dato prospettare una mera vicenda modificativa (come nell'ipotesi della fusione per incorporazione) ricorrendo una vera e propria "dissoluzione" giuridica controbilanciata da un fenomeno successorio». 4.- Quanto al tema dello stato di insolvenza, la Corte territoriale ha osservato che, se è vero che «i processi verbali di accertamento dell'Agenzia delle Entrate siano provvisti di natura provvisoria», tuttavia nella specie «costituisce oggetto di contestazione un monte di operazioni, definite inesistenti, per un importo complessivo di grande rilievo»;
sì che il giudizio fallimentare può e deve tenere A' conto, nel contesto delle risultanze contabili, «di una situazione, di impronta negativa, di così vasta portata». Del resto — ha aggiunto la pronuncia -, lo stato di insolvenza risulta anche da altre circostanze: quale «l'entità delle insinuazioni effettuate prima della costituzione in giudizio del fallimento»;
quale, altresì, il montante dei debiti verso i fornitori, emerso a seguito di richieste formulate dal curatore. «Si tratta» - ha soggiunto ancora la Corte torinese - «di cifre imponenti, che danno contezza di una situazione connotata da un'incapacità ordinaria ad affrontare le obbligazioni scaturenti dall'attività di impresa». 5.- Avverso questa sentenza hanno presentato ricorso i signori L F, E C e G C, in proprio e quali amministratori della società scissa, nonché la stessa Cami s.p.a., svolgendo quattro motivi di cassazione. Ha resistito il fallimento, con controricorso. 6.- Entrambe le parti hanno anche depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
7.- I motivo di ricorso sono intestati nei termini qui di seguito riportati. Primo motivo: «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2506 cod. civ. e dell'art. 10 legge fall. in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1 n. 3». Secondo motivo: «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 10 legge fall. in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1 n. 3». Terzo motivo: «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 100 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1 n. 3».A-- Quarto motivo: «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 5 legge fall. in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1 n.
3. Errata od omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione». 8.- Il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso sono suscettibili di un esame unitario, posto che risultano tutti diretti a svolgere la tesi secondo cui, nel caso di scissione totale, la società scissa non delinea, per sua propria natura, una struttura, un centro di imputazione, o comunque una situazione o fenomeno, assoggettabile a fallimento. Con gli indicati motivi, dunque, i ricorrenti vengono in buona sostanza a volgere quattro gruppi di rilievi. 9.- Il primo consiste in ciò che la scissione non dà vita a un fenomeno successorio e perciò estintivo del soggetto di cui alla società scissa, come ritenuto dalla Corte torinese. In realtà, la stessa determina solo una «modificazione dell'atto costitutivo». A conforto di questa tesi rilevano, in specie, che la norma del comma 1 dell'art. 2506 cod. civ. definisce la scissione come un'«operazione di assegnazione del patrimonio»;
più in generale, affermano la pertinenza e opportunità di una «lettura estensiva - o quanto meno analogica - della disciplina della fusione». 10.- Il secondo gruppo rileva che la norma dell'art. 10 legge fall. concerne gli «imprenditori che cessano la loro attività». Nel caso della scissione (in genere e in specie in quella totale), invece, l'«attività continua senza soluzione di continuità in capo alle beneficiarie»: la «cancellazione della scissa coincide sostanzialmente con la costituzione delle nuove società». Di conseguenza, tale norma risulta non applicabile alla fattispecie, come per contro è stato ritenuto dalla Corte territoriale. 11.- Il terzo ordine di rilievi viene a richiamare la norma del comma 3 dell'art. 2506 bis cod. civ. Ad avviso dei ricorrenti, da questa disposizione si desume che (solo) le società beneficiarie rispondono in ;t- via solidale degli «elementi del passivo non desumibili dal progetto di scissione», pur se nel «limite del valore del patrimonio netto ad esse trasferito»;
«responsabilità che si aggiunge a quella solidale di cui all'art. 2506 quater cod. civ. per i debiti non soddisfatti dalla società a cui fanno carico». 12.- L'ultimo rilievo assume che è errata pure l'affermazione della sentenza impugnata circa
sì che il giudizio fallimentare può e deve tenere A' conto, nel contesto delle risultanze contabili, «di una situazione, di impronta negativa, di così vasta portata». Del resto — ha aggiunto la pronuncia -, lo stato di insolvenza risulta anche da altre circostanze: quale «l'entità delle insinuazioni effettuate prima della costituzione in giudizio del fallimento»;
quale, altresì, il montante dei debiti verso i fornitori, emerso a seguito di richieste formulate dal curatore. «Si tratta» - ha soggiunto ancora la Corte torinese - «di cifre imponenti, che danno contezza di una situazione connotata da un'incapacità ordinaria ad affrontare le obbligazioni scaturenti dall'attività di impresa». 5.- Avverso questa sentenza hanno presentato ricorso i signori L F, E C e G C, in proprio e quali amministratori della società scissa, nonché la stessa Cami s.p.a., svolgendo quattro motivi di cassazione. Ha resistito il fallimento, con controricorso. 6.- Entrambe le parti hanno anche depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
7.- I motivo di ricorso sono intestati nei termini qui di seguito riportati. Primo motivo: «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2506 cod. civ. e dell'art. 10 legge fall. in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1 n. 3». Secondo motivo: «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 10 legge fall. in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1 n. 3». Terzo motivo: «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 100 cod. proc. civ. in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1 n. 3».A-- Quarto motivo: «violazione e/o falsa applicazione dell'art. 5 legge fall. in relazione all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1 n.
3. Errata od omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione». 8.- Il primo, il secondo e il terzo motivo di ricorso sono suscettibili di un esame unitario, posto che risultano tutti diretti a svolgere la tesi secondo cui, nel caso di scissione totale, la società scissa non delinea, per sua propria natura, una struttura, un centro di imputazione, o comunque una situazione o fenomeno, assoggettabile a fallimento. Con gli indicati motivi, dunque, i ricorrenti vengono in buona sostanza a volgere quattro gruppi di rilievi. 9.- Il primo consiste in ciò che la scissione non dà vita a un fenomeno successorio e perciò estintivo del soggetto di cui alla società scissa, come ritenuto dalla Corte torinese. In realtà, la stessa determina solo una «modificazione dell'atto costitutivo». A conforto di questa tesi rilevano, in specie, che la norma del comma 1 dell'art. 2506 cod. civ. definisce la scissione come un'«operazione di assegnazione del patrimonio»;
più in generale, affermano la pertinenza e opportunità di una «lettura estensiva - o quanto meno analogica - della disciplina della fusione». 10.- Il secondo gruppo rileva che la norma dell'art. 10 legge fall. concerne gli «imprenditori che cessano la loro attività». Nel caso della scissione (in genere e in specie in quella totale), invece, l'«attività continua senza soluzione di continuità in capo alle beneficiarie»: la «cancellazione della scissa coincide sostanzialmente con la costituzione delle nuove società». Di conseguenza, tale norma risulta non applicabile alla fattispecie, come per contro è stato ritenuto dalla Corte territoriale. 11.- Il terzo ordine di rilievi viene a richiamare la norma del comma 3 dell'art. 2506 bis cod. civ. Ad avviso dei ricorrenti, da questa disposizione si desume che (solo) le società beneficiarie rispondono in ;t- via solidale degli «elementi del passivo non desumibili dal progetto di scissione», pur se nel «limite del valore del patrimonio netto ad esse trasferito»;
«responsabilità che si aggiunge a quella solidale di cui all'art. 2506 quater cod. civ. per i debiti non soddisfatti dalla società a cui fanno carico». 12.- L'ultimo rilievo assume che è errata pure l'affermazione della sentenza impugnata circa
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