Cass. pen., sez. III, sentenza 13/01/2023, n. 00918

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 13/01/2023, n. 00918
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 00918
Data del deposito : 13 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da C A, nato a Giulianova il 11-11-1958, avverso la sentenza del 10-04-2022 della Corte di appello di L'Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere F Z;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. Domenico A.R. Seccia, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;
udito l'avvocato G M G, difensore di fiducia dell'imputato, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso. v

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 13 gennaio 2022, la Corte di appello di L'Aquila confermava la decisione emessa dal Tribunale di Teramo il 26 novembre 2019, con la quale A C era stato condannato alla pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 5 del d. Igs. n. 74 del 2000, a lui contestato perché, quale titolare di partita iva esercente la attività di tinteggiatura e posa in opera di vetrate, ometteva di presentare, essendovi obbligato, la dichiarazione per l'anno di imposta 2011, evadendo l'irpef per un valore complessivo di 57.240,00 euro e l'iva per l'importo di 60.115 euro, fatto integrato in Teramo il 31 dicembre 2012. 3. Avverso la sentenza della Corte di appello abruzzese, C, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando quattro motivi. Con il primo, la difesa contesta la conferma del giudizio di colpevolezza dell'imputato, osservando che sia il Tribunale che i giudici di secondo grado non hanno tenuto conto che, in sede penale, non possono applicarsi le presunzioni legali o i criteri validi nel contenzioso tributario, essendo onere dell'accusa fornire la prova della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato;
nel caso di specie, sarebbe mancata la necessaria e specifica valutazione degli elementi indicati nell'accertamento induttivo dell'Agenzia delle Entrate, comportando ciò una sorta di inversione dell'onere della prova a svantaggio dell'imputato, che non può essere condannato solo sulla base dei risultati del cd. "spesometro". Con il secondo motivo, la difesa deduce il difetto di motivazione e la violazione dell'art. 64 comma 3 lett. B cod. proc. pen., eccependo in particolare l'inutilizzabilità del contegno non collaborativo dell'imputato quale indizio nell'accertamento del reato, non potendosi desumere neanche argomenti di prova da ciò che costituisce esercizio del diritto di difesa, pena la violazione degli art. 191 comma 2 cod. proc. pen., 2, 11, 13, 24, 27 comma 2, 111 e 117 Cost., 6 della C.E.D.U. e 14 comma 3 lett. G del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 16 dicembre 1966, reso esecutivo in Italia con la legge n. 881 del 1977, nonché dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. Il terzo motivo è riferito alla illogicità manifesta e alla contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui ha inteso ribadire la ricostruzione del fatto del primo giudice, il quale aveva indebitamente ritenuto non credibili le sei note di credito a storno parziale delle fatture emesse perché non vidimate, posto che la vidimazione è attualmente prevista solo per i libri sociali obbligatori ex art. 2421 cod. civ., mentre gli art. 8 della legge n. 383 del 2001 e 21 ss. del d.P.R. n. 633 del 1972 non prevedono la vidimazione delle note di credito, risultando peraltro la valutazione di tali documenti contraddittoria rispetto alla rilevanza decisiva attribuita alle mere presunzioni tributarie.9 Con il quarto motivo, infine, oggetto di doglianza è il mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen., rilevandosi in proposito che la condotta contestata era connotata da una minima offensività, atteso che l'evasione penalmente rilevante ammonta a poco più di 17.000 euro e non certo a 120.000 euro, come ritenuto dai giudici di merito, dovendosi fare riferimento non alle somme oggetto di evasione, ma al solo importo destinato ad assumere rilievo alla luce delle soglie di punibilità.
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