Cass. pen., sez. V, sentenza 06/06/2018, n. 25651

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 06/06/2018, n. 25651
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25651
Data del deposito : 6 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: OT RI nato il [...] a [...] avverso la sentenza del 11/10/2016 della CORTE APPELLO di TRIESTEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere

ANTONIO SETTEMBRE

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIOVANNI DI LEO, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Udito, per il ricorrente, l'avvocato CONTENTO MANLIO del foro di PORDENONE, che chiede accogliersi il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appello di Trieste ha, con la sentenza impugnata, confermato quella emessa dal giudice di prima cura, che aveva condannato TT IO per bancarotta fraudolenta patrimoniale commessa quale amministratore di fatto della CO Space srl, dichiarata fallita il 7/10/2009. Secondo la ricostruzione del giudicante l'imputato, operando nella qualità sopradetta, distrasse somme per 35.000 euro, corrisposte, mediante assegni, da debitori della società e destinati a scopi diversi da quelli sociali (gli assegni erano stati incassati da terze persone, a cui TT li aveva fatti pervenire).

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato con quattro motivi. Col primo lamenta l'erronea applicazione degli artt. 216 L.F., 42 e 43 del cod. pen., derivante dal fatto che è stato ravvisato il dolo di bancarotta in condotte appropriative poste in essere allorché gli esercizi economici della società risultavano positivi. Sottolineato che le appropriazioni risalgono a novembre-dicembre 2005 e a febbraio 2006, mentre il fallimento è dell'ottobre 2009, deduce che gli esercizi 2005, 2006 e 2007 si erano conclusi positivamente (l'esercizio 2005 aveva avuto un utile di € 89;
quello del 2006 una perdita di € 2.795;
quello del 2007 un utile di € 21.000. Tanto in una situazione caratterizzata dall'aumento del fatturato). Questo fatto, indebitamente svalutato dalla Corte d'appello, dimostra che TT non aveva la consapevolezza di ledere la garanzia dei creditori, sicché mancherebbe la prova del dolo richiesto dalla fattispecie. Di tanto è prova la circostanza che i giudici hanno assolto il coimputato CH (amministratore di diritto) dall'accusa di avere - astenendosi dal richiedere il fallimento in proprio - aggravato il dissesto societario proprio perché la consapevolezza dell'insolvenza societaria era stata collocata - in capo a CH - a ridosso della dichiarazione di fallimento, mentre TT è stato assolto dalla medesima imputazione perché allontanato dalla società nel 2007. Col secondo motivo lamenta la violazione dell'art. 649 cod. proc. pen., giacché per il medesimo fatto (l'appropriazione della somma di € 35.000) TT è già stato giudicato e assolto dal Tribunale di Pordenone con sentenze passate in giudicato il 24/7/2012 (il reato contestato era quello di cui all'art. 646 cod. pen.). Col terzo motivo deduce un vizio di motivazione concernente il dolo di bancarotta. Sottolineato che la stessa sentenza ha confermato l'assoluzione di CH e TT - pronunciata dal primo giudice - per il reato di bancarotta semplice (l'aver aggravato il dissesto ritardando la dichiarazione di fallimento) ritenendoli inconsapevoli "circa una eventuale situazione di sofferenza dell'impresa", è contraddittorio affermare, poi, che fosse prevedibile, all'epoca delle appropriazioni, una situazione di insolvenza appalesatasi nell'ottobre 2009: vale a dire, dopo l'allontanamento di TT dalla società e a quasi quattro anni di distanza dalla appropriazioni. Col quarto motivo si duole della motivazione concernente il fatto materiale dell'appropriazione, perché in radicale contrasto con le risultanze dei procedimenti che si sono conclusi in senso favorevole all'imputato;
il che farebbe venir meno la gravità degli indizi sulla cui base è stata affermata la responsabilità per la bancarotta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

El fondato il secondo motivo di ricorso, che riveste carattere pregiudiziale rispetto a tutti gli altri e va, pertanto, esaminato prioritariamente.

1. La questione posta dal ricorrente, rappresentata dal rapporto tra appropriazione indebita e "distrazione" (una volta dichiarato il fallimento) degli stessi beni, ha trovato, com'è noto, differenti soluzioni nella giurisprudenza di questa Corte, giacché si è fatto riferimento, per risolvere le problematiche scaturenti dal divieto di un secondo giudizio, posto dall'art. 649 cod. proc. pen., alternativamente alle figure del concorso formale e del reato complesso, per affermare, nell'uno e nell'altro caso, che un giudizio, celebrato e comunque concluso, per il reato di cui all'art. 646 cod. pen. non è di ostacolo - una volta intervenuto il fallimento - alla celebrazione di altro giudizio per bancarotta (invero, come si dirà, è stata ritenuta praticabile anche la soluzione inversa).

1.1. La prima soluzione, fatta propria da una risalente pronuncia di questa Corte (sez. 2, n. 10472 del 4/3/1997, rv 209022), è imperniata sulla considerazione che all'unicità di un determinato fatto storico può far riscontro una pluralità di eventi giuridici (come si verifica, appunto, nell'ipotesi del concorso formale di reati), sicché il giudicato formatosi con riguardo ad uno di tali eventi non impedisce l'esercizio dell'azione penale in relazione ad un altro evento (inteso sempre in senso giuridico), pur scaturito da un'unica condotta, quale che sia stato il reato giudicato per primo (in applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto che l'imputato, agente di cambio, già condannato per il reato di bancarotta fraudolenta - consistita, fra l'altro, nella sottrazione di titoli e denaro della clientela - potesse essere sottoposto a nuovo procedimento penale per il reato di appropriazione indebita in danno di un cliente). Questa impostazione non esclude del tutto, però, l'operatività dell'art. 649 cod. proc. pen. e del principio del ne bis in idem, in esso trasfuso: ciò avviene quando nel primo giudizio sia stata dichiarata l'insussistenza del fatto o la mancata commissione di esso da parte dell'imputato, per ovvie ragioni di incompatibilità logica e per evitare il conflitto di giudicati (Cass., n. 11918 del 20/1/2016, rv 266382, riferita al rapporto tra truffa e sostituzione di persona).

1.2. La seconda soluzione, propugnata da una giurisprudenza più recente e più cospicua, afferma, invece, che l'appropriazione indebita e la bancarotta fraudolenta per distrazione sono in rapporto di contenuto a contenitore, dacché la bancarotta fraudolenta integra una ipotesi di reato complesso, ai sensi dell'art.84 cod. pen., sicché solo l'avvio del procedimento per bancarotta esclude la possibilità di un secondo giudizio per l'appropriazione, e non viceversa. Tale impostazione fa leva sul fatto che gli elementi normativi descrittivi della bancarotta sono diversi e più ampi rispetto a quelli descrittivi

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