Cass. pen., sez. IV, sentenza 13/06/2023, n. 25343
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA CULTURALI E MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE nel procedimento
contro
BOCCARDELLI ANGELO nato a SEGNI il 11/04/1949 BALESTRIERI GIORGIO HUGO nato a FAUGLIA il 29/09/1943 avverso l'ordinanza del 19/04/2022 del GIP TRIBUNALE di RIMINIudita la relazione svolta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI;
lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice per le Indagini preliminari, quale giudice della esecuzione, in esito al procedimento nei confronti di A B e G H B in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 174 d.lgs 22 gennaio 2004 n. 42 concluso con decreto di archiviazione per intervenuta prescrizione, giudicando in sede di rinvio a seguito dell'annullamento della Corte di Cassazione di altra ordinanza con cui era stata disposta la confisca a norma dell'art. 174 cit. di una scultura lignea raffigurante C c custodita nel caveau della banca Centrale presso la Repubblica di San Marino, ha rigettato la richiesta del Pubblico Ministero di confisca e ha disposto la restituzione della scultura a B A.
1.1. La Corte di Cassazione aveva annullato la prima ordinanza, accogliendo il motivo, assorbente, relativo alla erronea applicazione dell'art. 174 cit.: la Corte aveva ritenuto che dovesse trovare applicazione la nuova norma, così come riformata con la legge 4 agosto 2017 n. 124, e che, in difetto della verifica dell'interesse culturale e degli altri requisiti previsti dalla legge novellata, non poteva procedersi alla confisca. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini, in sede rescissoria, ha ritenuto che le modifiche intervenute nel 2017 abbiano inciso sulla attuale struttura del reato, sottraendo dalla fattispecie incriminatrice le condotte di esportazione che hanno ad oggetto cose che presentano interesse culturale di non eccezionale rilevanza (diverse dai reperti archeologici, dagli elementi provenienti dallo smembramento di documenti, dagli incunaboli e manoscritti), che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, di valore pari o inferiore a 13.5000 euro. 2, Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, formulando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo hanno dedotto la violazione di legge ed in specie degli art. 174 (oggi art. 518 undecies cod. pen.) e 65 d.lgs n. 42/2004. Secondo i ricorrenti, l'ordinanza impugnata non considera che nel caso di esportazione di un bene che presenti interesse culturale e di valore inferiore a 13.500 l'interessato ha l'onere di comprovare al competente ufficio di esportazione mediante dichiarazione (ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445) che le cose da trasferire all'estero rientrino nelle ipotesi per le quali non è prevista l'autorizzazione secondo le procedure e con la modalità stabilite dal decreto ministeriale. Il decreto ministeriale cui la norma fa rinvio è il D.M. 246/2018 il cui art. 7 disciplina minuziosamente le "procedure relative alle cose eseguite da oltre 70 anni e da più di 50 con valore inferiore a 13.500 euro" : tale disciplina prevede, fra l'altro, che il valore della cosa sia comprovato all'ufficio esportazione mediante la documentazione ivi elencata e che, entro dieci giorni, l'ufficio esportazione, qualora reputi che le cose rientrino fra quelle di cui all'art. 10 comma 3 del Codice, chieda la presentazione fisica delle stesse e nei successivi trenta giorni avvii il procedimento di dichiarazione di interesse particolarmente importante o di eccezionale interesse. Alla mancata autocertificazione da corredarsi dei documenti di cui all'art. 7 consegue che l'esportazione del bene, anche se sottosoglia, ricade nella generale previsione più gravosa della procedura prevista dall'art. 65, comma 3, d.lgs n.42/2004. Il legislatore del 2017 ha voluto mantenere sotto il controllo dell'amministrazione dei beni culturali la circolazione dei beni aventi le caratteristiche di culturalità, indipendentemente dalla loro gradazione, culturalità che nel caso di specie esiste come ha osservato anche il perito A. I ricorrenti osservano, inoltre, che il reato di cui all'art. 174 d.gs n. 42/2004 è di pericolo e come tale si configura anche nel caso in cui l'esportazione avrebbe potuto superare il vaglio positivo dell'amministrazione, in quanto realizza una tutela anticipata dell'integrità del patrimonio culturale nazionale attraverso la attribuzione di rilevanza penale di condotte che, determinando l'uscita di beni dal territorio, renderebbero irrealizzabile una verifica volta a dichiarare anche la loro culturalità. Non è necessario che le cose esportate siano o meno state oggetto di notifica da parte della competente autorità amministrativa, essendo sufficiente per la configurabilità del reato che abbiano un intrinseco valore storico o artistico.
2.2 Con il secondo motivo ha dedotto la violazione di legge e la inopponibilità della sentenza penale concernente la confisca a soggetto rimasto estraneo al giudizio e la violazione del giudicato vincolante per i ricorrenti B e B. L'ordinanza impugnata disattende- secondo i ricorrenti- la pronuncia rescindente con riferimento alla proprietà dell'opera, in quanto la Corte di Cassazione aveva rigettato il relativo profilo del quarto motivo del primo ricorso proposto da B r e B, ribadendo la insussistenza di prove sufficienti relative alla proprietà privata del bene, la cui origine andava ricondotta a una vicenda di natura internazionale (le cui note di ambiguità, quanto soprattutto al rivendicato titolo di acquisto da parte del dante cause dell'odierno ricorrente B sono state compiutamente illustrate dal Tribunale di Rimini) ovvero ad in acquisto al mercatino di Porta Porte (pag. 8 sentenza) ed aveva accolto detto motivo limitatamente al valore dell'opera e alla eventuale rilevanza eccezionale dell'interesse artistico. Secondo l'Avvocatura, dunque, la Corte avrebbe accolto solo il motivo relativo alla configurabilità del reato di cui all'art. 174 cit. con la conseguenza che si sarebbe formato per i ricorrenti il giudicato su tutti gli altri aspetti anche quello relativo alla proprietà del bene.
2.3. Con il terzo motivo ha dedotto la violazione da parte del giudice penale della discrezionalità tecnica dell'Amministrazione dei Beni Culturali. Il riconosciuto valore culturale trova conferma non solo nella perizia disposta dal Tribunale, ma anche nella delibera del Comitato ministeriale per la restituzione dei beni illecitamente esportati che sin dal 2014 ha disposto di avviare l'azione di restituzione nei confronti dello Stato di San Marino, ove l'opera è stata sequestrata in esecuzione di una richiesta di misura cautelare internazionale proveniente dalla nostra autorità ed eseguita in quello Stato. La sindacabilità della valutazione della sussistenza o meno dell'interesse culturale appartiene alla giurisdizione del Giudice Amministrativo e non del Giudice penale, non potendo l'Amministrazione dei beni culturali essere espropriata delle prerogative ad essa riservate dall'ordinamento. Esorbitante dai poteri concessi al giudice penale, sarebbe, dunque, l'affermazione del Tribunale secondo cui un bene culturale, del cui autore non è certa l'origine italica, non può avere rilevanza per il patrimonio culturale della nazione.
2.4. Con il quarto motivo ha dedotto il vizio di motivazione ed in specie la contraddittorietà della motivazione dell'ordinanza per contrasto con gli atti del processo. Il Giudice per le Indagini Preliminari avrebbe ignorato gran parte degli atti del processo, ovvero le dichiarazioni rese da B nel verbale di interrogatorio del 19.4.2013 e la sua incapacità di spiegare le contraddizione fra alcuni documenti ad asserita firma del patriarca melchita, originario detentore del bene. In assenza di alcun atto certo ed opponibile allo Stato che dimostri il legittimo acquisto del bene o la sua legittima provenienza, non potrebbe dirsi superata la presunzione di appartenenza dei beni al patrimonio indisponibile dello Stato. A rafforzare la "nazionalizzazione" del bene in oggetto, comunque da svariati decenni documentalmente presente in Italia prima della illecita esportazione a San Marino, vi sarebbe anche l'art. 64 bis del d.lgs n.42/2004 secondo cui i beni costituenti il patrimonio culturale non sono assimilabili a merci, sicché l'interesse di primaria importanza destinato a prevalere non è la circolazione del bene in sé, ma al contrario la salvaguardia di quello che la dottrina ha qualificato come staticità immanente al bene conseguente al suo far parte del patrimonio culturale, rispetto alla cui tutela le mere negoziazioni tra privati arretrano in posizione di subalternità.
3. Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto M G, ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. Il difensore di A B e G H B in data 13 marzo 2023 ha depositato una memoria con cui ha ribadito la violazione di norme processuali e la conseguente violazione del diritto di difesa per essere stata disposta la misura ablatoria in assenza dell'accertamento sulla sussistenza del reato presupposto. Il difensore ha osservato che era mancato in sede di cognizione l' accertamento sul reato presupposto legittimante la misura ablatoria e che a tale mancanza non poteva supplirsi per la prima volta in sede di esecuzione. Al riguardo ha richiamato la pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 13539 del 30/01/2020, per la quale la confisca di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380/2001 può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva determinata dalla prescrizione del reato, purché sia stata accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell'ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli
contro
BOCCARDELLI ANGELO nato a SEGNI il 11/04/1949 BALESTRIERI GIORGIO HUGO nato a FAUGLIA il 29/09/1943 avverso l'ordinanza del 19/04/2022 del GIP TRIBUNALE di RIMINIudita la relazione svolta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI;
lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice per le Indagini preliminari, quale giudice della esecuzione, in esito al procedimento nei confronti di A B e G H B in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 174 d.lgs 22 gennaio 2004 n. 42 concluso con decreto di archiviazione per intervenuta prescrizione, giudicando in sede di rinvio a seguito dell'annullamento della Corte di Cassazione di altra ordinanza con cui era stata disposta la confisca a norma dell'art. 174 cit. di una scultura lignea raffigurante C c custodita nel caveau della banca Centrale presso la Repubblica di San Marino, ha rigettato la richiesta del Pubblico Ministero di confisca e ha disposto la restituzione della scultura a B A.
1.1. La Corte di Cassazione aveva annullato la prima ordinanza, accogliendo il motivo, assorbente, relativo alla erronea applicazione dell'art. 174 cit.: la Corte aveva ritenuto che dovesse trovare applicazione la nuova norma, così come riformata con la legge 4 agosto 2017 n. 124, e che, in difetto della verifica dell'interesse culturale e degli altri requisiti previsti dalla legge novellata, non poteva procedersi alla confisca. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini, in sede rescissoria, ha ritenuto che le modifiche intervenute nel 2017 abbiano inciso sulla attuale struttura del reato, sottraendo dalla fattispecie incriminatrice le condotte di esportazione che hanno ad oggetto cose che presentano interesse culturale di non eccezionale rilevanza (diverse dai reperti archeologici, dagli elementi provenienti dallo smembramento di documenti, dagli incunaboli e manoscritti), che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, di valore pari o inferiore a 13.5000 euro. 2, Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorso il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, formulando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo hanno dedotto la violazione di legge ed in specie degli art. 174 (oggi art. 518 undecies cod. pen.) e 65 d.lgs n. 42/2004. Secondo i ricorrenti, l'ordinanza impugnata non considera che nel caso di esportazione di un bene che presenti interesse culturale e di valore inferiore a 13.500 l'interessato ha l'onere di comprovare al competente ufficio di esportazione mediante dichiarazione (ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445) che le cose da trasferire all'estero rientrino nelle ipotesi per le quali non è prevista l'autorizzazione secondo le procedure e con la modalità stabilite dal decreto ministeriale. Il decreto ministeriale cui la norma fa rinvio è il D.M. 246/2018 il cui art. 7 disciplina minuziosamente le "procedure relative alle cose eseguite da oltre 70 anni e da più di 50 con valore inferiore a 13.500 euro" : tale disciplina prevede, fra l'altro, che il valore della cosa sia comprovato all'ufficio esportazione mediante la documentazione ivi elencata e che, entro dieci giorni, l'ufficio esportazione, qualora reputi che le cose rientrino fra quelle di cui all'art. 10 comma 3 del Codice, chieda la presentazione fisica delle stesse e nei successivi trenta giorni avvii il procedimento di dichiarazione di interesse particolarmente importante o di eccezionale interesse. Alla mancata autocertificazione da corredarsi dei documenti di cui all'art. 7 consegue che l'esportazione del bene, anche se sottosoglia, ricade nella generale previsione più gravosa della procedura prevista dall'art. 65, comma 3, d.lgs n.42/2004. Il legislatore del 2017 ha voluto mantenere sotto il controllo dell'amministrazione dei beni culturali la circolazione dei beni aventi le caratteristiche di culturalità, indipendentemente dalla loro gradazione, culturalità che nel caso di specie esiste come ha osservato anche il perito A. I ricorrenti osservano, inoltre, che il reato di cui all'art. 174 d.gs n. 42/2004 è di pericolo e come tale si configura anche nel caso in cui l'esportazione avrebbe potuto superare il vaglio positivo dell'amministrazione, in quanto realizza una tutela anticipata dell'integrità del patrimonio culturale nazionale attraverso la attribuzione di rilevanza penale di condotte che, determinando l'uscita di beni dal territorio, renderebbero irrealizzabile una verifica volta a dichiarare anche la loro culturalità. Non è necessario che le cose esportate siano o meno state oggetto di notifica da parte della competente autorità amministrativa, essendo sufficiente per la configurabilità del reato che abbiano un intrinseco valore storico o artistico.
2.2 Con il secondo motivo ha dedotto la violazione di legge e la inopponibilità della sentenza penale concernente la confisca a soggetto rimasto estraneo al giudizio e la violazione del giudicato vincolante per i ricorrenti B e B. L'ordinanza impugnata disattende- secondo i ricorrenti- la pronuncia rescindente con riferimento alla proprietà dell'opera, in quanto la Corte di Cassazione aveva rigettato il relativo profilo del quarto motivo del primo ricorso proposto da B r e B, ribadendo la insussistenza di prove sufficienti relative alla proprietà privata del bene, la cui origine andava ricondotta a una vicenda di natura internazionale (le cui note di ambiguità, quanto soprattutto al rivendicato titolo di acquisto da parte del dante cause dell'odierno ricorrente B sono state compiutamente illustrate dal Tribunale di Rimini) ovvero ad in acquisto al mercatino di Porta Porte (pag. 8 sentenza) ed aveva accolto detto motivo limitatamente al valore dell'opera e alla eventuale rilevanza eccezionale dell'interesse artistico. Secondo l'Avvocatura, dunque, la Corte avrebbe accolto solo il motivo relativo alla configurabilità del reato di cui all'art. 174 cit. con la conseguenza che si sarebbe formato per i ricorrenti il giudicato su tutti gli altri aspetti anche quello relativo alla proprietà del bene.
2.3. Con il terzo motivo ha dedotto la violazione da parte del giudice penale della discrezionalità tecnica dell'Amministrazione dei Beni Culturali. Il riconosciuto valore culturale trova conferma non solo nella perizia disposta dal Tribunale, ma anche nella delibera del Comitato ministeriale per la restituzione dei beni illecitamente esportati che sin dal 2014 ha disposto di avviare l'azione di restituzione nei confronti dello Stato di San Marino, ove l'opera è stata sequestrata in esecuzione di una richiesta di misura cautelare internazionale proveniente dalla nostra autorità ed eseguita in quello Stato. La sindacabilità della valutazione della sussistenza o meno dell'interesse culturale appartiene alla giurisdizione del Giudice Amministrativo e non del Giudice penale, non potendo l'Amministrazione dei beni culturali essere espropriata delle prerogative ad essa riservate dall'ordinamento. Esorbitante dai poteri concessi al giudice penale, sarebbe, dunque, l'affermazione del Tribunale secondo cui un bene culturale, del cui autore non è certa l'origine italica, non può avere rilevanza per il patrimonio culturale della nazione.
2.4. Con il quarto motivo ha dedotto il vizio di motivazione ed in specie la contraddittorietà della motivazione dell'ordinanza per contrasto con gli atti del processo. Il Giudice per le Indagini Preliminari avrebbe ignorato gran parte degli atti del processo, ovvero le dichiarazioni rese da B nel verbale di interrogatorio del 19.4.2013 e la sua incapacità di spiegare le contraddizione fra alcuni documenti ad asserita firma del patriarca melchita, originario detentore del bene. In assenza di alcun atto certo ed opponibile allo Stato che dimostri il legittimo acquisto del bene o la sua legittima provenienza, non potrebbe dirsi superata la presunzione di appartenenza dei beni al patrimonio indisponibile dello Stato. A rafforzare la "nazionalizzazione" del bene in oggetto, comunque da svariati decenni documentalmente presente in Italia prima della illecita esportazione a San Marino, vi sarebbe anche l'art. 64 bis del d.lgs n.42/2004 secondo cui i beni costituenti il patrimonio culturale non sono assimilabili a merci, sicché l'interesse di primaria importanza destinato a prevalere non è la circolazione del bene in sé, ma al contrario la salvaguardia di quello che la dottrina ha qualificato come staticità immanente al bene conseguente al suo far parte del patrimonio culturale, rispetto alla cui tutela le mere negoziazioni tra privati arretrano in posizione di subalternità.
3. Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto M G, ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. Il difensore di A B e G H B in data 13 marzo 2023 ha depositato una memoria con cui ha ribadito la violazione di norme processuali e la conseguente violazione del diritto di difesa per essere stata disposta la misura ablatoria in assenza dell'accertamento sulla sussistenza del reato presupposto. Il difensore ha osservato che era mancato in sede di cognizione l' accertamento sul reato presupposto legittimante la misura ablatoria e che a tale mancanza non poteva supplirsi per la prima volta in sede di esecuzione. Al riguardo ha richiamato la pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 13539 del 30/01/2020, per la quale la confisca di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380/2001 può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva determinata dalla prescrizione del reato, purché sia stata accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell'ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli
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