Cass. civ., SS.UU., ordinanza 30/07/2021, n. 21973

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., ordinanza 30/07/2021, n. 21973
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 21973
Data del deposito : 30 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

iato la seguente ORDINANZA sul ricorso 31806-2019 proposto da: CAVA SAN SALVATORE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA CICERONE

44, presso lo studio dell'avvocato G C, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato A R;

- ricorrente -

contro

REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE

34, presso lo studio dell'avvocato C B, rappresentata e difesa dall'avvocato P P;
PROVINCIA DI BERGAMO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEGLI SCIPIONI

268-A, presso lo studio dell'avvocato A P, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati G V e K N;
FONTI PREALPI S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA BARBERINI

29, presso lo studio dell'avvocato M B, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato G S;

- controricorrenti -

nonché

contro

COMUNE DI ALMENNO SAN SALVATORE, COMUNE DI VILLA D'ALME', GHIAIE IDROENERGIA S.R.L;

- intimati -

avverso la sentenza n. 162/2019 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 09/07/2019. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/07/2021 dal Consigliere L N.

FATTI DI CAUSA

Viene proposto ricorso dalla Cava San Salvatore s.r.I., sulla base di cinque motivi, avverso la sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche del 9 luglio 2019, n. 162, che ha respinto il ricorso per l'annullamento dell'atto dell'H aprile 2017, n. 550, con il quale la Provincia di Bergamo ha disposto l'esclusione da VIA (valutazione d'impatto ambientale) del progetto di impianto idroelettrico con derivazione dal fiume Brembo ad opera della Fonti Prealpi s.r.l. in Ric. 2019 n. 31806 sez. SU - ud. 13-07-2021 -2- Comune Almenno San Salvatore ed ogni atto presupposto o consequenziale. Resistono con controricorso la Fonti Prealpi s.r.I., la Provincia di Bergamo e la Regione Lombardia. La ricorrente, la Fonti Prealpi s.r.l. e la Provincia di Bergamo hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. - Col primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l'omesso esame di fatto decisivo, per non avere il T.s.a.p. adeguatamente valorizzato la carenza, in capo alla controinteressata, della titolarità della strada di accesso all'area coinvolta dall'opera realizzanda, anche considerato che la disponibilità di una servitù di passaggio, ritenuta dalla Provincia nella relazione al provvedimento amministrativo de quo, era stata invece contestata dalla ricorrente. Con il secondo motivo si lamenta, in riferimento all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., la motivazione contraddittoria, in quanto la ricorrente aveva evidenziato l'esistenza di elementi strutturali di ostruzione del deflusso di piena, con effetti sulle dinamiche idrauliche del fiume e sulla fauna ittica, ma il T.s.a.p. ha affermato trattarsi di mera petizione di principio, come non è affatto, limitandosi inoltre a ritenere posti in atto utili accorgimenti allo scopo, non verificando se si trattasse di un rimedio risolutivo, oppure di mero programma di monitoraggio di tali effetti. Con il terzo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 20, comma 4, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 10-bis I. 7 agosto 1990, n. 241, art. 6, comma 2-bis, legge reg. Lombardia n. 5 del 2010, art. 3, comma 9, del regolamento regionale n. 5 del 2011, per avere la sentenza impugnata ritenuto legittima la richiesta di integrazione documentale e di informazioni per plurime volte, quando invece le norme menzionate la permettono per una volta sola. Ric. 2019 n. 31806 sez. SU - ud. 13-07-2021 -3- Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l'omesso esame di fatto decisivo, sul quale la sentenza impugnata è carente di adeguata valutazione, ossia il fatto che la deliberazione di approvazione del "pgt" (piano di governo del territorio) del Comune non era mai stata oggetto di pubblicazione sul Burl. Con il quinto motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 42 legge reg. Lombardia 5 dicembre 2008, n. 31, oltre alla motivazione contraddittoria, quanto alla definizione di area boscata, perché la superficie occupata non è il solo criterio che la norma contempla, al fine di ritenere esistente un bosco ed applicabili le relative norme di tutela. 2. - Il primo, il secondo ed quarto motivo, vertenti sul vizio di omesso esame di fatto decisivo o sulla denunzia di una motivazione contraddittoria, sono inammissibili. 2.1. - Giova ricordare il principio, da tempo puntualizzato dalle Sezioni unite della Corte (cfr. Cass., sez. un., 7 aprile 2014, n. 8053), secondo cui l'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall'art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in I. 7 agosto 2012, n. 134, ammette la denuncia innanzi alla S.C. di un vizio relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo - vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia - con la necessaria conseguenza che è onere del ricorrente, ai sensi degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., indicare il fatto storico, dato da cui esso risulti esistente, il come ed il quando esso abbia formato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività. Mentre è giocoforza ritenere inammissibile il ricorso per cassazione, sia quando continui a censurare la sentenza impugnata Ric. 2019 n. 31806 sez. SU - ud. 13-07-2021 -4- alla stregua del vecchio testo dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., lamentando semplicemente il vizio di motivazione contraddittoria e insufficiente, sia quando il ricorso, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, come pure di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., sez. un., 27 dicembre 2019, n. 34476, fra le tante). 2.2. - Proprio questa l'evenienza nel caso di specie, in cui la ricorrente lamenta che il T.s.a.p. non abbia tenuto conto della indisponibilità della strada di accesso all'opera in capo alla controricorrente, inserendo anche la circostanza di una servitù di passaggio, quale elemento di fatto nuovo in questa sede (primo motivo);
o lamenta una motivazione "contraddittoria", senza affatto dedurne la carenza assoluta e la nullità della sentenza per vizio processuale, solo giustapponendo le proprie alle valutazioni della sentenza impugnata (secondo motivo);
oppure deduce circostanza asseritamente non valorizzata dal giudice, di cui non illustra neppure la decisività (quarto motivo). 3. - Il terzo motivo è inammissibile. Esso, invero, non si confronta con la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha precisato come, nella specie, nonostante la parola usata di "archiviazione", quale minacciata conclusione del procedimento sulla istanza di screening ove l'istante non avesse chiarito i punti critici del progetto, si trattò, invece, di un rigetto condizionato dell'istanza stessa: ma la condizione non si avverò, e, dunque, fu emanato solo il preavviso di rigetto (e non quest'ultimo), quale istituto generale a garanzia della parte. Il T.s.a.p. ha anche ritenuto come sia legittimo il giudizio positivo di compatibilità ambientale subordinato all'ottemperanza di prescrizioni o condizioni, in quanto una VIA o un giudizio positivo di screening è allo stato degli atti, con indicazione preventiva degli Ric. 2019 n. 31806 sez. SU - ud. 13-07-2021 -5- elementi capaci di superare le ragioni del possibile dissenso, in ossequio al principio di economicità dell'azione amministrativa e di collaborazione tra i soggetti del procedimento di VIA. Inoltre, la sentenza impugnata ha ritenuto che i termini per la conclusione del procedimento di VIA, previsti dall'art. 20 d.lgs. n. 152 del 2006, precedente alla novella del d.lgs. n. 104 del 2017, ed applicabili nella specie, non siano perentori ossia decadenziali, bensì ordinatori, onde dalla loro inosservanza non deriva l'invalidità del procedimento o l'illegittimità dei relativi atti, né alcuna decadenza per la p.a. dal dovere di provvedere, sia pur tardivamente. Ora, il motivo insiste sulla illegittimità di una richiesta di integrazione documentale, senza affatto contrastare la ritenuta non perentorietà dei termini in discorso: dalla sentenza impugnata affermata, sulla base di puntuali riferimenti giurisprudenziali (Cons. St. 25 marzo 2016, n. 1239 e 28 dicembre 2009, n. 8786), secondo cui l'inosservanza dei medesimi non comporta alcuna causa inficiante la validità della procedura con conseguente illegittimità dei relativi atti, né implica alcuna decadenza per l'amministrazione dal potere di provvedere, benché tardivamente;
tuttavia, la violazione dei termini comporta, in presenza dei relativi presupposti, effetti di altro genere quali responsabilità disciplinari, penali, contabili e risarcitorie per danni da ritardo. 4. - Il quinto motivo non coglie nel segno. Dalla lettura della sentenza impugnata risulta che il motivo di impugnazione era ivi rivolto a censurare l'esclusione dalla nozione di "bosco" dell'area segnalata d'impianto, in quanto ancorata dalla Provincia al solo criterio della superficie e senza tenere conto della classificazione catastale. Al riguardo, ha affermato la sentenza impugnata che la definizione di "area boscata", evincibile da una visura catastale, ha effetti soltanto ai fini fiscali, mentre essa non determina l'automatica Ric. 2019 n. 31806 sez. SU - ud. 13-07-2021 -6- applicazione del regime di tutela dei boschi: al contrario, essa deriva dal ricorrere di presupposti di contenuto in ordine a dati caratteri fisici, vegetali e dimensionali che consentano ad un'area boscata di essere definita tale, dovendo allora applicarsi le relative norme di tutela. Nella specie, afferma il T.s.a.p. che i funzionari della Provincia accertarono l'insussistenza dei presupposti per identificare l'area come boschiva, trattandosi di una formazione lineare di larghezza inferiore ai 25 metri, ai sensi dell'art. 148 legge reg. Lombardia 5 dicembre 2008, n. 31. Orbene, l'art. 42 citato prevede che sia da considerare "bosco" la formazione vegetale, caratterizzata «simultaneamente» da vari elementi, tra cui «da larghezza non inferiore a 25 metri»: il motivo insiste nell'affermare che non sia l'unico elemento rilevante, senza, tuttavia, né indicare in modo univoco quali altri elementi avrebbero dovuto essere valutati, né fare i conti con l'avverbio del testo normativo ora richiamato, che pone proprio l'elemento considerato dal T.s.a.p. come indefettibile. 5. - Il ricorso, pertanto, va respinto. A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione. Sussistono inoltre le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
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