Cass. pen., sez. II, sentenza 05/04/2023, n. 14487
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Testo completo
seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: DEPALMA MICHELE nato a CERIGNOLA il 16/06/1971 DEPALMA GIACOMO nato a CERIGNOLA il 16/09/1996 TIANO PAOLO nato a CERIGNOLA il 13/10/1987 avverso la sentenza del 18/02/2021 della Corte d'appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere S D P;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L G, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
Uditi gli Avv. G T e V S, nell'interesse dei ricorrenti, che hanno chiesto in via preliminare disapplicarsi la normativa interna sulla conservazione e gestione dei dati personali relativi alle comunicazioni elettroniche, perché in contrasto con l'interpretazione della direttiva 2002/58 dell'Unione;
ovvero sollevare questione di legittimità costituzionale degli artt. 24 I. 20 novembre 2017, n. 167;
132 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, nel testo modificato dall'art. 1 del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, convertito dalla I. 23 novembre 2021 n. 178;
1, comma 1 bis, I. 23 novembre 2021, n. 178 di conversione del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, per contrasto con gli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., in relazione all'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, come interpretato dalle sentenze della CGUE;
ovvero ancora disporre rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 267 TFUE, in ordine all'interpretazione della citata direttiva con riguardo alla medesima normativa interna italiana;
hanno, quindi, concluso, in ogni caso, per l'accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Bologna, con la sentenza impugnata in questa sede, ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata nei confronti di D P Michele, D P Giacomo e T P dal Tribunale di Reggio Emilia in data 17 giugno 2020, rideterminando la pena irrogata agli imputati D P Giacomo e T P, confermando per tutti il giudizio di responsabilità per il reato di rapina aggravata in concorso, commesso presso un ufficio postale. L'accertamento della responsabilità degli imputati era fondato dai giudici di merito sulla complessiva valutazione dei dati testimoniali, documentali, delle verifiche effettuate presso attività di ricezione alberghiera e sui dati dei tabulati di utenze telefoniche cellulari, oltre che dei riscontri in ordine alla titolarità e uso di un'autovettura, della stessa marca e modello di quella utilizzata dai rapinatori.
2. Ha proposto ricorso per cassazione, con unico atto a firma dell'Avv. G T, la comune difesa degli imputati deducendo, con il primo motivo, violazione di norme processuali previste a pena di inutilizzabilità, in relazione all'art. 191 cod. proc. pen.;
ha osservato il ricorrente che gli elementi di prova considerati dalle sentenze di merito, attraverso l'esame dei tabulati telefonici acquisiti nel corso delle indagini con decreto del P.M., derivavano da fonti di prova acquisite in violazione di norme di legge e, in particolare, delle disposizioni del diritto dell'Unione (direttiva 2002/58, art. 15, § 1, come interpretato dalla sentenza della Grande sezione della
CGUE
2 marzo 2021, causa C-746/2018, alla luce degli artt. 7, 8, 11 e 52, § 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea), rispetto alle quali si pone in contrasto l'art. 132, comma 3, d. Igs. 196/2003, che attribuisce al P.M. (e non al giudice) il potere di disporre l'acquisizione dei dati inerenti al traffico di comunicazioni, eseguite mediante apparati telefonici cellulari, e alla loro ubicazione;
la difesa ha messo in evidenza il carattere decisivo degli elementi di prova desunti dall'esame dei tabulati, tale da determinare - attraverso l'espunzione di quel materiale dal compendio delle prove raccolte - la destrutturazione della motivazione su cui è stato fondato il giudizio di responsabilità;
ha considerato, in ipotesi di non riconosciuta diretta applicabilità del diritto dell'Unione nel presente giudizio, la necessità che la Corte disponga il rinvio pregiudiziale (obbligatorio, vertendosi in ipotesi di ricorso rivolto all'autorità di ultima istanza nel sistema processuale nazionale) alla Corte di giustizia dell'Unione affinché si pronunci sulla compatibilità, con il contenuto della direttiva 2002/58, e in particolare dell'art. 15, § 1, come interpretato dalla sentenza della Grande sezione della
CGUE
2 marzo 2021, causa C-746/2018, alla luce degli artt. 7, 8, 11 e 52, § 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, della disposizione dell'art. 132 d. Igs. 169/2003. 2.1. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione, mancante, contraddittoria e manifestamente illogica, quanto all'affermazione di responsabilità a carico dell'imputato D P Giacomo;
la decisione aveva omesso di valutare le specifiche censure riguardanti gli elementi a carico del ricorrente, con riguardo all'operato riconoscimento fotografico eseguito dalla teste T N (in ragione delle modalità di osservazione del soggetto, seduto all'interno dell'abitacolo di un'autovettura, e della posizione assunta dalla testimone, a sua volta all'interno del proprio veicolo che si era posto alle spalle di quello dell'imputato, che non permetteva una visuale libera e tale da potere apprezzare compiutamente la fisionomia del volto del soggetto) e al riconoscimento eseguito dall'albergatore P V, in presenza di una deposizione caratterizzata da incertezze, imprecisioni ripetute, atteggiamenti di fastidio e finanche ragioni di avversione e risentimento nei confronti dell'imputato;
inoltre, la sentenza impugnata aveva fatto leva su dati storici e circostanze di valore neutro, al più integranti motivi di sospetto o costituenti mere illazioni (la presenza del D P nel territorio emiliano una settimana prima della commissione del reato;
il controllo del ricorrente a bordo della vettura Lancia Delta, indicata come mezzo utilizzato dai rapinatori, in alcune occasioni accertate negli anni precedenti;
l'intestazione di un'utenza cellulare palesemente nella disponibilità e intestata ad altro soggetto, con evidente travisamento del dato probatorio);
infine, del tutto carente l'apparato motivazionale rispetto alle censure formulate sui criteri di valutazione delle prove a discarico fornite (la testimonianza del fratello del ricorrente, sulla loro presenza nei giorni antecedenti e nel giorno della rapina in altra parte del territorio nazionale - in Campania - ;
le testimonianze dell'albergatore, ove erano stati alloggiati il ricorrente ed il fratello nei medesimi giorni, e di un commerciante di legname, presso il quale il ricorrente aveva eseguito acquisti di legna nello stesso arco di tempo, entrambi operanti nel medesimo territorio).
2.2. Con il terzo motivo si deduce analogo vizio di motivazione, mancante, contraddittoria e manifestamente illogica, quanto all'affermazione di responsabilità a carico dell'imputato T P;
la sentenza impugnata aveva omesso di valutare le specifiche censure riguardanti gli elementi a carico del ricorrente, con riguardo all'operato riconoscimento fotografico eseguito dalle testimoni T N e T C, specie con riguardo alle incertezze ed al mancato riconoscimento avvenuto nel corso dell'esame dibattimentale di entrambe le testimoni e alle ragioni che avevano indotto a tali risultati;
anche il riconoscimento eseguito dall'albergatore P V era stato erroneamente valutato, atteso l'esito negativo avvenuto nel corso dell'esame dibattimentale;
anche per il T P erano stati utilizzati argomenti di prova costituiti da mere illazioni, come per il D P (la presenza nel territorio emiliano una settimana prima della commissione del reato;
il controllo del ricorrente a bordo della vettura Lancia Delta in altre precedenti occasioni, lontane nel tempo), ovvero da dati storici privi di rilevanza rispetto alla condotta contestata (l'essere stato denunciato per una truffa consumata in territorio emiliano, unitamente al D P);
del tutto mancante la valutazione del dato riguardante i tabulati telefonici, che per il ricorrente non attestavano in alcun modo la sua presenza nella zona ove si era consumata la rapina;
manifestamente illogica la motivazione, sia nella parte in cui aveva privato di rilevanza il dato documentale della busta paga prodotta dalla difesa (attestante la presenza sul posto di lavoro in Puglia del ricorrente, nel giorno della commessa rapina), sia per la totale svalutazione della prova testimoniale a discarico fornita attraverso il fratello del ricorrente, sulla circostanza della presenza sul luogo di lavoro nel giorno della commessa rapina, svalutazione derivata da un indinnostrato accordo tra i germani per concordare il contenuto della deposizione.
2.3. Con il quarto motivo si deduce vizio della motivazione, per manifesta illogicità, per l'affermato concorso nel delitto di rapina da parte di D P Michele;
in primo luogo era manifestamente illogica la valutazione, quale grave indizio, della circostanza riguardante la presenza del ricorrente in territorio emiliano nella settimana precedente alla rapina, presenza qualificata come ricognizione preparatoria della rapina senza alcun aggancio ad elementi fattuali reali;
la conclusione raggiunta era, inoltre, contraddittoria rispetto al contenuto della motivazione che, in altra parte della decisione, dava atto della frequenza dei viaggi del ricorrente nella provincia di Reggio Emilia, nell'ambito dell'esercizio dell'attività di lavoro di vendita di legna;
priva di rilevanza era la circostanza dell'essere il ricorrente utilizzatore e detentore dell'autovettura utilizzata dai rapinatori, circostanza desunta dall'aver sottoscritto il contratto di assicurazione di quel veicolo, essendo emerso dagli atti del processo che lo stesso veicolo era nella disponibilità di più soggetti;
infine, il tracciamento dei tabulati telefonici dell'utenza in uso al ricorrente nelle
udita la relazione svolta dal Consigliere S D P;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale L G, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;
Uditi gli Avv. G T e V S, nell'interesse dei ricorrenti, che hanno chiesto in via preliminare disapplicarsi la normativa interna sulla conservazione e gestione dei dati personali relativi alle comunicazioni elettroniche, perché in contrasto con l'interpretazione della direttiva 2002/58 dell'Unione;
ovvero sollevare questione di legittimità costituzionale degli artt. 24 I. 20 novembre 2017, n. 167;
132 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, nel testo modificato dall'art. 1 del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, convertito dalla I. 23 novembre 2021 n. 178;
1, comma 1 bis, I. 23 novembre 2021, n. 178 di conversione del d.l. 30 settembre 2021, n. 132, per contrasto con gli artt. 11 e 117, comma 1, Cost., in relazione all'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche, come interpretato dalle sentenze della CGUE;
ovvero ancora disporre rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 267 TFUE, in ordine all'interpretazione della citata direttiva con riguardo alla medesima normativa interna italiana;
hanno, quindi, concluso, in ogni caso, per l'accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Bologna, con la sentenza impugnata in questa sede, ha parzialmente riformato la sentenza pronunciata nei confronti di D P Michele, D P Giacomo e T P dal Tribunale di Reggio Emilia in data 17 giugno 2020, rideterminando la pena irrogata agli imputati D P Giacomo e T P, confermando per tutti il giudizio di responsabilità per il reato di rapina aggravata in concorso, commesso presso un ufficio postale. L'accertamento della responsabilità degli imputati era fondato dai giudici di merito sulla complessiva valutazione dei dati testimoniali, documentali, delle verifiche effettuate presso attività di ricezione alberghiera e sui dati dei tabulati di utenze telefoniche cellulari, oltre che dei riscontri in ordine alla titolarità e uso di un'autovettura, della stessa marca e modello di quella utilizzata dai rapinatori.
2. Ha proposto ricorso per cassazione, con unico atto a firma dell'Avv. G T, la comune difesa degli imputati deducendo, con il primo motivo, violazione di norme processuali previste a pena di inutilizzabilità, in relazione all'art. 191 cod. proc. pen.;
ha osservato il ricorrente che gli elementi di prova considerati dalle sentenze di merito, attraverso l'esame dei tabulati telefonici acquisiti nel corso delle indagini con decreto del P.M., derivavano da fonti di prova acquisite in violazione di norme di legge e, in particolare, delle disposizioni del diritto dell'Unione (direttiva 2002/58, art. 15, § 1, come interpretato dalla sentenza della Grande sezione della
CGUE
2 marzo 2021, causa C-746/2018, alla luce degli artt. 7, 8, 11 e 52, § 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea), rispetto alle quali si pone in contrasto l'art. 132, comma 3, d. Igs. 196/2003, che attribuisce al P.M. (e non al giudice) il potere di disporre l'acquisizione dei dati inerenti al traffico di comunicazioni, eseguite mediante apparati telefonici cellulari, e alla loro ubicazione;
la difesa ha messo in evidenza il carattere decisivo degli elementi di prova desunti dall'esame dei tabulati, tale da determinare - attraverso l'espunzione di quel materiale dal compendio delle prove raccolte - la destrutturazione della motivazione su cui è stato fondato il giudizio di responsabilità;
ha considerato, in ipotesi di non riconosciuta diretta applicabilità del diritto dell'Unione nel presente giudizio, la necessità che la Corte disponga il rinvio pregiudiziale (obbligatorio, vertendosi in ipotesi di ricorso rivolto all'autorità di ultima istanza nel sistema processuale nazionale) alla Corte di giustizia dell'Unione affinché si pronunci sulla compatibilità, con il contenuto della direttiva 2002/58, e in particolare dell'art. 15, § 1, come interpretato dalla sentenza della Grande sezione della
CGUE
2 marzo 2021, causa C-746/2018, alla luce degli artt. 7, 8, 11 e 52, § 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, della disposizione dell'art. 132 d. Igs. 169/2003. 2.1. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione, mancante, contraddittoria e manifestamente illogica, quanto all'affermazione di responsabilità a carico dell'imputato D P Giacomo;
la decisione aveva omesso di valutare le specifiche censure riguardanti gli elementi a carico del ricorrente, con riguardo all'operato riconoscimento fotografico eseguito dalla teste T N (in ragione delle modalità di osservazione del soggetto, seduto all'interno dell'abitacolo di un'autovettura, e della posizione assunta dalla testimone, a sua volta all'interno del proprio veicolo che si era posto alle spalle di quello dell'imputato, che non permetteva una visuale libera e tale da potere apprezzare compiutamente la fisionomia del volto del soggetto) e al riconoscimento eseguito dall'albergatore P V, in presenza di una deposizione caratterizzata da incertezze, imprecisioni ripetute, atteggiamenti di fastidio e finanche ragioni di avversione e risentimento nei confronti dell'imputato;
inoltre, la sentenza impugnata aveva fatto leva su dati storici e circostanze di valore neutro, al più integranti motivi di sospetto o costituenti mere illazioni (la presenza del D P nel territorio emiliano una settimana prima della commissione del reato;
il controllo del ricorrente a bordo della vettura Lancia Delta, indicata come mezzo utilizzato dai rapinatori, in alcune occasioni accertate negli anni precedenti;
l'intestazione di un'utenza cellulare palesemente nella disponibilità e intestata ad altro soggetto, con evidente travisamento del dato probatorio);
infine, del tutto carente l'apparato motivazionale rispetto alle censure formulate sui criteri di valutazione delle prove a discarico fornite (la testimonianza del fratello del ricorrente, sulla loro presenza nei giorni antecedenti e nel giorno della rapina in altra parte del territorio nazionale - in Campania - ;
le testimonianze dell'albergatore, ove erano stati alloggiati il ricorrente ed il fratello nei medesimi giorni, e di un commerciante di legname, presso il quale il ricorrente aveva eseguito acquisti di legna nello stesso arco di tempo, entrambi operanti nel medesimo territorio).
2.2. Con il terzo motivo si deduce analogo vizio di motivazione, mancante, contraddittoria e manifestamente illogica, quanto all'affermazione di responsabilità a carico dell'imputato T P;
la sentenza impugnata aveva omesso di valutare le specifiche censure riguardanti gli elementi a carico del ricorrente, con riguardo all'operato riconoscimento fotografico eseguito dalle testimoni T N e T C, specie con riguardo alle incertezze ed al mancato riconoscimento avvenuto nel corso dell'esame dibattimentale di entrambe le testimoni e alle ragioni che avevano indotto a tali risultati;
anche il riconoscimento eseguito dall'albergatore P V era stato erroneamente valutato, atteso l'esito negativo avvenuto nel corso dell'esame dibattimentale;
anche per il T P erano stati utilizzati argomenti di prova costituiti da mere illazioni, come per il D P (la presenza nel territorio emiliano una settimana prima della commissione del reato;
il controllo del ricorrente a bordo della vettura Lancia Delta in altre precedenti occasioni, lontane nel tempo), ovvero da dati storici privi di rilevanza rispetto alla condotta contestata (l'essere stato denunciato per una truffa consumata in territorio emiliano, unitamente al D P);
del tutto mancante la valutazione del dato riguardante i tabulati telefonici, che per il ricorrente non attestavano in alcun modo la sua presenza nella zona ove si era consumata la rapina;
manifestamente illogica la motivazione, sia nella parte in cui aveva privato di rilevanza il dato documentale della busta paga prodotta dalla difesa (attestante la presenza sul posto di lavoro in Puglia del ricorrente, nel giorno della commessa rapina), sia per la totale svalutazione della prova testimoniale a discarico fornita attraverso il fratello del ricorrente, sulla circostanza della presenza sul luogo di lavoro nel giorno della commessa rapina, svalutazione derivata da un indinnostrato accordo tra i germani per concordare il contenuto della deposizione.
2.3. Con il quarto motivo si deduce vizio della motivazione, per manifesta illogicità, per l'affermato concorso nel delitto di rapina da parte di D P Michele;
in primo luogo era manifestamente illogica la valutazione, quale grave indizio, della circostanza riguardante la presenza del ricorrente in territorio emiliano nella settimana precedente alla rapina, presenza qualificata come ricognizione preparatoria della rapina senza alcun aggancio ad elementi fattuali reali;
la conclusione raggiunta era, inoltre, contraddittoria rispetto al contenuto della motivazione che, in altra parte della decisione, dava atto della frequenza dei viaggi del ricorrente nella provincia di Reggio Emilia, nell'ambito dell'esercizio dell'attività di lavoro di vendita di legna;
priva di rilevanza era la circostanza dell'essere il ricorrente utilizzatore e detentore dell'autovettura utilizzata dai rapinatori, circostanza desunta dall'aver sottoscritto il contratto di assicurazione di quel veicolo, essendo emerso dagli atti del processo che lo stesso veicolo era nella disponibilità di più soggetti;
infine, il tracciamento dei tabulati telefonici dell'utenza in uso al ricorrente nelle
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