Cass. civ., sez. III, ordinanza 30/11/2018, n. 30988
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Testo completo
nte Cron.309U ORDINANZA Rep. (9.1- sul ricorso 9270-2017 proposto da: Ud. 13/09/20]8 UNICREDIT SPA , in persona degli avv.ti A S D P e R M M, nella loro qualità di Quadri Direttivi di IV° livello addetti alla Struttura Civil Litigation & Litigation Process Management, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TACITO, 41, presso lo studio dell'avvocato F D C, che la rappresenta e difende giusta procura 2018 speciale a margine del ricorso;2210 - ricorrente -contro Z A D, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell'avvocato D G, rappresentato e difeso dall'avvocato M S giusta procura speciale a margine del controricorso;- controricorrente - avverso la sentenza n. 371/2016 della CORTE D'APPELLO di POTENZA, depositata il 18/10/2016;udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/09/2018 dal Consigliere Dott. F F;R.G. 9270/2017 Rilevato che : 1. Con ricorso notificato il 12/4/2017 Unicredit S.p.A. ricorre per cassazione della sentenza della Corte d'appello di Potenza depositata 18 ottobre 2016, numero 371/2016, non notificata, emessa nei confronti di D A Z , deducendo tre motivi (il quarto in realtà è una richiesta di riforma delle spese di lite in base all'esito del giudizio). La parte intimata ha notificato controricorso oltre termine. 2. La Corte d'appello si è pronunciata in relazione a una azione civile di responsabilità avviata dal notaio Z, con atto di citazione del 12 novembre 1998, nei confronti della Banca di Lucania S.p.A. (ora Unicredit s.p.a.) per chiedere l'accertamento della illegittimità di comportamenti calunniosi assunti nei suoi confronti da componenti del CdA, correlati alla denuncia-querela sporta in data 31/1/91, tramite la quale il notaio, allora socio della banca, era stato accusato di aver autenticato una copia del libro dei verbali della banca, (in tesi) non conforme all'originale sottoscritto dal Presidente del Collegio sindacale, nella consapevolezza della sua non conformità all'originale, perché priva della firma del presidente del Collegio sindacale, al fine strumentale di servirsene per opporsi, quale socio della banca, dapprima all'aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione per i soci in sede assembleare e, poi, dinanzi al tribunale civile di Potenza, in sede di omologa della delibera assembleare, traendo così in inganno anche i magistrati componenti il collegio. In ragione di tale denuncia il notaio Z era stato rinviato a giudizio penale con l'accusa di falso in atto pubblico e di abuso di ufficio, da cui in data 27/1/98 è stato assolto ai sensi dell' art. 530, comma 2, cod. procedura penale,con formula "perché il fatto non sussiste". 3. In questa sede di giudizio civile il notaio ha agito per chiedere il risarcimento del danno conseguente alla falsità e calunniosità della denuncia-querela sporta dalla banca nel 1991, nonché per il fatto che gli organi rappresentativi della banca avevano compiuto non solo attività dì indagine privata nei suoi confronti, condizionando la presentazione della denuncia di cui sopra all'intervenuto diniego di omologa della delibera assembleare (per vizio di formazione della delibera e per mancanza dell'interesse della società a giustificare il sacrificio del diritto di opzione spettante ai soci), e provveduto a diffondere la notizia del rinvio a giudizio sia con comunicazioni mirate, indirizzate al consiglio notarile locale e nazionale e al ministro della giustizia, sia con la diffusione della notizia agli organi stampa e in ambito societario, tutti comportamenti ritenuti lesivi della propria persona e onore professionale. Sosteneva il notaio, in particolare, che la denuncia della banca era stata strumentale, essendo stato egli percepito quale socio di disturbo per le numerose iniziative assunte, a tutela della minoranza dei soci, avverso gli obiettivi di gestione e di fusione intrapresi dagli organi sociali mediante false comunicazioni sociali, che avevano condotto a varie iniziative giudiziarie, anche penali, intese ad ostacolare le attività illegittime del consiglio di amministrazione di allora, evidenziatesi anche in seguito a un'ispezione della Banca d'Italia conclusasi nel 1994. 4. Il giudizio di primo grado si era concluso con il rigetto della domanda risarcitoria del notaio, mentre il giudizio di impugnazione, promosso dal notaio rimasto soccombente, aveva accolto la domanda risarcitoria del notaio sull'assunto che fosse integrata la prova della falsità dei fatti denunciati a carico del notaio e della consapevolezza di ciò in capo agli organi della banca, sulla scorta dei fatti materiali accertati in sede penale e sottoposti al vaglio critico del giudice civile, con la conseguente condanna della banca al risarcimento del solo danno non patrimoniale liquidato in via equitativa e delle spese di difesa sostenute nel giudizio penale. Considerato che :1. Con il primo motivo la banca ricorrente denuncia la violazione degli articoli 2043, 2059 2697 cod.civ., nonché degli articoli 368 c.p., 530, comma 2,651,652 e 654 c.p.p. ex articolo 360 numero 3 cod. proc.civ.;violazioni o falsa applicazione da considerarsi tutte e subordinatamente anche per nullità della sentenza del procedimento ai sensi dell'articolo 360, numero 4 cod.proc.civ. in relazione all'articolo 111 Costituzione. 1.1. In primo luogo la banca ricorrente assume che non sia stato rispettato il principio dell'onere della prova, spettando all'attore dimostrare che la controparte aveva consapevolezza dell'innocenza del denunciato, come indicato dal giudice di primo grado. In secondo luogo denuncia che la Corte d'appello ha desunto prove, ritenute vincolanti, da un processo penale che non concerne i medesimi fatti per poter fondare il proprio convincimento utilizzando le risultanze di un processo penale concernente fatti diversi, e precisamente non il reato di calunnia, ma il reato di falso ideologico e abuso d'ufficio per cui si è proceduto penalmente nei confronti del notaio su denuncia-querela della banca. In ogni caso la sentenza, a dire della ricorrente, si porrebbe in contrasto con il giudicato penale ove in motivazione, per l'assoluzione del notaio, è stato ritenuto insuperabile il dubbio sul reale svolgimento dei fatti, adducendo che, in separato giudizio penale, gli stessi funzionari della banca sono stati assolti anche dal reato di falsa testimonianza perché il fatto non sussiste. In ultimo la banca ricorrente nota che, se anche la sentenza penale di assoluzione del notaio non abbia evidenziato il fatto come dubbio, sarebbe stato necessario che l'attore dimostrasse il dolo del denunziante, e dunque l'elemento soggettivo, che non può neanche essere desunto dall'assoluzione con formula piena dell'attore in sede penale, come sancito da Corte di cassazione n. 10033/2004, posto che I' azione penale ha natura pubblicistica e, come sancito da Cass. n. 6790/2016, la procedibilità d'ufficio del reato interrompe il nesso causale tra denuncia calunniosa e danno. 1.2. Il motivo è fondato. 1.3. La Corte di merito, nel caso in questione, ha osservato che «al fine di verificare se siano falsi i fatti reato denunciati possono essere utilizzate le prove raccolte in sede penale, dal momento che per costante giurisprudenza, il giudice civile può utilizzare come fonte del suo convincimento le prove raccolte in sede penale (o in altro giudizio) e, dopo averle sottoposte al proprio vaglio, fondare la propria decisione sulle circostanze già acquisite con le garanzie di legge in quella sede». Inoltre, - ha ritenuto la Corte - «dal momento che l'appellante è stato assolto con sentenza passata in giudicato, emessa a seguito di dibattimento, il giudicato penale è vincolante del giudizio civile in ordine all'accertamento dei fatti materiali (cfr. in tal senso Cass. sezione lavoro, sentenza numero 21299/2014)». 1.4. La Corte di merito ha quindi ritenuto che, alla luce delle prove acquisite in sede penale, risultavano definitivamente accertati alcuni fatti materiali di rilievo per il giudizio in esame, e più precisamente che il verbale estratto dal notaio dai libri sociali era privo della sottoscrizione dei componenti del collegio sindacale, avendo questi ultimi dichiarato concordemente dinanzi ai giudici in sede penale di aver apposto la firma al verbale solo in occasione della riunione del consiglio di amministrazione della banca tenutosi il 20 ottobre 1990, e ciò secondo una prassi consolidata;sul verbale prodotto in assemblea dal notaio Z, e acquisito nel procedimento penale nei suoi confronti, i giudici penali verificarono la presenza visibile ad occhio nudo di una pregressa scrittura a matita dei nomi dei sindaci, circostanza quest'ultima evidenziata dal notaio sin dalle prime indagini;che nel verbale di assemblea del 20 ottobre 1990 veniva trascritto l'intervento del notaio che così dichiarava che considerava inesistente il parere dato dal collegio sindacale privo di sottoscrizioni e quindi non validamente costituita l'assemblea perché non rispettosa dell'iter previsto dal sesto comma dell'articolo 2341 cod.civ., posto che fino a mercoledì 17 ottobre 1990 non risultava che il collegio sindacale avesse formulato il parere richiesto;che le medesime circostanze esposte in sede assembleare dal notaio erano state prospettate in sede di giudizio di omologazione della delibera;dalla stessa testimonianza resa dall'avvocato dell'ufficio legale della banca si poteva evincere che all'epoca della estrazione dell'atto da parte del notaio non sussisteva la sottoscrizione dei sindaci.
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