Cass. pen., sez. IV, sentenza 03/11/2022, n. 4940
Sentenza
3 novembre 2022
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3 novembre 2022
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Massime • 1
La previsione di cui all'art. 420-ter, comma 5, cod. proc. pen. trova applicazione anche nel procedimento d'appello avverso i provvedimenti cautelari reali, sicchè il legittimo impedimento del difensore di fiducia, documentato e tempestivamente comunicato, costituisce causa di rinvio che, se disattesa, dà luogo a nullità dell'udienza camerale.
Sul provvedimento
Testo completo
ASTA REPUBBLICA ITALIANA 04940-23 In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE QUARTA SEZIONE PENALE Composta da: Presidente - PATRIZIA PICCIALLI Sent. n. sez. 1417/2022 -CC 03/11/2022 EMANUELE DI SALVO Relatore - R.G.N. 7095/2022 ALESSANDRO RANALDI MARIAROSARIA BRUNO AN LU GE RICCI ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: AR NO nato a [...] il [...] avverso l'ordinanza del 31/01/2022 del TRIB. LIBERTA' di BOLOGNA udita la relazione svolta dal Consigliere EMANUELE DI SALVO;
lette/sentite le conclusioni del PG LIDIA GIORGIO RITENUTO IN FATTO 1. AR AN ricorre per cassazione avverso l'ordinanza in epigrafe indicata, che, decidendo in sede di rinvio, ha rigettato l'appello avverso l'ordinanza emessa in data 6 aprile 2020, con cui il G.i.p. del Tribunale di Bologna ha respinto, ex art. 321, comma 3, cod. proc. pen., l'istanza di revoca del sequestro preventivo, limitatamente alla somma di euro 430.921,50, quale profitto del reato ex art. 2 d. lg. 10-3-2000, n. 74. 2. Il ricorrente deduce violazione di legge, in quanto l'udienza camerale di fronte al Tribunale si è tenuta senza la partecipazione dei difensori del ricorrente, i quali avevano precedentemente depositato in cancelleria istanza di rinvio per legittimo impedimento, poichè il giudice a quo ha ritenuto erroneamente che nei procedimenti in camera di consiglio ex art. 127 cod. proc. pen. la presenza del difensore, che viene sentito solo se compare, non sia necessaria e che dunque non dovesse essere effettuato alcun vaglio delle ragioni addotte nell'istanza difensiva. Viceversa ove il difensore scelga di comparire all'udienza camerale, tale opzione, rientrando in una specifica linea difensiva, non può essere vanificata da un evento imprevisto e imprevedibile che impedisca concretamente al difensore di partecipare all'udienza, onde la reiezione dell'istanza di rinvio fondata sulla mera asserzione che il legittimo impedimento non possa determinare il differimento dell'udienza costituisce una limitazione del diritto di difesa e delle garanzie fondamentali dell'imputato. Nel caso di specie, uno dei difensori aveva un concomitante impegno professionale, precedente alla notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale, e l'altro aveva contratto il Covid- 19. Nell'istanza era altresì indicata l'impossibilità assoluta alla partecipazione all'udienza di sostituti processuali.
2.1. Nel caso in esame, il sequestro della somma era finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato ma le somme depositate sul conto corrente bancario intestato alla società al momento dell'esecuzione del sequestro non potevano costituire oggetto di ablazione in quanto non qualificabili come risparmio di spesa e quindi come profitto del reato. Le predette somme derivavano infatti da rimesse effettuate dopo la scadenza del termine rispettivamente previsto per il versamento dell'imposta negli anni 2013- 2015 e cioè successivamente alla data di consumazione di ciascun reato contestato. Il provvedimento sarebbe stato consentito soltanto nel caso in cui l'ente fosse stato uno schermo fittizio, utilizzato dall'autore per commettere reati, ciò che è da escludere. Né tale misura poteva essere disposta ai sensi dell'art. 322 ter cod. pen., giacché essa può essere estesa ai delitti tributari limitatamente all'autore del reato e non alla persona giuridica. Dunque non rimaneva che la confisca diretta, che però può 1 colpire soltanto beni connotati da un nesso di pertinenzialità con l'illecito, ossia legati a quest'ultimo da un collegamento eziologico diretto, stabile e non meramente occasionale. Invero, negli avvisi di accertamento erariali, relativi ai periodi di imposta 2013 -2014, era emerso che i contratti di appalto stipulati dalla società erano genuini e quindi non poteva ritenersi che il danaro versato sui conti correnti della società in un periodo successivo a quello contestato oppure addirittura su conti correnti accesi dopo quest'ultimo fosse profitto del reato. Il conto corrente bancario attinto dal provvedimento di sequestro non presentava infatti saldi attivi alla scadenza del termine per l'adempimento tributario e pertanto il profitto dell'omesso versamento di imposta non equivaleva al correlativo mancato decremento del saldo e cioè al cosiddetto risparmio di spesa. Né la naturale fungibilità del danaro potrebbe ritenersi rilevante per qualificare le somme come profitto del reato, essendo necessario che la disponibilità delle somme stesse derivi da un risparmio di spesa conseguito mediante il mancato versamento di imposta. Viceversa è da escludersi che le somme di danaro depositate sul conto corrente dopo la scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione d'imposta possano rappresentare il profitto derivante dall'evasione fiscale. Il ricorrente ha altresì fornito prova documentale della circostanza che, alla data di scadenza del pagamento di imposta per i periodi 2013, 2014 e 2015, il conto corrente su cui era stato eseguito il sequestro non era ancora in essere e gli ulteriori conti correnti avevano un saldo negativo, così dimostrando la non imputabilità della somma sequestrata ad un risparmio di imposta derivante dalla frode fiscale. Sarebbe stata necessaria una chiara indicazione degli elementi indiziari sulla cui base stabilire che i beni sequestrati potessero considerarsi in tutto o in parte profitto di una condotta penalmente rilevante. A ben vedere, l'ordinanza ha finito per trasformare un sequestro finalizzato alla confisca diretta in un provvedimento finalizzato alla confisca per equivalente. Laddove risulti dimostrata l'origine lecita delle somme depositate sul conto corrente, non è possibile ritenere l'esistenza di una situazione di confusione patrimoniale che impedisca in concreto di distinguere le somme illecite da quelle lecite. Il sequestro preventivo ha dunque colpito danaro che non rappresenta alcun accrescimento patrimoniale monetario, quale prodotto o profitto del reato. Diversamente opinando si aprirebbe la strada ad una questione di legittimità costituzionale dell'art. 240 cod. pen. nella parte in cui rende applicabile la confisca diretta di danaro, a titolo di profitto o di prezzo del reato, anche nell'ipotesi in cui sia provata l'origine lecita delle somme oggetto di ablazione. Si chiede pertanto annullamento dell'ordinanza impugnata. 2 2.2. Le doglianze formulate dal ricorrente sono state ulteriormente illustrate e argomentate con