Cass. pen., sez. I, sentenza 12/04/2023, n. 15396
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: M R M nato a MILANO il 08/03/1972 avverso la sentenza del 13/09/2021 della CORTE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere F A;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARIA FRANCESCA LOY, che ha chiesto annullamento con rinvio alla Corte d'Appello di Milano per una nuova valutazione.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata nel preambolo, la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia con cui il Tribunale aveva dichiarato M R M colpevole del reato di cui all'art. 75, comma 2, d.lgs., 6 settembre 2011, n. 159. Secondo la conforme valutazione dei giudici del merito, M aveva violato le prescrizioni impostegli con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, applicatagli con provvedimento del 16 maggio 2017 del Tribunale di Milano, notificato con verbale di sottoposizione il 4 marzo 2019. Per l'effetto, l'imputato è stato condannato alla pena di mesi dieci di reclusione, ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata.
2. Avverso la sentenza ricorre il difensore di fiducia dell'iniputato ideducendo un unico motivo per erronea applicazione della legge penale. Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale, una volta accertata l'emissione del decreto con cui è stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. in un periodo in cui il proposto si trovava in stato di detenzione per espiazione della pena - cominciato il 20 dicembre 2016 e cessato il 29 febbraio 2019 - doveva tener conto degli effetti prodotti dall'applicazione della disciplina prevista dell'art. 14, comma 2-ter, d.lgs. n. 159 del 2011. Poiché, a mente di tale disposizione, l'esecuzione della misura di prevenzione personale è rimasta sospesa durante l'espiazione della pena detentiva superiore a due anni e, dopo la cessazione dello stato di detenzione protrattosi per tale durata, non era stata disposta da parte del giudice della prevenzione la necessaria verifica della persistenza della pericolosità sociale dell'interessato, la sorveglianza speciale non aveva ripreso automaticamente efficacia con lai sua rimessione in libertà. Ne segue che il fatto contestato non sussiste perché commesso in violazione delle prescrizioni imposte da un provvedimento divenuto inefficace a seguito dell'omessa necessaria rivalutazione della pericolosità sociale. CONSIDERATO IN DIRITTO L'unico motivo dedotto è infondato.
1. La Corte costituzionale, con sentenza n. 291 del 2013, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 12 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, nonché, in via consequenziale, del subentrato art. 15 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, nella parte in cui tali disposizioni non prevedono che - nel caso di sospensione dell'esecuzione
udita la relazione svolta dal Consigliere F A;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARIA FRANCESCA LOY, che ha chiesto annullamento con rinvio alla Corte d'Appello di Milano per una nuova valutazione.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata nel preambolo, la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia con cui il Tribunale aveva dichiarato M R M colpevole del reato di cui all'art. 75, comma 2, d.lgs., 6 settembre 2011, n. 159. Secondo la conforme valutazione dei giudici del merito, M aveva violato le prescrizioni impostegli con la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, applicatagli con provvedimento del 16 maggio 2017 del Tribunale di Milano, notificato con verbale di sottoposizione il 4 marzo 2019. Per l'effetto, l'imputato è stato condannato alla pena di mesi dieci di reclusione, ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata.
2. Avverso la sentenza ricorre il difensore di fiducia dell'iniputato ideducendo un unico motivo per erronea applicazione della legge penale. Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale, una volta accertata l'emissione del decreto con cui è stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. in un periodo in cui il proposto si trovava in stato di detenzione per espiazione della pena - cominciato il 20 dicembre 2016 e cessato il 29 febbraio 2019 - doveva tener conto degli effetti prodotti dall'applicazione della disciplina prevista dell'art. 14, comma 2-ter, d.lgs. n. 159 del 2011. Poiché, a mente di tale disposizione, l'esecuzione della misura di prevenzione personale è rimasta sospesa durante l'espiazione della pena detentiva superiore a due anni e, dopo la cessazione dello stato di detenzione protrattosi per tale durata, non era stata disposta da parte del giudice della prevenzione la necessaria verifica della persistenza della pericolosità sociale dell'interessato, la sorveglianza speciale non aveva ripreso automaticamente efficacia con lai sua rimessione in libertà. Ne segue che il fatto contestato non sussiste perché commesso in violazione delle prescrizioni imposte da un provvedimento divenuto inefficace a seguito dell'omessa necessaria rivalutazione della pericolosità sociale. CONSIDERATO IN DIRITTO L'unico motivo dedotto è infondato.
1. La Corte costituzionale, con sentenza n. 291 del 2013, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell'art. 12 legge 27 dicembre 1956, n. 1423, nonché, in via consequenziale, del subentrato art. 15 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, nella parte in cui tali disposizioni non prevedono che - nel caso di sospensione dell'esecuzione
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