Cass. civ., SS.UU., sentenza 03/07/2008, n. 18190
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Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. V A - Presidente di sezione -
Dott. T R M - Consigliere -
Dott. C M - Consigliere -
Dott. F M - Consigliere -
Dott. S S - Consigliere -
Dott. A A - Consigliere -
Dott. T G - Consigliere -
Dott. B R - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
UNIFRIGO GADUS S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Federico Confalonieri 5, presso l'avv. M A, che, unitamente all'avv. G C, la rappresenta e difende giusta delega in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
AGENZIA DELLE DOGANE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende per legge;
- controricorrente -
FONDIARIA - SAI S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via di Vigna Stelluti 176, presso l'avv. G I, rappresentata e difesa dagli avv.ti D P e L G giusta delega in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
avverso la sentenza della Conte d'appello di Venezia, Sez. 3^ civile, n. 233/05 del 7 gennaio 2005, depositata il 7 febbraio 2005, notificata il 18 aprile 2005;
Udito l'avv. G C per la Unifrigo Gadus S.p.A. e l'avv. G I per delega per la Fondiaria - SAI S.p.A.;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 giugno 2008 dal Consigliere Dott. Raffaele Botta;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia riguarda l'importazione di partite di merluzzo dalla Norvegia tramite l'esportatrice società ScanMar in esenzione doganale, in base agli accordi CEE-Norvegia, su certificazione EUR 1, che successivamente risultava falsa, aprendo la procedura di recupero daziario a posteriori, essendo stata negata all'autorità italiana dai competenti organismi comunitari l'autorizzazione a non procedervi per supposta sussistenza della buona fede dell'importatore nazionale. Avendo la società assicuratrice La Fondiaria corrisposto all'Agenzia delle Dogane, nella sua qualità di fideiussore, la somma pretesa dall'erario sulla base di apposita ingiunzione doganale, emanata nell'ambito della suddetta procedura di recupero a posteriori e alla stessa società assicuratrice notificata, quest'ultima società era chiamata in giudizio dalla società importatrice Unifrigo innanzi al Tribunale di Venezia per ivi sentir dichiarare illegittima l'ingiunzione de qua e, consequenzialmente, l'inesistenza di qualsiasi posizione debitoria di essa società attrice nei confronti sia della Dogana, sia del fideiussore a titolo di regresso. Il Tribunale adito accoglieva la domanda, ma la decisione era riformata in appello, con la sentenza in epigrafe, pronunciata sull'impugnazione proposta dalla società assicuratrice e dall'Agenzia delle Dogane e con la quale venivano rigettate le domande della società Unifrigo, la quale veniva condannata a pagare alla società assicuratrice quanto da quest'ultima corrisposto all'erario nella sua qualità di fideiussore.
Avverso tale sentenza, la società Unifrigo Gadus S.p.A. propone ricorso per cassazione con sette motivi. Resistono con controricorso l'Agenzia delle Dogane e la società assicuratrice, la quale propone anche ricorso incidentale con unico motivo. Entrambi le parti hanno depositato memoria.
MOTIVAZIONE
1. Preliminarmente occorre procedere alla riunione ex art. 335 c.p.c., del ricorso principale proposto dalla società contribuente e
del ricorso incidentale proposto dalla società assicuratrice Fondiaria - Sai S.p.A..
2. Con il primo motivo del ricorso principale, la società contribuente denuncia illogicità manifesta della sentenza impugnata per aver dato alle parole usate dalla Cassazione di Oslo nella propria decisione un contenuto opposto al loro significato, nonché violazione dell'art. 220 del Codice Doganale comunitario e dell'art. 21.2 della Decisione del Consiglio e della Commissione 13 dicembre 1993 (Accordo sullo Spazio Economico Europeo): la sostanza della
censura è tutta nella ritenuta erroneità del giudizio espresso dalla Corte d'appello nell'interpretare l'affermazione del giudice penale norvegese circa la falsità della dichiarazione d'origine del pesce importato.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto si risolve nel contrapporre la personale interpretazione che la società ricorrente da del giudicato norvegese a quella data dal giudice di merito, senza nemmeno indicare in base alla violazione di quali canoni interpretativi siffatta interpretazione sarebbe alla fine errata. 2.2. In realtà se una interpretazione "forzata" del giudicato in questione vi può essere, questa appare essere proprio quella proposta dalla società ricorrente, che vorrebbe far conseguire ad una mera applicazione del favor rei - perseguita dal giudice norvegese privilegiando tra i vari scopi possibili dei falsi certificati EUR 1 quello con minori conseguenze penali per gli autori dei medesimi - una affermazione implicita dell'origine norvegese del pesce importato. Molto più convincente e aderente all'effettivo contenuto del giudicato è l'interpretazione data dal giudice di merito, il quale ha esattamente colto l'obiettivo voluto dal giudice norvegese ed ha concluso che l'origine della merce restava alla fine dubbia.
2.3. A ragione il giudice di merito ha ritenuto che il giudicato norvegese - unitamente ad altri rilevanti elementi non adeguatamente contestati nel ricorso in esame, quali: a) "la decisione della Commissione 8 ottobre 1996 ove si legge espressamente che
"l'esportatore norvegese non era in grado di provare l'origine norvegese dei prodotti in causa";b) "l'ordinanza della Corte di Giustizia del 9 dicembre 1999 ove si legge espressamente che la Dogana italiana si è mossa "dopo essere stata informata dalle autorità doganali norvegesi nel 1993 del fatto che l'esportatore non era in grado di provare l'origine norvegese dei prodotti";c) "la sentenza penale di Alesaund con cui il direttore e il vicedirettore;
esecutivo della esportatrice ScanMar erano stati condannati per aver falsificato certificati sanitari per pesce e prodotti ittici nell'ambito di circa 190 esportazioni", sentenza modificata dalla Cassazione di Oslo nel senso dapprima ricordato e cioè con applicazione del favor rei nella identificazione dello scopo perseguito dai falsificatori - fosse fondamento della prova, assolta dall'amministrazione, circa il fatto che "il rilascio di certificati di origine inesatti che danno diritto al recupero daziario (era) imputabile all'inesatta presentazione dei fatti da parte dell'esportatore (che esclude(va) l'errore "attivo" dell'autorità competente quale causa esimente della contabilizzazione 'a posteriori')" (v. Cass. n. 20514 del 2006). Mentre, peraltro, mancava nel giudizio ogni contraria prova da parte dell'importatore: e costituisce orientamento di questa Corte, che deve essere oggi confermato dalle Sezioni Unite, il fatto che "- tanto in base al previgente testo dell'art. 220 del regolamento del Consiglio CEE 12 ottobre 1992, n. 2913 che in base alla medesima disposizione novellata con l'art. 1 del regolamento del Consiglio CEE 16 novembre 2000, n. 2700 -, deve ritenersi che l'importatore, il quale intenda avvalersi del particolare regime di esenzione ivi previsto, deve fornire la prova che, "per tutta la durata delle operazioni doganali in questione, ha agito con diligenza per assicurarsi che sono state rispettate tutte le condizioni per il trattamento preferenziale", comprese quelle in ordine alla corrispondenza a verità delle certificazioni sull'origine della merce importata (Cass. n. 5343 del 2006).