Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 14/12/2020, n. 28409

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 14/12/2020, n. 28409
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 28409
Data del deposito : 14 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

ente PU SENTENZA sul ricorso 14573-2015 proposto da: MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROM, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

- ricorrente -

contro

- FEBBRARO VERONICA, elettivamente domiciliata in ROM, VIA

POMPONIO LETO

2, presso lo studio dell'avvocato U R, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato E S;
- EU' ANTONIA, elettivamente domiciliata in ROM, VIA FRANCESCO SATOLLI, 45, presso lo studio dell'avvocato A M S, che la rappresenta e difende;
- POMPILI FRANCESCO, MONTESANTI GIANFRANCO, ROMNO MRIA LUISA, tutti elettivamente domiciliati in ROM, CORSO D'

ITALIA

102, presso lo studio dell'avvocato G PQUALE MOSCA, che li rappresenta e difende;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 691/2015 della CORTE D'APPELLO di ROM, depositata il 11/02/2015 R.G.N. 5477/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/09/2020 dal Consigliere Dott. C M;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A C che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato A M S;
udito l'Avvocato E S udito l'Avvocato G PQUALE MOSCA. R. Gen. N. 14573/2015

FATTI DI CAUSA

1. la Corte d'appello di Roma, in accoglimento dell'impugnazione proposta da Veronica Ferraro, A E, F P, G M e M L R nei confronti del Ministero dello sviluppo economico (quale successore dell'Istituto per la programmazione industriale - IPI -) ed in riforma della decisione del locale Tribunale, affermata l'illegittimità dei contratti a termine e di collaborazione intercorsi tra le parti, dichiarava che tra i ricorrenti e l'IPI fosse intercorso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato fin dalla prima assunzione con ordine al Ministero di ripristinare i rapporti e corrispondere il risarcimento del danno pari ad una indennità diversamente quantificata per ciascuno degli appellanti. Riteneva la Corte territoriale che l'IPI, nato come ente di natura associativa senza fini di lucro e dunque come soggetto di natura privata, a seguito delle modificazioni statutarie introdotte il 13.11.2008 avesse subito una riorganizzazione che aveva portato alla fuoriuscita dei soci di natura privata dalla compagine associativa ed alla soppressione del Comitato d'indirizzo strategico, venendosi così a caratterizzare come ente strumentale in house del Ministero dello sviluppo economico, sotto la cui vigilanza operava con sottoposizione al controllo della Corte dei Conti e recependo un modello organizzativo in cui la P.A. provvede da sé al perseguimento dei propri scopi pubblici, nell'ambito del suo potere di autorganizzazione e del generale principio comunitario di autonomia istituzionale. Ad avviso della Corte territoriale la riprova di tale emancipazione dalla natura privatistica era data proprio dall'art. 7, comma 20, del D.L. n. 78/2010 di soppressione di taluni enti, tra cui l'IPI, definiti appunto 'pubblici'. Esaminate, poi, le posizioni degli appellanti riteneva che i contratti stipulati dagli stessi fossero illegittimi (per ragioni differenti a seconda delle tipologie contrattuali) con conseguente sussistenza, per tutti, di un rapporto di lavoro subordinato sin dal primo di tali contratti.R. Gen. N. 14573/2015 Considerato che la disposta trasformazione dei rapporti andava collocata temporalmente in epoca anteriore alla sopraindicata emancipazione dell'Istituto dalla natura privata, al momento della soppressione di tale Istituto e del passaggio del personale presso il Ministero dello sviluppo economico, i rapporti in questione dovevano considerarsi già in essere come rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il MISE con un motivo.

3. Hanno resistito con distinti controricorsi A E, V F, F P, M L R e G M .

4. Tutte le parti hanno depositato memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l'unico motivo il Ministero denuncia, ai sensi dell'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 36 del d.lgs. n. 165/2001, dell'art. 7, comma 20, d.l. n. 78/2010, dell'art. 14, comma 15, del d.l. n. 98/2011 nonché degli artt. 30 cod. civ. e 11 disp. att. cod. civ.. Sostiene, in sintesi, ostativa alla costituzione di un rapporto fosse la natura pubblica dell'ente a quo nonché dell'ente ad quem. Evidenzia che l'IPI aveva, già prima della soppressione, tutte le caratteristiche proprie di un organismo di diritto pubblico in rapporto di delegazione organica con il Ministero dello sviluppo economico che svolgeva su di esso un controllo analogo a quello svolto nei confronti dei propri organi. L'Istituto, inoltre, svolgeva attività strumentale ai fini istituzionali del Ministero che finanziava annualmente lo stesso rendendolo partecipe degli scopi/attività di incentivazione alle imprese del Ministero controllante. Richiama ai fini della legittimità di un sistema che non prevede la conversione automatica dei rapporti ma solo il risarcimento del danno la pronuncia della Corte costituzionale n. 89 del 2003, sentenze della Corte R. Gen. N. 14573/2015 di Giustizia CE (Vassallo del 7 settembre 2006) e precedenti di questa Corte (Cass. n. 1260 del 2015 e Cass. n. 19371 del 2013). Aggiunge che anche qualora il rapporto a termine debba ritenersi intercorso con un soggetto avente in origine natura privatistica, per la trasformazione in senso pubblicistico subìta dallo stesso nel corso del tempo non potrebbe giammai essere disposta la conversione del rapporto. Evidenzia che l'espressione 'il personale a tempo indeterminato attualmente in servizio' contenuta nella disposizione di cui all'art. 7, comma 20, del d.l. n. 78/2010, per essere conforme al dettato costituzionale, non possa che essere interpretata in senso restrittivo tale da consentire la trasmigrazione solo dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato 'attuali', interpretazione che sola consente di escludere ogni aggirabilità della regola del pubblico concorso quale sistema ordinario di accesso nei ruoli dell'amministrazione.

2. Va preliminarmente disattesa l'eccezione di nullità del ricorso per cassazione formulata dalla controricorrente Antonia Efù per essere la sentenza notificata in via telematica priva, nelle motivazioni, della pag.

5. Ed infatti, posto che è la stessa controricorrente ad affermare che la sentenza de qua è stata già pubblicata priva della pag. n. 5, nessun onere sussisteva a carico del Ministero di richiedere la correzione di tale sentenza posto che dalla medesima si evinceva comunque il percorso motivazionale seguito dalla Corte territoriale per pervenire alle conclusioni di cui allo storico di lite. Come da questa Corte già affermato, la conformità della sentenza al modello di cui all'art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., richiede che l'esposizione dei fatti di causa riassuma concisamente il contenuto sostanziale della controversia e che nella motivazione sia chiaramente illustrato il percorso logico giuridico seguito, sicché è sufficiente che la sentenza, pur non avendo l'indicazione esatta delle pagine o anche in assenza di una delle pagine originariamente redatte, consenta di desumere la ragione per la quale ogni istanza proposta dalle parti sia R. Gen. N. 14573/2015 stata esaminata e di ricostruire l'esatto ragionamento posto a base della decisione (v. in tal senso Cass. 21 ottobre 2015, n. 21420). Né invero la mancanza di tale pagina può dirsi che violi il disposto dell'art. dell'art. 369, secondo comma, cod. proc. civ atteso che la procedibilità del ricorso per Cassazione non è esclusa dal fatto che la copia autentica della sentenza impugnata (che il ricorrente è tenuto a depositare unitamente al ricorso ex art. 369, comma secondo cod. proc. civ.) sia incompleta perché priva di alcune pagine della parte motivazionale tutte le volte in cui, come nella specie, il ricorrente stesso si sia attenuto a quanto disposto dal citato art. 369 del codice di rito depositando copia autentica della sentenza impugnata così come depositata (ovvero notificatagli dalla controparte), e contenente l'attestazione di conformità all'originale della sentenza della Corte d'appello apposta dal cancelliere di detta Corte - id est quanto all'attestazione di conformità all'originale della copia analogica estratta con modalità telematica - (v. Cass. 10 febbraio 2004, n. 2494), risultando comunque comprensibile il ragionamento dei giudici di merito ed idoneo a stabilire se i motivi di censura siano fondati o meno.

3. Per il resto il motivo supera il preliminare vaglio di ammissibilità per essere le censure, come sopra riassunte, intese a denunciare l'errata non applicazione del divieto di conversione dei rapporti. Né corrisponde al vero che il Ministero non abbia censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha riconosciuto all'IPI natura privatistica fino alle modifiche statutarie del 2008 evincendosi dal motivo di ricorso che "il soppresso IPI aveva tutte le caratteristiche proprie di un organismo di diritto pubblico in rapporto di delegazione organica con il Ministero;
infatti il Ministero dello sviluppo economico era il soggetto pubblico che svolgeva un controllo sull'IPI analogo a quello svolto nei confronti dei propri organi, l'attività dell'IPI era strumentale ai fini istituzionali del Ministero dello sviluppo economico il quale finanziava annualmente lo stesso" (v. in particolare pag. 14 del ricorso per cassazione). Tanto precisato, il motivo, è fondato nei termini di seguito illustrati.R. Gen. N. 14573/2015 4. La questione sottoposta all'esame di questa Corte ruota intorno alla natura giuridica dell'IPI.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi