Cass. civ., sez. III, sentenza 11/06/2003, n. 9374
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Nell'ipotesi in cui la domanda di accertamento della simulazione sia stata proposta in via meramente incidentale, deve escludersi la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti delle parti dell'accordo simulatorio, in quanto l'accertamento della simulazione avviene, senza efficacia di giudicato, quale presupposto logico giuridico necessario ai fini della decisione della domanda principale.
Nei procedimenti in materia di locazione , cui è applicabile il rito del lavoro ai sensi dell'art. 447 bis cod. proc. civ., la tardività dell'intervento volontario, effettuato oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto e non ai fini dell'integrazione necessaria del contraddittorio (art. 419 cod. proc. civ.), non è sanata dall'accettazione del contraddittorio da parte del soggetto contro cui il terzo abbia proposto le sue domande e va rilevata anche d'ufficio, data la rilevanza pubblica degli interessi in vista dei quali è posto il divieto di domande nuove.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D V - Presidente -
Dott. P R - Consigliere -
Dott. P L R - rel. Consigliere -
Dott. DI N L F - Consigliere -
Dott. P G B - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GRUPPO B SRL, con sede in Fauglia (Pi), in persona del suo legale rappresentante Sig. A B nonché BATTAGLIA ANTONIA in proprio, B ANDREA, B CESARE, elettivamente domiciliati in ROMA VIALE DELL'UNIVERSITÀ 11, presso lo studio dell'avvocato A E, che li difende anche disgiuntamente all'avvocato L M, giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
C.L.A. SRL, con sede in Castellina M.Ma, in persona del legale rappresentante pro tempore Sig. R A, elettivamente domiciliata in ROMA VIA COLA DI RIENZO 162, presso lo studio dell'avvocato L S, che la difende anche disgiuntamente all'avvocato L C, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 87/99 del Tribunale di PISA, emessa il 19/11/98 e depositata il 02/02/99 (R.G. 1941/98);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/01/03 dal Consigliere Dott. R P L;
udito l'Avvocato L La TARTAGLIONE (per delega Avv. Augusto ERMETES);
udito l'Avvocato Nicoletta RAUSEO (per delega Avv. Lucia Scalone di Montelauro);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Umberto APICE che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al pretore di Pisa, depositato il 1 giugno 1993, la s.r.l. Gruppo B, con sede in Fauglia, esponeva che il 6 febbraio 1987 Barsotti Andrea, Barsotti Cesare e Battaglia Antonia, eredi di Barsotti Valentino, avevano concesso in locazione, per la durata di sei anni a decorrere dal 1 marzo 1987, un immobile per uso commerciale alla s.r.l. Magazzini Vallicelle.
Aggiungeva che, con successivo contratto del 2 maggio 1988, i locatori avevano ceduto il contratto alla s.r.l. Gruppo B, e che, dichiarata fallita nel 1990 la società conduttrice Magazzini Vallicelle, gli organi fallimentari avevano venduto l'azienda della stessa alla s.r.l. C.L.A., la quale, ai sensi dell'art. 36 della legge n. 392 del 1978, era pertanto subentrata nel contratto di
locazione.
Spiegava che, in data 14 gennaio 1992, aveva comunicato alla conduttrice il diniego di rinnovazione della locazione alla prima scadenza del 28 febbraio 1993, intendendo adibire l'immobile a propria sede. Chiedeva quindi che, accertata la legittimità del diniego, fosse ordinato alla C.L.A. il rilascio dell'immobile in suo favore.
La resistente eccepiva in primo luogo la nullità del diniego di rinnovo, essendo indicati nella relativa comunicazione due motivi incompatibili tra loro, in quanto riferiti l'uno al cessionario della locazione e l'altro al cedente.
Contestava inoltre che il Gruppo B, cessionario della locazione, potesse esercitare il diritto di diniego di rinnovo di cui all'art. 29 della legge citata, spettante soltanto al proprietario o al titolare di un diritto reale sull'immobile.
Negava infine sia la rilevanza del motivo dedotto, rispetto a quelli considerati dal cit. art. 29, che l'effettiva sussistenza della seria intenzione richiesta dalla legge.
Alla seconda eccezione sollevata dalla società resistente la ricorrente replicava che, contestualmente alla cessione del contratto "a parte locatoris", gli eredi Barsotti avevano stipulato con la società Gruppo B un contratto di locazione, che vedeva quest'ultima come conduttrice dello stesso immobile, con scadenza al 1 maggio 1994, successiva a quella prevista nel contratto ceduto. Alla scadenza di quest'ultimo contratto la società Gruppo B avrebbe continuato perciò a mantenere la disponibilità dell'immobile, onde la sua legittimazione e il suo interesse ad agire ai sensi dell'art. 29 della legge n.392 del 1978.
La resistente, con una successiva memoria, eccepiva altresì la natura simulata del contratto di cessione della locazione intervenuto fra gli stessi eredi Barsotti e la società Gruppo B, desumibile, oltre che dalla palese incongruenza dell'operazione dal punto di vista economico (tenuto conto della discrepanza fra il canone concordato per la cessione e quello percepibile in base al contratto ceduto), dall'anomala concentrazione, in capo alla società Gruppo B, della veste di locatore e conduttore dello stesso immobile.
Nel corso del giudizio intervenivano volontariamente gli eredi Barsotti, dichiarando di far proprie le richieste della ricorrente. Con sentenza del 15 maggio 1997, il pretore rigettava il ricorso. A sostegno della decisione adduceva tre distinti argomenti. In primo luogo riteneva simulata la cessione della locazione dagli eredi Barsotti al Gruppo B, e quindi inesistente la legittimazione del supposto cessionario a far valere il diniego di rinnovazione della locazione. In secondo luogo, affermava l'inidoneità della cessione (se reale ed efficace) ad attribuire al cessionario il potere, spettante al locatore cedente, di far cessare il contratto alla prima scadenza, ai sensi dell'art. 29 cit., essendo tale potere riconosciuto solo al locatore che sia titolare di un diritto reale sull'immobile, su cui possa fondarsi l'interesse a riottenerne la materiale disponibilità. In terzo luogo, osservava ancora il pretore, qualora fossero superabili queste obiezioni, all'esercizio del diniego di rinnovo sarebbe conseguita l'estinzione, nel suo complesso, del rapporto oggetto della cessione e dunque la definitiva perdita, da parte del cessionario, delle situazioni soggettive attive connesse alla posizione di locatore, e così sarebbero venute meno le condizioni della legittimità del diniego di rinnovo, costituite dall'acquisizione della disponibilità diretta dell'immobile da parte del recedente.
La legittimazione al diniego, ad avviso del primo giudice, non poteva fondarsi nemmeno sulla contemporanea qualità di conduttore spettante al cessionario, giacché in tal modo si sarebbe attribuita rilevanza non già all'interesse del locatore bensì a quello del successivo conduttore, in conflitto con l'interesse contrapposto del conduttore originario e in violazione dell'art. 1380 C.c. Il Tribunale di Pisa, con sentenza del 2 febbraio 1999, condividendo e sviluppando il terzo argomento, ritenuto assorbente, ha rigettato il gravame principale del Gruppo B e degli eredi Barsotti, dichiarando assorbito quello incidentale della società C.L.A.
Per la cassazione di tale sentenza ricorrono i soccombenti, formulando tre mezzi di annullamento. Resiste con controricorso l'intimata C.L.A.
I ricorrenti hanno depositato una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo, denunciando la violazione dell'art. 112 C.p.c, i ricorrenti deducono che il Tribunale non si è pronunciato ne' sul primo e secondo motivo d'impugnazione, concernenti la simulazione, nè sul quarto. Con quest'ultimo gli odierni ricorrenti avevano lamentato che la pronuncia fosse fondata su prove inammissibili, perché irritualmente disposte d'ufficio e oltre i limiti stabiliti dal codice civile.
Al primo e secondo motivo d'impugnazione il Tribunale ha risposto che non era necessaria "una specifica statuizione sul punto", perché il pretore avrebbe esaminato l'eccezione di simulazione del contratto di cessione "incidenter tantum". Ciò non risponde al vero, perché il pretore nella motivazione della sentenza ha dichiarato la nullità della cessione e, sulla base di tale nullità, ha rigettato la domanda volta ad ottenere l'accertamento della legittimità della disdetta e della scadenza della locazione, ricorrendo alle motivazioni ulteriori del rigetto solo in via subordinata.
Queste censure sono infondate.
Il Tribunale giudica "non necessaria una specifica statuizione" sui due motivi svolti dagli appellanti "per contrastare la ritenuta simulazione del contratto di cessione della locazione", col rilievo che la simulazione non è stata oggetto di specifica domanda ma solo di eccezione della resistente ed è stata pertanto esaminata dal pretore sole "incidenter tantum".
Osserva il Collegio che il Tribunale ha accantonato, a ragion veduta, la questione dell'eventuale nullità, per simulazione assoluta, della cessione della locazione dagli eredi Barsotti alla società Gruppo B, avendo fondato il suo ragionamento, del quale si dirà più oltre, sull'implicita premessa logica di una cessione non simulata ma vera e reale, in tal modo negando alla detta questione, nell'economia della motivazione, ogni rilievo giuridico, se non addirittura risolvendola, sempre per implicito, anche se solo "incidenter tantum", nel senso auspicato dagli appellanti, oggi ricorrenti.
Occorre infatti precisare che la decisione sul punto, come esattamente nota il giudice "a quo", non poteva che essere emessa, e in realtà è stata emessa, in via meramente incidentale, "incidenter tantum" (ovvero unicamente in funzione del successivo e dipendente accertamento della legittimità o meno del diniego di rinnovazione intimato dal Gruppo B in qualità di cessionario della locazione), poiché non risulta, ne' viene dedotto dai ricorrenti, che sia stata proposta al pretore una "esplicita domanda" di decisione con efficacia di giudicato, ai sensi dell'art. 34 C.p.c, nè prima ne' dopo l'intervento degli eredi Barsotti.
Poiché dunque la "ratio decidendi", nell'ipotesi peggiore per i ricorrenti, prescinde dalla simulazione, non hanno di che dolersi questi ultimi per non aver ricevuto esplicita risposta al primo e al secondo motivo del gravame, coi quali sostenevano, per l'appunto, la realtà della cessione e comunque l'impossibilità di provarne la simulazione per presunzioni;e neppure al quarto motivo, col quale lamentavano che il pretore, in violazione dell'art. 2711 C.c., avesse ordinato la comunicazione integrale dei libri contabili e che da tale esibizione avesse poi "tratto spunto per argomentare la propria opinione di simulazione assoluta del contratto di cessione del 2 maggio 1988".
Trattandosi in definitiva di materia ormai estranea alla controversia, non vale infatti più discorrere, in questa sede, ne' di simulazione ne' di prove (come quelle di cui si deduce l'irrituale acquisizione) funzionali al suo accertamento. Col secondo motivo i ricorrenti, denunciando la violazione dell'art. 29 della legge 27 luglio 1978 n.392 e degli artt. 1406 e segg. C.c, sostengono che il contratto di locazione può essere ceduto anche "a
parte locatoris", con l'effetto che soltanto il locatore cessionario può intimare la disdetta al conduttore, derivando tale sua legittimazione dal subentro nella posizione giuridica, attiva e passiva, del locatore cedente. Sfugge quindi la ragione per cui il Gruppo B, cessionario della locazione in corso prima con i Magazzini Vallicelle e poi con la C.L.A., dovrebbe vedersi negare il diritto di far cessare il contratto alla prima scadenza, non più spettante ai proprietari, originari locatori. Peraltro il contraente ceduto (ossia la società Magazzini Vallicelle) aveva consentito alla cessione, secondo la generale normativa codicistica in materia, avendo da sempre pagato i canoni al Gruppo B, e altrettanto ha fatto la C.L.A., fin dal suo subentro a seguito dell'acquisto dell'azienda dagli organi fallimentari;ciò che rende vieppiù infondata la ritenuta illegittimità del diniego di rinnovo.
Altrettanto erronea è la decisione, continuano i ricorrenti, nella parte in cui reputa che il locatore cessionario, non avendo alcun titolo giuridico che gli permetta di disporre del bene immobile, sarebbe nell'impossibilità di conseguire lo scopo dichiarato nella disdetta, senza potersi giovare nemmeno del contratto di locazione intercorso tra il Gruppo B e gli eredi Barsotti. La legge infatti si disinteressa del titolo di godimento, in virtù del quale il soggetto, che prima era locatore e che in tale veste ha comunicato il proprio diniego motivato di rinnovazione, potrà perseguire il fine posto a sostegno del recesso, rilevando unicamente l'effettiva attuabilità e serietà dell'intento.
La società Gruppo B, dal canto suo, ben poteva raggiungere lo scopo dichiarato, essendo titolare di un diritto di natura obbligatoria, costituito col contratto del 2 maggio 1988. Contrariamente a quanto opinato dal Tribunale, nessun programma elusivo della legislazione vincolistica mosse perciò ne' gli eredi Barsotti, in quanto proprietari, ne' il Gruppo B, che, in qualità di locatore cessionario, era l'unico soggetto legittimato al diniego di rinnovo, e che poi avrebbe perseguito lo scopo per il quale aveva provveduto alla disdetta, in forza della locazione del 2 maggio 1988. Nemmeno queste censure sono meritevoli di accoglimento. Il Tribunale, ritenendo sufficiente "procedere al riesame del terzo argomento sviluppato dal pretore", per il suo "carattere assorbente", osserva che la legittimità del diniego di rinnovazione della locazione alla prima scadenza è subordinata all'effettiva attuabilità del motivo dedotto a suo fondamento, la quale a sua volta presuppone l'esistenza, in capo al locatore che agisca ai sensi degli artt. 28 2 comma e 29 della legge n.392 del 1978, dell'effettiva disponibilità del bene locato. Nel caso di specie, continua la sentenza, il locatore Gruppo B, tale in quanto cessionario del contratto di locazione "a parte locatoris", non avendo l'effettiva disponibilità dell'immobile, non si trovava nella condizione di poter conseguire l'effetto giuridico tutelato dalla norma, solo in presenza del quale è consentito sacrificare l'interesse del conduttore alla prosecuzione del rapporto alla prima scadenza.
Senza pregio è anche la pretesa del Gruppo B di legittimarsi alla disdetta in virtù del rapporto locativo di più lunga durata stipulato coi proprietari contestualmente alla cessione della locazione, che lo vede come conduttore dello stesso bene, poiché, come già notato dal primo giudice, queste due posizioni, di locatore cessionario e di conduttore dello stesso immobile debbono essere valutate separatamente, in quanto originate da due distinti negozi giuridici, produttivi di effetti diversi l'uno dall'altro. In tale situazione, benvero, l'interesse di adibire l'immobile all'esercizio di un'attività commerciale propria viene ad essere perseguito in effetti non dal locatore (l'unico meritevole di tutela nella valutazione normativa) ma bensì da chi verrà a detenere l'ignobile in qualità di nuovo conduttore, ovverossia dal futuro conduttore.
Ciò in netto contrasto col modello normativo, che prevede la piena libertà del locatore di dare in locazione lo stesso immobile a un altro conduttore soltanto alla scadenza del secondo sessennio. Questa decisione è conforme al diritto e va condivisa, con qualche precisazione.
La soluzione della controversia impone di rispondere preliminarmente al quesito se sia ammissibile la cessione della locazione "a parte locatoris" e a quali condizioni la stessa sia eventualmente subordinata.
In presenza di un dato normativo che prevede espressamente soltanto l'ipotesi della cessione della locazione per iniziativa del conduttore ("a parte conductoris": artt. 1594 C.c. e 2 e 36 della legge 27 luglio 1978 n.392), la dottrina è divisa tra chi reputa che la cessione "a parte locatoris" sia sempre possibile e sia regolata dalla disciplina generale degli artt. 1406 e segg. C.c, e chi, al contrario, nega "in radice" quella possibilità, non potendosi avere il trasferimento della posizione di locatore se non in connessione col trasferimento del diritto sulla cosa locata che abilita il locatore a locare (artt. 1599 e segg. C.c.). Ritiene il Collegio che la soluzione esatta del problema sia quest'ultima.
È risaputo che, secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, per assumere la qualità di locatore non è necessario essere proprietario o titolare di altro diritto reale sull'immobile locato, essendo sufficiente averne la disponibilità, in virtù di un titolo giuridico non contrario a norme imperative, ed essere in grado di trasferirne la detenzione e il godimento al conduttore. Di recente, si è ancor meglio precisato che chi ha la disponibilità di un bene non è, per ciò solo, legittimato a darlo in locazione, occorrendo a tal fine che la disponibilità abbia avuto genesi in un rapporto o titolo giuridico che comprenda il potere di trasferirne al conduttore la detenzione o il godimento (Cass. 2 ottobre 1998 n. 9793). Poste queste indiscutibili premesse, non sarebbe logico sostenere che colui il quale non disponga della cosa, nel senso testè chiarito, da un lato non possa autonomamente locare e dall'altro, viceversa, possa assumere la veste di locatore per effetto della semplice cessione della posizione attiva del contratto, svincolata da ogni altro negozio attributivo di una posizione di preminenza sulla cosa che lo ponga, nei confronti del conduttore, in una condizione analoga a quella del locatore originario. Ne consegue che la cessione della locazione per iniziativa del locatore ("a parte locatoris"), per essere valida ed efficace, non può dissociarsi dal trasferimento, in favore del cessionario, della stessa posizione giuridica di cui è titolare, rispetto alla cosa, il locatore cedente e che lo abilita a trasferirne e ad assicurarne il godimento al conduttore (non necessariamente la proprietà o altro diritto reale, perché può locare, per esempio, anche il comodatario, a norma dell'art. 1804 2^ comma C.c, col consenso del comodante, per non dire del conduttore, anch'egli, in linea di principio, abilitato a sublocare);perché solo così il cessionario sarà in grado di continuare a far godere la cosa al conduttore e quest'ultimo non vedrà peggiorato il proprio "status" di fronte a un locatore non "dominus" ne' titolare di un'altra valida condizione legittimante.
Non varrebbe naturalmente a modificare questo quadro il consenso eventualmente prestato alla cessione dal conduttore ceduto, ai sensi dell'art. 1406 è C.c., non potendo esso sopperire all'assenza della disponibilità giuridica dell'immobile in capo al cessionario. Nel caso presente, gli eredi Barsotti locarono alla società Magazzini Vallicelle in qualità di proprietari, per cui la "cessio a parte locatoris", per essere perfetta, non poteva prescindere dal trasferimento al Gruppo B, in uno alla veste di locatore, anche del diritto di proprietà sull'immobile, o meglio di questo, e, per conseguenza, di quella.
La cessione posta in essere tra gli eredi Barsotti e il Gruppo B, per la sua inidoneità a produrre effetti, non ha conferito dunque al cessionario la veste di "locatore", legittimato, ai sensi degli artt. 28 2 comma e 29 della legge n.392 del 1978, ad esercitare la facoltà di negare la rinnovazione del contratto alla prima scadenza (ancora esercitatale, per conseguenza, solo da chi, nonostante la cessione, era rimasto "locatore", ossia dagli eredi Barsotti). È questa una prima ragione di illegittimità dell'intimata disdetta, dal momento che, tra le condizioni legittimatrici della comunicazione di diniego, che vanno verificate dal giudice, assume, come è naturale, rilievo prioritario la veste di "locatore" in capo a chi l'esegue, in difetto della quale la pretesa di riottenere l'immobile dopo il primo sessennio va senz'altro rigettata. Assumono i ricorrenti che la disponibilità giuridica dell'immobile sarebbe derivata al Gruppo B dal contratto di locazione stipulato con gli eredi Barsotti il 2 maggio 1988, contestualmente (si dice) alla cessione della locazione, e che pertanto sussisteva, a favore dello stesso Gruppo B, la possibilità giuridica di destinare l'immobile, una volta rilasciato dalla società C.L.A. alla scadenza del primo sessennio, a propria sede sociale.
Questa tesi è nettamente da respingere.
Se per un verso infatti è chiaro che il contratto di locazione "a latere" non basterebbe a rendere valida ed efficace la cessione "a parte locatoris", per quanto già detto, onde resterebbe il difetto di legittimazione del Gruppo B a negare la rinnovazione del contratto alla prima scadenza, a maggior ragione tale legittimazione non potrebbe derivare al Gruppo B dalla veste di conduttore dello stesso immobile (peraltro in concorrenza e in conflitto prima con la società Magazzini Vallicelle e poi con la stessa C.L.A.), sia per la ragione, decisiva, che la rinnovazione può essere (motivatamente) negata solo dal "locatore";sia perché, nel caso contrario, gli eredi Barsotti, col rilascio anticipato da parte della C.L.A., conseguirebbero il risultato, vietato dalla legge, di dare in locazione l'immobile a un altro conduttore (il Gruppo B) dopo soli sei anni, laddove, come ha sottolineato il giudice di appello, il modello normativo è inderogabilmente (art. 79 della l. n.392 del 1978) improntato alla conservazione del rapporto locativo
alla prima scadenza, consentendo di porre fine al rapporto con un conduttore e di dare in locazione lo stesso immobile ad un qualsiasi altro conduttore solo alla scadenza del secondo sessennio. Col terzo mezzo i ricorrenti, denunciando la violazione del combinato disposto degli artt. 419 e 447 "bis" C.p.c. e 1399 C.C., osservano che i Barsotti intervennero quali litisconsorti necessari, giacché, in loro assenza, non sarebbe stato possibile dichiarare nulla per simulazione la cessione del 2 maggio 1988, onde non regge la dichiarata tardività di detto intervento. La sentenza è incorsa in un altro errore quando ha negato all'intervento dei proprietari il valore di ratifica del diniego di rinnovo espresso dal locatore cessionario, sol perché avvenuto dopo la scadenza del termine previsto per la disdetta dall'art. 29 3^ comma della legge n.392 del 1978, stante l'effetto retroattivo tipico della ratifica
dell'operato del "falsus procurator", la quale pertanto ben poteva aver luogo anche oltre quel limite temporale. Quanto meno il Tribunale non poteva omettere di considerare la piena coincidenza di interessi tra il Gruppo B e gli eredi Barsotti, manifestata con la piena adesione dei secondi alle domande proposte dal primo. Anche quest'ultima censura è infondata.
Il Tribunale nega che l'intervento in causa degli originari locatori e proprietari dell'immobile, per far proprie le richieste della società ricorrente, sia idoneo a legittimare il diniego, "giacché, al di là della sua tardività sul piano processuale, è avvenuto ampiamente oltre il termine previsto dall'art. 29 3^ comma della legge n.392 del 1978". Questa duplice motivazione è logicamente e giuridicamente corretta e va confermata.
Nella specie, come si è già sopra accennato, l'accertamento della simulazione della cessione doveva avvenire in via meramente incidentale, senza efficacia di giudicato, quale passaggio logico prioritario e necessario ai fini della verifica della validità o meno della disdetta intimata dalla società cessionaria alla conduttrice C.L.A.: onde, non configurandosi un litisconsorzio necessario coi cedenti Barsotti, controparte del preteso accordo simulatorio (cfr. Cass. 17 gennaio 1986 n. 320 e 21 ottobre 1982 n. 5488), questi ultimi dovevano intervenire non oltre il termine stabilito per la costituzione del convenuto, ai sensi degli artt. 419 e 447 "bis" C.p.c, e, prima del 30 aprile 1995, ai sensi degli artt. 419 C.p.c. e 30 e 46 della legge n.392 del 1978. Come è noto, nel rito del lavoro, la tardività dell'intervento volontario effettuato non ai fini dell'integrazione necessaria del contraddittorio non è sanata dall'accettazione del contraddittorio da parte del soggetto contro cui il terzo abbia proposto le sue domande e va rilevata anche d'ufficio, per la natura pubblica degli interessi in vista dei quali, nei giudizi assoggettati a detto rito, è posto il divieto di domande nuove (Cass. 26 novembre 1998 n. 12021). Ma, anche prescindendo dalla tardività dell'intervento e dalla conseguente inammissibilità delle domande degli eredi Barsotti, queste sarebbero in ogni caso infondate nel merito.
La ratifica disciplinata nell'art. 1399 C.c. si applica "nell'ipotesi prevista dall'articolo precedente", presuppone cioè l'operato di un "falsus procurator", ovvero di un soggetto che, "senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli", abbia agito in nome e per conto di un altro soggetto, come suo rappresentante;ma nella specie, come è pacifico e del resto risulta dal testo della disdetta, trascritto a pag. 4 del ricorso, il Gruppo B, nel comunicare alla C.L.A. la volontà di non rinnovare il contratto alla prima scadenza, agì, oltre che per conseguire uno scopo proprio, anche per conto e in nome proprio, senza affatto assumersi la rappresentanza dei proprietari eredi Barsotti.
Nè si vede come potrebbe giovare ai Barsotti una qualsiasi "coincidenza" di interessi col Gruppo B, potendo essi attivarsi giudizialmente solo dopo aver intimato tempestiva e personale disdetta alla C.L.A., ai sensi degli artt. 28 2^ comma e 29 della legge n.392 del 1978. Le spese del presente giudizio ricadono a carico dei soccombenti e sono liquidate nel dispositivo.