Cass. pen., sez. III, sentenza 21/05/2020, n. 15574

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 21/05/2020, n. 15574
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15574
Data del deposito : 21 maggio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto dal: Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Venezia;
nei confronti di: D V, nato in Bielorussia il 15 gennaio 1969;
avverso la sentenza n. 1565/18 del Tribunale di Rovigo del 20 novembre 2018;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata ed il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. A G;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. P G, il quale ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla libertà vigilata che chiede sia applicata dalla stessa Corte;

RITENUTO IN FATTO

Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Venezia ha impugnato, deducendo l'intervenuta violazione di legge, la sentenza del Tribunale di Rovigo, emessa in data 20 novembre 2018, con la quale era stata inflitta a tale D V, riconosciuto responsabile del reato di cui all'artt. 291-bis, comma 1, del TU delle leggi doganali, esclusa la ipotesi aggravata di cui al successivo art. 291-ter, n. 1, del medesimo TU, la pena di anni 2 di reclusione, pena la cui esecuzione è stata, peraltro, sottoposta a sospensione condizionale. Nell'impugnare la predetta decisione il Procuratore generale ha rilevato che, in violazione dell'art. 300 del medesimo TU, il quale prescrive che in ogni caso una volta irrogata, per un reato connesso al contrabbando, una pena superiore ad 1 anno di reclusione, debba essere disposta la misura di sicurezza della libertà vigilata, il Tribunale aveva omesso di disporre la misura di cui sopra.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è risultato infondato e, pertanto, io stesso deve essere rigettato. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Venezia si duole del fatto che il Tribunale di Rovigo - pur dichiarata la penale responsabilità di D Vitali in relazione alla violazione dell'artt. 291- bis, comma 1, della legge n. 92 del 2001 (recte: del dPR n. 43 del 1973, come introdotto dall'art. 1, comma 1, lettera a, della legge n. 92 del 2001) per avere egli detenuto e ceduto a terzi kg 13,960 di tabacchi lavorati esteri privi del contrassegno dei Monopoli di Stato, e pur condannato il medesimo alla pena, condizionalmente sospesa, di anni 2 di reclusione - non abbia applicato al medesimo la misura di sicurezza della libertà vigilata, come, invece, secondo l'avviso del ricorrente, sempre prescritto dall'art. 300 del citato dPR n. 43 del 1973, ogni qual volta sia stata irrogata, in relazione al delitto di contrabbando, una pena detentiva determinata in misura superiore ad 1 anno di reclusione. Rileva il Collegio che effettivamente l'art. 300, comma 1, del citato TU delle leggi doganali prevede che: "Quando per il delitto di contrabbando sia applicata la pena della reclusione superiore ad un anno, è sempre ordinata la sottoposizione del condannato alla libertà vigilata.".Ritiene, tuttavia, questa Corte che, sebbene la disposizione sopra indicata parrebbe fissare - con il rigido determinismo che l'utilizzo dell'avverbio "sempre" potrebbe evocare e del quale il ricorrente si rende fautore con la proposizione del presente ricorso - una forma di automatismo indefettibile fra l'irrogazione della sanzione detentiva in misura superiore ad 1 anno di reclusione e l'applicazione della misura di sicurezza personale della libertà vigilata, nondimeno nella applicazione di essa è necessario rispettare i principi generali fissati in tema, appunto, di misure di sicurezza personali. Va, infatti, al proposito ricordato che, secondo la previsione di cui all'art. 25, comma terzo, della Costituzione, il quale, peraltro sul punto è sostanzialmente riproduttivo - pur attribuendo al principio in tal modo espresso un ben diversa valenza normativa - dell'art. 199 cod. pen., "Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge". In tal modo si è inteso estendere da parte del legislatore costituzionale, ma già prima pure da parte di quello ordinario, anche al regime delle misure di sicurezza, in ragione della loro indubbia natura di strumenti atti a comprimere, quand'anche si tratti di misure di sicurezza non detentive, delle libertà fondamentali dell'individuo, il principio di riserva di legge, espresso in termini generali dal noto brocardo nulla poena sine lege. Esso, tuttavia, risulta essere dotato di una estensione più ridotta rispetto alla sua più tradizionale applicazione in materia strettamente penale, come dimostrato dal fatto che, diversamente per ciò che concerne le sanzioni propriamente afflittive, in cui la garanzia della riserva di legge è rafforzata dalla necessità che la previsione, sia del precetto violato che della sanzione, sia precedente rispetto alla commissione del fatto illecito cui essa pertiene (si dice, infatti, in tali casi: nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali), in materia di misure di sicurezza, propria per la loro finalità volta a tutelare la comunità da pericoli futuri e non a specificamente sanzionare condotte pregresse, è non soltanto previsto che, in linea di principio e sotto la riserva della esistenza della legge penale di copertura, le stesse possano conseguire anche a fatti cui la legge non riconnette
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