Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 05/11/2003, n. 16639
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Nel lavoro agricolo, con riguardo ad attività lavorativa stagionale, si verifica il decorso della prescrizione dei diritti maturati dal lavoratore in una determinata stagione a partire dalla cessazione delle relative prestazioni, senza che assuma rilevanza in senso contrario la successiva riassunzione del medesimo lavoratore per un nuovo ciclo stagionale, salvo che siano presenti elementi specifici indicativi della esistenza di un unico e continuativo rapporto di lavoro - caratterizzato dalla permanenza del vincolo obbligatorio tra le parti nonostante l'intervallo tra le successive attività stagionali, - invece che di una pluralità di rapporti. Infatti, i rapporti di lavoro in agricoltura sono normalmente a tempo determinato, salvo che la previsione a tempo indeterminato sia giustificata dalla particolare natura del lavoro da eseguire, secondo il disposto dell'art. 11 del D.L. n. 7 del 1970, convertito nella legge n. 83 del 1970, sul collocamento dei lavoratori agricoli. (Nella specie la S.C. ha precisato che la natura nominativa della richiesta, annualmente reiterata, non esclude la pluralità dei rapporti e che la assenza di altri rapporti con altri datori di lavoro non assume rilevanza probatoria).
Affinché un atto possa acquisire efficacia interruttiva della prescrizione, a norma dell'art. 2943, quarto comma cod. civ., esso deve contenere anche l'esplicitazione di una pretesa, vale a dire una intimazione o richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto passivo, con l'effetto di costituirlo in mora. L'accertamento di tale requisito oggettivo (non ravvisabile in semplici sollecitazioni prive del carattere di intimazione e di espressa richiesta formale al debitore) costituisce indagine di fatto riservata all'apprezzamento del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità se immune da vizi logici e congruamente motivata (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso l'efficacia interruttiva di una lettera contenente l'invito del legale del creditore a prendere contatti con il suo studio per tentare il componimento di un'insorgenza lite).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M V - Presidente -
Dott. C P - rel. Consigliere -
Dott. DE R A - Consigliere -
Dott. F R - Consigliere -
Dott. L T M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SANTACROCE VINCENZO, SANTACROCE GIOVANNI, TANCREDI LUIGI, C R, elettivamente domiciliati in ROMA VIA TOMMASO GULLI 11, presso lo studio dell'avvocato G C, rappresentati e difesi dall'avvocato L A V, giusta delega in atti;
- ricorrenti -
contro
S R, SCANZANO TECLA, SCANZANO ELSA, SCANZANO LEONARDO, SCANZANO SILVANA PIA, SCANZANO STEFANIA ANNA, S M (tutti in proprio e quali eredi della defunta CIAVARELLA FILOMENA), DI C B, elettivamente domiciliati in ROMA VIA EMANUELE GIANTURCO 1, presso lo studio dell'avvocato B F, che li rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- controricorrenti -
avverso la sent. n. 1638/99 del Tribunale di FOGGIA, depositata il 26 febbraio 2000 - R.G.N. 993/99;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 maggio 2003 dal Consigliere Dott. P C;
udito l'Avvocato Venditti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Marco PIVETTI che ha concluso per il rigetto dei ricorsi ed inammissibile ricorso
contro
BAMBINA DI CARLO.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con separati ricorsi del 26 aprile 1990 (poi riuniti) Vincenzo Santacroce, Giovanni Santacroce e L T, sostenendo di aver lavorato alle dipendenze di L S quali braccianti agricoli e di aver percepito somme inferiori ai minimi salariali, chiesero che il Pretore di Foggia condannasse lo Scanzano al pagamento delle differenze retributive loro dovute. Costituitosi in giudizio, lo Scanzano eccepì la prescrizione presuntiva e propose domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni subiti a causa della proposizione della domanda giudiziale. Il procedimento, interrotto per il decesso del resistente, fu riassunto nei confronti dei relativi eredi. Con separato ricorso, R C propose analoga domanda nei confronti degli eredi dello Scanzano. Con sentenza del 19 febbraio 1999 il Pretore accolse la domanda dei ricorrenti, e respinse la domanda riconvenzionale. Con sentenza del 26 febbraio 2000 il Tribunale di Foggia, accogliendo l'appello proposto dai resistenti, ha respinto la domanda. Premette il giudicante che nel settore agricolo i contratti a tempo determinato, giustificati dalla stessa natura del lavoro, sono particolarmente diffusi. E la stipulazione d'un contratto a tempo indeterminato può desumersi (come previsto dall'art. 8, comma 3, della legge n. 457 del 1972, e solo ai fini dell'indicata legge) da
un lavoro prestato per oltre 180 giornate nel corso dell'anno presso la stessa azienda. E pertanto, colui che invochi un contratto a tempo indeterminato ha l'onere di provarlo.
Nel caso in esame - aggiunge il giudicante - i ricorrenti, sostenendo di avere lavorato per diversi anni e tuttavia per un numero ben specifico di giornate ogni anno, attestate dalle certificazioni dell'Ufficio del Lavoro ed in numero non superiore e generalmente di molto inferiore a 180, avevano dedotto solo rapporti a termine. Non essendo provata l'esistenza d'un contratto di lavoro a tempo indeterminato, il presupposto su cui era fondata la reiezione pretorile dell'eccezione di prescrizione era infondato. E le lettere inoltrate dal difensore dei ricorrenti al datore di lavoro, poiché non contenevano un invito ad adempiere, non costituivano un efficace atto interruttivo.
Applicando questi principi, ed esaminando singolarmente i diritti dedotti in controversia dai singoli ricorrenti, il Tribunale deduce che, pur dando rilievo alle lettere del legale, per il tempo trascorso fra la cessazione dei singoli rapporti e la notifica del ricorso introduttivo, la prescrizione presuntiva aveva compiuto il suo corso.
Per la cassazione di questa sentenza ricorrono V S G S, L T e R C, percorrendo le linee di tre motivi;
resistono con controricorso M, R, T, S A, E, S P e L S;
B D C resiste con separato controricorso, chiedendo l'estromissione dal giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo del ricorso, denunciando per l'art. 360 c.p.c., n. 3 violazione degli artt. 2943, quarto comma, e 2955 c.c.,
i ricorrenti sostengono che le lettere del legale, contenendo l'indicazione delle prestazioni effettuate, della paga percepita e del credito residuo nonché l'invito a comporre bonariamente la questione sotto la minaccia (in senso lato) d'una insorgenda controversia di lavoro, esprimevano