Cass. pen., SS.UU., sentenza 26/07/2018, n. 35852
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Testo completo
ato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da ES NN, nato a [...] il [...] avverso la sentenza del 17/11/2016 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal componente Giacomo Rocchi;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato generale Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. NN Aricò, che ha concluso chiedendo l'annullamento senza rinvio o, in subordine, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17 novembre 2016 la Corte di appello di Napoli, decidendo in sede di rinvio a seguito di annullamento pronunciato dalla Corte di cassazione il 21 aprile 2015 nel processo a carico di NN ES, imputato dei delitti di cui all'art. 416-bis, commi dal primo al sesto e ottavo, cod. pen. (capo A), 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo B), nonché 10, 12 e 14 legge 14 ottobre 1974, n. 497 e 7 legge 12 luglio 1991, n. 203 (capo D), ritenuta la continuazione tra i reati in esame e quelli giudicati con le sentenze della Corte di assise di appello di Napoli del 29 giugno 2005 e della Corte di appello di Napoli del 22 gennaio 1996, rideterminava la pena in complessivi anni ventisei di reclusione, confermando nel resto le sentenze precedenti. Nel presente procedimento, celebrato con rito abbreviato, ES è stato riconosciuto partecipe del clan camorristico CI dal 1994 a febbraio 2008, capo di un'associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti;
responsabile inoltre di detenzione e porto in luogo pubblico di una mitraglietta e di una pistola in uno specifico episodio risalente al 19 maggio 2006. L'annullamento con rinvio investiva soltanto il punto della continuazione con i reati oggetto di precedenti condanne, cosicché, essendo ormai definitiva l'affermazione di responsabilità, il giudice del rinvio ha affrontato esclusivamente il tema della continuazione tra i delitti associativi giudicati nel presente processo e quelli oggetto di altre sentenze irrevocabili, riconosciuta con la sentenza oggi impugnata, ad eccezione che per i delitti di tentata estorsione e lesioni, aggravati ai sensi dell'art. 7 legge 12 luglio 1991, n. 203, commessi nel periodo febbraio — maggio 2007, giudicati con sentenza della Corte di appello di Napoli del 10 febbraio 2009, irrevocabile il 30 novembre 2010. La richiesta di riconoscimento della continuazione anche per questi reati era stata avanzata per la prima volta dalla difesa dell'imputato con memoria depositata all'udienza del 17 novembre 2016 nel corso del terzo giudizio di appello. In sede di determinazione della pena complessiva, la Corte territoriale rilevava che le due sentenze già irrevocabili erano state emesse all'esito di processi celebrati con il rito ordinario, al contrario del presente, celebrato in primo grado con il rito abbreviato;
seguendo il principio in base al quale la riduzione della pena per il rito alternativo deve essere operata solo su quella inflitta all'esito del giudizio abbreviato anche se il reato più grave è stato giudicato con il rito alternativo, operava il seguente calcolo: adottava la pena base di ventiquattro anni di reclusione, inflitta per il delitto più grave di cui all'art. 74 d.P.R. 309 del 1990, la aumentava a trentadue anni di reclusione per la recidiva specifica contestata ed ulteriormente a trentotto anni di reclusione per la continuazione con gli altri reati giudicati nel presente processo, riduceva tale pena a trenta anni di reclusione in forza dell'art. 78 cod. pen. e ulteriormente a venti anni di reclusione per la diminuente del rito abbreviato;
aumentava nuovamente tale ultima pena di tre anni di reclusione per ciascuno dei due reati satellite giudicati con le sentenze divenute irrevocabili, così giungendo alla pena finale già ricordata di ventisei anni di reclusione.
2. Ricorre per cassazione il difensore di NN ES, denunciando in un unico motivo la violazione degli artt. 81 cod. pen., 442, comma 2 e 533, comma 2, cod. proc. pen., nonché carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento alla determinazione della pena e al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati nel presente processo e quelli oggetto della sentenza di condanna della Corte di appello di Napoli del 10 febbraio 2009. Con riferimento a questa seconda tematica, il ricorrente segnala che altri coimputati avevano ottenuto il riconoscimento del vincolo della continuazione con il delitto associativo e lamenta l'apoditticità della motivazione della sentenza impugnata, rimarcando che il delitto in quella sede giudicato faceva parte del patrimonio conoscitivo del presente processo. Inoltre, secondo il ricorrente, la Corte territoriale era incorsa in violazione di legge nel determinare la pena complessiva, calcolando un aumento di sei anni di reclusione per la continuazione con i delitti giudicati con le due sentenze irrevocabili: nel calcolo, la Corte avrebbe dovuto aumentare la pena base per la continuazione con tutti gli altri reati giudicati, sia nel presente processo che con le due sentenze irrevocabili, e al termine avrebbe dovuto operare la riduzione per il rito abbreviato, senza attribuire rilievo al fatto che i reati satellite erano stati giudicati con rito ordinario. Il ricorrente conclude per l'annullamento senza rinvio della sentenza, sollecitando questa Corte a procedere alla rideterminazione della pena;
in subordine chiede l'annullamento con rinvio alla Corte di appello per un nuovo esame della questione.
3. Con ordinanza adottata all'udienza del 7 dicembre 2017, la Quinta Sezione penale ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, rilevando l'esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte sul tema dell'incidenza della diminuzione per il rito abbreviato quando si pongono in continuazione reati giudicati con quest'ultimo rito e reati giudicati con rito ordinario.
3.1. Secondo un primo orientamento, che corrisponde a quello seguito dalla Corte d'appello di Napoli, l'applicazione in sede esecutiva della continuazione tra reati giudicati con rito ordinario e con rito abbreviato comporta che la riduzione di un terzo a norma dell'art. 442, comma 2, cod. proc. pen. debba essere applicata solo alla pena inflitta per questi ultimi, anche se si tratta della pena più grave da porre a base del calcolo di quella complessiva. In applicazione di tale orientamento, se il reato più grave è stato giudicato con rito abbreviato e occorre applicare il criterio moderatore di cui all'art. 78 cod. pen., l'aumento a titolo di continuazione con i reati giudicati con rito ordinario deve essere computato solo dopo che sono stati operati il predetto temperamento e la diminuzione di un terzo della pena ex art. 442 cod. proc. pen. L'orientamento ha l'obiettivo di mantenere l'incentivo della riduzione di pena per il rito premiale solo per quei reati rispetto ai quali l'imputato abbia scelto di essere giudicato allo stato degli atti.
3.2. In base a un secondo orientamento, invece, quando il reato più grave tra quelli riuniti per continuazione è stato giudicato con giudizio abbreviato, la diminuzione della pena per il rito alternativo deve essere effettuata dopo che sono stati calcolati gli aumenti per tutti i reati satellite, prescindendo dal rito - ordinario o alternativo - con il quale sono stati giudicati. A sostegno di tale linea interpretativa viene richiamata la sentenza Sez. U, n. 45583 del 25/10/2007, Volpe, Rv. 237691, che ha affermato il principio in base al quale la diminuzione per il rito abbreviato è operazione connmisurativa che si colloca a valle delle altre, ivi compresa quella operata ai sensi dell'art. 81, comma 2, cod. pen. I reati giudicati con rito ordinario diverrebbero così, in ragione del cumulo con quello più grave accertato in abbreviato, «oggetto del rito speciale, sebbene limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio», in quanto, come affermato da Sez. U, n. 7682 del 21/06/1986, Nicolini, Rv. 173419, «l'applicazione della continuazione tra reato già giudicato e reato sub iudice implica in ogni caso una riconsiderazione del fatto già definitivamente accertato sia pure al solo fine di riconoscerne la dipendenza da un unico disegno criminoso, restando solo precluso un giudizio, non più modificabile, sul fatto costituente reato, ma non la rettificazione del trattamento sanzionatorio stabilito con la sentenza irrevocabile di condanna».
3.3. La Sezione rimettente sottolinea le conseguenze derivanti nel caso di specie dalla scelta tra i due orientamenti: con l'adozione del secondo la pena finale sarebbe determinata in anni venti di reclusione, atteso che l'aumento per la continuazione per i reati satellite oggetto delle due sentenze irrevocabili sarebbe reso ininfluente dall'applicazione del criterio moderatore dell'art. 78, primo comma, cod. pen., cui seguirebbe la diminuzione di un terzo della pena <<- per il rito abbreviato.
4. Con provvedimento del 18 dicembre 2017, il Primo Presidente, ai sensi dell'art. 618 cod. proc. pen., ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, disponendone la trattazione in pubblica udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il procedimento è stato rimesso alle Sezioni Unite per la risposta al seguente quesito: "Se nella continuazione tra reati giudicati con rito ordinario ed altri con rito abbreviato la riduzione di un terzo della pena, a norma dell'art. 442, comma 2, cod. proc. pen., debba essere applicata solo sui reati giudicati con rito abbreviato." 2. Come emerge dall'ordinanza che ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, sul quesito si riscontrano due orientamenti differenti per il caso in cui la violazione più grave sia stata giudicata con il rito abbreviato e i "reati satellite", ritenuti riuniti ad essa dal vincolo della continuazione, sono stati invece giudicati con il rito ordinario.
2.1. Si tratta di contrapposizione che si riscontra sia per il caso in cui la valutazione è effettuata -