Cass. pen., sez. IV, sentenza 20/02/2019, n. 07676
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: T E nato a CODROIPO il 11/08/1958 avverso la sentenza del 08/11/2017 della CORTE APPELLO di TRIESTEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere E S;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale F L, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso;udito il difensore Avv. P C, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. La Corte di Appello di Trieste, con la sentenza in epigrafe, ha riformato la pronuncia assolutoria per insussistenza del fatto emessa in data 11/07/2016 dal Tribunale di Pordenone nei confronti di T E per il reato di cui all'art.186, comma 2 lett.c), d. Igs. 30 aprile 1992, n.285 commesso in Sesto al Reghena il 24 agosto 2014 per guida con tasso alcolennico pari a g/I 3,54, con l'aggravante di aver provocato un incidente stradale. 2. Questa, in sintesi, la vicenda come ricostruita nelle fasi di merito: l'imputato, alla guida di un ciclomotore Piaggio Ciao era uscito autonomamente dalla sede stradale, andando ad impattare contro un cancello e riportando lesioni. 3. E T ricorre per cassazione censurando la sentenza per i seguenti motivi: a) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza;mancanza di motivazione in ordine alla dedotta violazione degli artt.114 disp.att. cod.proc.pen., 178 lett.c) e 180 cod.proc.pen., erronea applicazione dell'art.186, comma 7, cod. strada. Il ricorrente sostiene che, erroneamente, il giudice di appello ha ritenuto che l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore fosse stato validamente formulato dal personale medico incaricato del prelievo ematico, trattandosi di atto della polizia giudiziaria non delegabile ai sensi dell'art.348, comma 4, cod.proc.pen. in quanto non richiede una particolare conoscenza tecnica;b) inosservanza ed erronea applicazione degli artt.114 disp.att. cod.proc.pen. e 182 cod.proc.pen.;il ricorrente deduce che erroneamente la Corte di Appello abbia ritenuto tardiva l'eccezione, potendo tale eccezione essere proposta entro la deliberazione della sentenza di primo grado;c) inosservanza ed erronea applicazione dell'art.576 cod.proc.civ. (rectius cod.proc.pen.) in quanto il pubblico ministero aveva impugnato la sentenza di assoluzione esclusivamente sul punto inerente all'utilizzabilità dell'accertamento ematico eseguito in mancanza di avviso ai sensi dell'art.114 disp.att. cod.proc.pen., mentre la Corte di Appello ha ribaltato il giudizio assolutorio rivalutando diversamente le prove assunte in primo grado;d) vizio di motivazione con riferimento alla corretta applicazione dell'art.533 cod.proc.pen. Il giudice di appello che intenda riformare la pronuncia assolutoria non può limitarsi a valutare diversamente il materiale probatorio acquisito in primo grado ma deve far ricorso ad argomenti dirimenti tali da evidenziare oggettive carenze o insufficienze della motivazione e da far cadere ogni ragionevole dubbio;e) inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla valutazione delle prove dichiarative assunte in primo grado e non rinnovate in appello;violazione dell'art.6, parr.1 e 3 lett.d) e c) CEDU, art.606, comma 1, lett.e) e 533 cod.proc.pen. Il ricorrente deduce che il giudice di appello ha valutato diversamente le prove dichiarative assunte nel giudizio di primo grado escludendo il diritto di difesa dell'imputato che, assolto per insussistenza del fatto, non aveva interesse all'impugnazione.
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