Cass. civ., SS.UU., sentenza 29/07/2021, n. 21763
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ronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 38285-2019 proposto da: LTTANZIO FRANCESCA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE JONIO 50, presso lo studio dell'avvocato W F, rappresentata e difesa dall'avvocato R L;- ricorrente -contro DE CESARE ANIO MCHELE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FILIPPO CORRIDONI 15, presso lo studio dell'avvocato G B, rappresentato e difeso dall'avvocato R G;- controricorrente - nonché contro TREVI ROBERTO, TREVI LURA, DE CESARE ANGELO, UNIPOL SAI ASSICURAZIONI S.P.A.;- intimati - avverso l'ordinanza del TRIBUNALE di ANCONA, emessa il 12/11/2019 (R.G. n. 2806/2013). Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/6/2021 dal Consigliere A C;lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale CORRADO MSTRI, il quale conclude chiedendo l'accoglimento del proposto regolamento di competenza, con conseguente annullamento, perché illegittima, dell'ordinanza, pubblicatà in data 12 novembre 2019, con cui il Tribunale di Ancona in composizione monocratica ha rigettato la richiesta di F L, presentata ai sensi dell'articolo 297 c.p.c., di fissazione dell'udienza di prosecuzione del giudizio. FATTI DI CAUSA - La presupposta vicenda processuale. La sig.ra L Francesca - alla quale era stato intimato nel 2010 lo sfratto per morosità in relazione all'immobile ad uso commerciale (sito in Ancona, c.so Carlo Alberto) concessole in locazione dai proprietari sigg. L e R T - propose opposizione dinanzi al Tribunale di Ancona e, previa chiamata in causa del proprietario (D C A) del lastrico solare sovrastante l'immobile condotto in locazione, chiese l'autorizzazione al rilascio dell'immobile affinché non maturassero ulteriori canoni locatizi e il rigetto dell'intimazione di sfratto e del monitorio ex adverso pure richiesto, proponendo, altresì, domanda riconvenzionale per la dichiarazione di risoluzione del contratto di locazione a causa del grave inadempimento dei locatori, con conseguente loro condanna al risarcimento dei relativi danni in solido con il D C A. Si costituì in giudizio il chiamato in causa che, a sua volta, venne autorizzato ad evocare in causa a titolo di manleva il progettista-direttore dei lavori Michele Antonio De Cesare, il quale, costituitosi, venne autorizzato, a sua volta, ad evocare in garanzia la Compagnia assicurativa Unipol Assicurazioni s.p.a., per essere, a sua volta, dalla stessa manlevato nell'ipotesi di una sua eventuale condanna. Venne, quindi, eccepito e ritenuto sussistente il rapporto di pregiudizialità tra il giudizio di opposizione all'intimazione di sfratto n. 2806/2013 r.g. e quello pendente dinanzi allo stesso Tribunale n. 540/2012 r.g. (cui era stato riunito il giudizio n. 2080/2012 r.g.) riguardante le pretese risarcitorie formulate dagli opposti, proprietari dell'immobile, per i danni patiti dall'asserto cedimento del lastrico solare sovrastante l'immobile (con le correlate domande di manleva), i quali avevano convenuto gli stessi soggetti chiamati in causa nel suddetto giudizio di opposizione. Il Tribunale di Ancona, riservatosi all'udienza dell'Il aprile 2014, dispose, con ordinanza adottata ai sensi dell'art. 295 c.p.c., la sospensione del giudizio di opposizione in attesa della definizione di quello pregiudicante riguardante la domanda risarcitoria. Quest'ultimo venne poi deciso in primo grado con sentenza n. 1442 del 2016 di accoglimento delle pretese attoree e con la condanna dei convenuti D C A e De Cesare Antonio Michele al risarcimento dei danni. Sul ravvisato presupposto dell'intervenuto passaggio in giudicato di quest'ultima sentenza, la L - opponente nel giudizio pregiudicato di sfratto per morosità - proponeva istanza di riassunzione di quest'ultimo giudizio e all'udienza del 21 luglio 2017, fissata per la sua prosecuzione, le controparti facevano presente che, diversamente da quanto prospettato dalla riassumente, la predetta sentenza di primo grado resa nel giudizio pregiudiziale era stata, invece, impugnata dinanzi alla Corte di appello di Ancona. Pertanto, sulla scorta della verifica di quest'ultima circostanza, il Tribunale di Ancona, riservatosi all'esito dell'anzidetta udienza, confermava la precedente disposta sospensione del giudizio pregiudicato. Tuttavia, successivamente, la L reiterava l'istanza di prosecuzione del giudizio sospeso, motivata sulla circostanza che l'appello nel giudizio pregiudiziale era stato proposto nei confronti di tutte le parti, tranne che avverso i proprietari danneggiati, opposti nel giudizio pregiudicato, circostanza dalla quale poteva presumersi "che l'impugnazione fosse stata proposta per motivi estranei all'oggetto del "giudizio sospeso", "il che avrebbe fatto venir meno i presupposti della sospensione". Si era, in effetti, constatato che D C M A aveva formulato appello — in via principale - limitatamente alla dedotta operatività della polizza assicurativa (per la cui affermazione aveva chiamato in causa la suddetta compagnia assicuratrice) e che, a sua volta, D C A aveva avanzato appello in via incidentale condizionandone la sua decisione all'ipotesi in cui l'Unipolsai avesse, a sua volta, proposto appello incidentale anche con riferimento al capo della sentenza con cui era stata affermata la responsabilità dell'assicurato e di esso D C A, dichiarando anticipatamente la sua volontà di rinunciare all'impugnazione incidentale ove la citata Compagnia assicuratrice non avesse contestato i menzionati capi di sentenza. E poiché, in effetti, la suddetta società assicuratrice aveva formulato appello incidentale al solo fine di contestare l'operatività della polizza assicurativa, il D C A rinunciava al suo gravame (incidentale). Sulla scorta della delimitazione di questo sopravvenuto quadro processuale, che aveva visto diventare incontrovertibile la richiamata sentenza n. 1442/2016 nel giudizio pregiudiziale con riguardo alla domanda sulla responsabilità civile (per come accertata) delle parti in causa e che, perciò, nel giudizio pregiudicato, precedentemente sospeso, rimaneva ancora pendente il contenzioso sulla sussistenza o meno della responsabilità dei proprietari L e R T in ordine al rapporto di locazione dagli stessi stipulato con la L Francesca (che si era opposta, per tale ragione, all'intimazione di sfratto operata dagli stessi Trevi), oggetto quest'ultimo che era rimasto estraneo al giudizio pregiudiziale, la medesima L, con ulteriore istanza formulata ai sensi dell'art. 297 c.p.c., chiedeva che venisse fissata l'udienza di prosecuzione dell'indicato giudizio ritenuto pregiudicato. Il Tribunale di Ancona, con provvedimento del 12 novembre 2019 (adottato in difetto di preventivo contraddittorio), rigettava l'istanza di fissazione di udienza di prosecuzione del giudizio relativo all'opposizione all'intimazione di sfratto. E ciò sul presupposto che non fosse venuta meno la situazione pregiudiziale sottesa alla precedente disposta sospensione, ovvero che non si era verificato il passaggio in giudicato della sentenza relativa ai giudizi riuniti pregiudicanti che avrebbe dovuto riguardare tutte le parti coinvolte nel giudizio, evidenziandosi, altresì, che non appariva pertinente il richiamo all'art. 337 c.p.c., poiché la sentenza di primo grado (nel giudizio pregiudicante) era intervenuta precedentemente al provvedimento di sospensione (essendo stata emanata nelle more). - il ricorso per regolamento di competenza. Avverso quest'ultimo provvedimento reso dal Tribunale di Ancona il 12 novembre 2019, con cui - come posto in risalto - era stata respinta l'istanza di (fissazione dell'udienza) di prosecuzione del giudizio da considerarsi pregiudicato, così implicitamente confermandosi la persistenza delle condizioni per l'operatività della sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c., la L Francesca ha proposto regolamento di competenza dinanzi a questa Corte. Con un unico motivo di ricorso, ha impugnato detto provvedimento, per quanto ancora qui rileva, nella parte in cui aveva escluso - per le riportate ragioni - l'intervenuta cessazione del nesso di pregiudizialità che aveva giustificato la rilevata sussistenza dei presupposti per il mantenimento della sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. (respingendo, perciò, l'istanza formulata ai sensi dell'art. 297 c.p.c.), lamentando la violazione delle norme in tema di sospensione necessaria ai sensi del citato art. 295 c.p.c. atteso che il Tribunale, nel rigettare l'istanza di prosecuzione del processo, non avrebbe tenuto conto dell'orientamento delle Sezioni unite espresso con la sentenza 19 giugno 2012 n. 10027 - pure richiamato nell'istanza - secondo cui quando tra due giudizi sussiste un rapporto di pregiudizialità e il giudizio pregiudicante viene definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione è possibile soltanto ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c., ricavandosi tale regola in base ad un'interpretazione sistematica dell'art. 282 c.p.c., con la conseguenza che l'art. 295 c.p.c. si applica "al solo spazio temporale delimitato dalla contemporanea pendenza dei due giudizi di primo grado, senza che il pregiudicante sia stato ancora deciso". La ricorrente ha prospettato, inoltre, l'erroneità dell'affermazione del Tribunale nel senso della rilevata non pertinenza del richiamo all'art. 337, comma 2, c.p.c., ravvisandone l'inconferenza sul presupposto che la sospensione necessaria può sussistere solo finché i due giudizi siano pendenti in primo grado, mentre, quando sopravviene nel giudizio pregiudicante una sentenza non definitiva, la sospensione potrebbe eventualmente persistere, ma soltanto ai sensi del citato art. 337, comma 2, c.p.c. e previa revoca del provvedimento di sospensione necessaria disposta in forza dell'art. 295 c.p.c. . Pertanto, ad avviso della ricorrente, il Tribunale avrebbe dovuto semmai revocare l'ordinanza di sospensione adottata ai sensi dell'art. 295 c.p.c. e poi provvedere, con "opportune motivazioni", alla sospensione in forza dell'art. 337, comma 2, c.p.c. e, ad ogni modo, neppure si sarebbero potuti ritenere sussistenti gli elementi per sospendere ai sensi di quest'ultima norma. La ricorrente ha concluso, pertanto, per l'annullamento del provvedimento impugnato.Si è difeso con memoria Antonio Michele De Cesare, deducendo che, una volta sospesa la causa pregiudicata, tale deve rimanere fino al passaggio in giudicato della sentenza emessa nel giudizio pregiudicante. Il Procuratore Generale ha concluso per iscritto, chiedendo l'accoglimento del ricorso e la cassazione con rinvio del provvedimento. Il difensore della ricorrente ha anche depositato memoria illustrativa in prossimità dell'udienza pubblica dinanzi a queste Sezioni unite. - L'ordinanza interlocutoria del 13 gennaio 2021, n. 362. Con questa ordinanza la VI Sez. civ.-3 ha manifestato l'auspicio di "un approfondimento" sull'interpretazione del rapporto tra l'art. 297, comma 1, c.p.c. che inserisce l'espresso riferimento al giudicato, attribuendo così spessore alla "definizione" indicata dall'art. 295 c.p.c. al fine di chiarire perché, proprio questa interpretazione che la norma "sopporta" (richiamandosi l'espressione propriamente utilizzata nella sentenza delle Sezioni Unite n. 10027 del 2012), debba essere scelta e preferita (costituendo una delle interpretazioni possibili) e, al contrario, debba ritenersi erronea l'interpretazione che non vi legge esclusivamente una misura temporale. Prima, però, di esaminare i termini dell'invocato approfondimento (sotto forma di questione di massima di particolare importanza), la citata Sezione ritiene, in linea pregiudiziale, sussistente l'ammissibilità del proposto regolamento di competenza richiamando, in via esclusiva (e senza ulteriori valutazioni o disamina di altri orientamenti giurisprudenziali), l'ordinanza della VI Sez. -1 n. 27958/2013, ad avviso della quale deve, per l'appunto, ritenersi ammissibile il regolamento necessario di competenza nei confronti del provvedimento che abbia respinto l'istanza di riassunzione del processo sospeso, proposta ai sensi dell'art. 297 c.p.c., in quanto l'art. 42 c.p.c., pur essendo norma speciale, è suscettibile di interpretazione estensiva a tale ipotesi, parimenti connotata dal vincolo di necessità della tempestiva riassunzione al fine di reagire contro un'abnorme quiescenza (al limite, "sine die") del processo, non più giustificata dall'esigenza di un accertamento pregiudiziale, e che si porrebbe in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111, comma 2, Cost. . Premessa l'ammissibilità del regolamento (sulla cui controvertibilità si ritornerà diffusamente in seguito), la Sezione rimettente osserva che "il nucleo della questione" formulata dalla ricorrente attiene al rapporto tra la sospensione necessaria e la sospensione facoltativa nel senso che "la sospensione necessaria verrebbe meno, per dar luogo a un'eventuale sospensione facoltativa, qualora sia sopravvenuta nella causa pregiudicante una sentenza non ancora passata in giudicato". Sotto il profilo cronologico premette che la sospensione del giudizio in esame a norma dell'art. 295 c.p.c. è pacificamente avvenuta anteriormente alla pronuncia di sentenza da parte dello stesso Tribunale nella causa ritenuta pregiudicante. Sotto il profilo interpretativo evidenzia che il giudice di merito nel rigettare l'istanza di prosecuzione ha affermato la permanenza della "situazione pregiudiziale sottesa all'adozione del provvedimento di sospensione" ex art.295 c.p.c. fino al raggiungimento del giudicato nella controversia pregiudicante e reputando applicabile l'art. 337, comma 2, c.p.c. esclusivamente nel caso - diverso da quello di specie - in cui sussista una sentenza non passata in giudicato che sia anteriore al provvedimento di sospensione. Osserva inoltre che la concisa motivazione del provvedimento oggetto di ricorso rinvia ai due diversi paradigmi normativi di cui agli artt. 295 e 337, comma 2 c.p.c.: - il primo presuppone un nesso di pregiudizialità con un'altra controversia dalla cui "definizione dipende la decisione del giudizio stesso", definizione che si traduce nel passaggio in giudicato della sentenza che risolve la controversia pregiudiziale a norma dell'art. 297 c.p.c. e impone la sospensione necessaria ovvero obbligatoria;- il secondo presuppone un nesso di pregiudizialità nel caso in cui "l'autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso se tale sentenza è impugnata" e attribuisce al giudice, in assenza di giudicato, un potere discrezionale di sospensione facoltativa.L'ordinanza interlocutoria richiama, poi, ampiamente le argomentazioni del citato precedente delle Sezioni unite del 2012 che ha fornito un'interpretazione espansiva degli effetti della sospensione facoltativa e una corrispondente interpretazione restrittiva di quelli della sospensione necessaria. Pone in luce, al riguardo, come tale precedente sia stato oggetto di particolare attenzione dottrinale - anche in senso critico - e che non sia stato del tutto "assorbito" dalla giurisprudenza di legittimità successiva, specialmente con riferimento agli effetti della sospensione necessaria, restando utilizzato, per lo più, per quelli della sospensione facoltativa (si richiamano, in particolare, tra le più recenti, Cass. n. 17623/2020, ord.;Cass. n. 23989/2019, ord.;Cass. n. 12999/2019). Evidenzia, altresì, che l'orientamento prevalso nella giurisprudenza di legittimità valorizza l'effetto della sospensione necessaria che è quello di attendere il giudicato effettivo, e non quello di attendere un giudicato potenziale, costituito da una mera sentenza di primo grado (come sembrerebbe avallare il citato precedente delle Sezioni Unite) e che detto prevalente orientamento non mostra sfavore verso l'istituto della sospensione quale incidente rallentatore del processo, non conforme al novellato articolo 111 Cost., né mostra di condividere la "presunzione di conformità a diritto" della pronuncia sopravvenuta (come rilevato dalle Sezioni unite con la citata sentenza del 2012), anche se non ancora passata in giudicato;al contrario, ravvisa nella sospensione necessaria proprio uno strumento di risparmio processuale, con effetti semplificatori. Si sostiene — sempre nell'ordinanza di rimessione - che il rischio di interpretare il riferimento al giudicato, presente nell'art. 297, comma 1, solo come "indice temporale" - e non più "contenutistico" - ai fini della riassunzione, potrebbe introdurre un potere dispositivo delle parti non distante proprio da quello anteriore alla riforma del 1990: le parti, infatti, potrebbero decidere di attendere il giudicato, o di attenderlo per una certa misura temporale, o comunque anche mutare la loro volontà di attesa per sopravvenute ragioni.Evitare il conflitto di giudicati a questo punto si trasformerebbe in una scelta delle parti - che possono tra loro concordare l'attesa - relegando la valutazione affidata al giudice ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c. ad una mera eventualità, in quanto condizionata al presupposto costituito dalla scelta di riassunzione;l'impulso processuale condizionerebbe così il paradigma del giudicato nella pregiudizialità. Ritiene, infine, il Collegio rimettente che proprio l'incompletezza del passaggio motivazionale della sentenza delle Sezioni Unite n. 10027 del 2012, riguardante l'interpretazione dell'istituto della sospensione in riferimento all'art. 297, comma 1, c.p.c., può aver giustificato - nonostante l'ampiezza delle considerazioni di natura generale peraltro formulate nello stesso precedente - da parte delle successive pronunce la percezione che questo settore motivazionale fosse da considerare alla stregua di un obiter dictum. Comunque, considerata appunto la permanenza, già evidenziata, della lettura - da parte delle Sezioni semplici - dell'art. 297 come statuente un obbligo (e quindi non frutto di un potere dispositivo delle parti, né di una discrezionalità del giudice) di attesa del giudicato in caso di sospensione necessaria, con la citata ordinanza interlocutoria il suddetto collegio ha ritenuto che, con riferimento all'interpretazione dell'endiadi composta dagli artt. 295 e 297 c.c., sussistessero quantomeno le condizioni per l'individuazione di una questione di massima di particolare importanza. Il Primo Presidente, recependo la sollecitazione proveniente dalla Sezione rimettente con la esaminata ordinanza interlocutoria, ha rimesso la risoluzione della individuata questione di massima di particolare importanza a queste Sezioni unite, ai sensi dell'art. 374, comma 2, c.p.c. RAGIONI DELL DECISIONE - La questione pregiudiziale dell'amrnissibilità del regolamento di competenza.
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