Cass. civ., sez. III, sentenza 16/02/2023, n. 04895
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Testo completo
I CASSAZIONE di ROMA, depositata il 28/11/2019;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/11/2022 dal Consigliere
GIANNITI PASQUALE FATTI DI CAUSA
1.11 Signor M T ha proposto ricorso, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 391 bis e 395 primo comma n. 4 c.p.c., chiedendo la revocazione della ordinanza n. 31075/2019 con la quale questa Corte ha rigettato il ricorso (iscritto al n. 26412/2018 e articolato in 2 motivi) che lui aveva proposto avverso la sentenza n. 1060/2018 della Corte di Appello di Brescia (che, confermando la pronuncia del giudice di primo grado, aveva dichiarato nullo il decreto ingiuntivo, già emesso a suo favore, nei confronti della Tiemme Raccorderie s.p.a., condannandolo per responsabilità aggravata ex art. 96 comma 3) e lo ha condannato al risarcimento del danno per lite temeraria (liquidato in euro 5000).
2.Ha resistito con controricorso la società Tiemme Raccorderie s.p.s.
3. In vista dell'odierna udienza, fissata per la trattazione, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell'art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
mentre hanno depositato memorie: sia il Difensore del ricorrente, che ha insistito nell'accoglimento del ricorso;
sia il Difensore del resistente, che ha insistito nel chiedere che il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque infondato e che parte ricorrente sia condannata, oltre che al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell'art. 96 comma 3 c.p.c. (già applicato da questa Corte nell'ordinanza impugnata).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Sì dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l'intervento del Procuratore Generale e dei Difensori delle parti, ai sensi del già citato art. 23, comma 8-bis, d.l. n. 137 del 2020, in combinato disposto con l'art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228 (che ne ha prorogato l'applicazione alla data del 31 dicembre 2022), non avendo alcuna delle parti né il Procuratore Generale fatto richiesta di trattazione orale. Sempre in via preliminare si dà atto che per parte resistente si sono costituiti nuovi difensori.
2.11 ricorrente chiede la revoca della ordinanza impugnata, deducendo quale errore di fatto la circostanza che la Corte non avrebbe tenuto conto della rilevanza dirimente del giudicato rappresentato dalla sentenza n. 697/2000 del Tribunale di Brescia. Rileva che questa Corte - nel ritenere inapplicabile nel caso di specie l'art. 2871 c.c. "se non al fine di assecondare una strumentale interpretazione della norma volta ad eludere i principi fondamentali del sistema processuali, fra i quali quello del giudicato" - ha fatto riferimento al giudicato portato nella sentenza n. 720/2003 del Tribunale di Brescia (che si era progressivamente consolidato con la sentenza n. 420/2005 della Corte di appello di Brescia e con la sentenza n. 10214/2010 di questa Corte), ma non ha fatto alcun riferimento all'altro precedente giudicato (e, precisamente, a quello portato dalla sentenza n. 697/2000 del Tribunale di Brescia, che non era stata impugnata), al quale lui aveva fatto espresso riferimento negli atti processuali afferenti al giudizio di legittimità (e, precisamente,
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/11/2022 dal Consigliere
GIANNITI PASQUALE FATTI DI CAUSA
1.11 Signor M T ha proposto ricorso, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 391 bis e 395 primo comma n. 4 c.p.c., chiedendo la revocazione della ordinanza n. 31075/2019 con la quale questa Corte ha rigettato il ricorso (iscritto al n. 26412/2018 e articolato in 2 motivi) che lui aveva proposto avverso la sentenza n. 1060/2018 della Corte di Appello di Brescia (che, confermando la pronuncia del giudice di primo grado, aveva dichiarato nullo il decreto ingiuntivo, già emesso a suo favore, nei confronti della Tiemme Raccorderie s.p.a., condannandolo per responsabilità aggravata ex art. 96 comma 3) e lo ha condannato al risarcimento del danno per lite temeraria (liquidato in euro 5000).
2.Ha resistito con controricorso la società Tiemme Raccorderie s.p.s.
3. In vista dell'odierna udienza, fissata per la trattazione, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell'art. 23, comma 8-bis, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, con le quali ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
mentre hanno depositato memorie: sia il Difensore del ricorrente, che ha insistito nell'accoglimento del ricorso;
sia il Difensore del resistente, che ha insistito nel chiedere che il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque infondato e che parte ricorrente sia condannata, oltre che al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell'art. 96 comma 3 c.p.c. (già applicato da questa Corte nell'ordinanza impugnata).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Sì dà preliminarmente atto che per la decisione del presente ricorso, fissato per la trattazione in pubblica udienza, questa Corte ha proceduto in camera di consiglio, senza l'intervento del Procuratore Generale e dei Difensori delle parti, ai sensi del già citato art. 23, comma 8-bis, d.l. n. 137 del 2020, in combinato disposto con l'art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228 (che ne ha prorogato l'applicazione alla data del 31 dicembre 2022), non avendo alcuna delle parti né il Procuratore Generale fatto richiesta di trattazione orale. Sempre in via preliminare si dà atto che per parte resistente si sono costituiti nuovi difensori.
2.11 ricorrente chiede la revoca della ordinanza impugnata, deducendo quale errore di fatto la circostanza che la Corte non avrebbe tenuto conto della rilevanza dirimente del giudicato rappresentato dalla sentenza n. 697/2000 del Tribunale di Brescia. Rileva che questa Corte - nel ritenere inapplicabile nel caso di specie l'art. 2871 c.c. "se non al fine di assecondare una strumentale interpretazione della norma volta ad eludere i principi fondamentali del sistema processuali, fra i quali quello del giudicato" - ha fatto riferimento al giudicato portato nella sentenza n. 720/2003 del Tribunale di Brescia (che si era progressivamente consolidato con la sentenza n. 420/2005 della Corte di appello di Brescia e con la sentenza n. 10214/2010 di questa Corte), ma non ha fatto alcun riferimento all'altro precedente giudicato (e, precisamente, a quello portato dalla sentenza n. 697/2000 del Tribunale di Brescia, che non era stata impugnata), al quale lui aveva fatto espresso riferimento negli atti processuali afferenti al giudizio di legittimità (e, precisamente,
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