Cass. pen., sez. IV lav., sentenza 20/06/2019, n. 27460

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV lav., sentenza 20/06/2019, n. 27460
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 27460
Data del deposito : 20 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: POLIMENI DOMENICO nato a

REGGIO CA .

413RIA il 18/08/1967 avverso l'ordinanza del 31/05/2018 del T .;.BUNALE di FIRENZE udita la relazione svolta dal Consigliere MI-, ,tIAROSARIA BRUNO;
lette/sentite le conclusioni del

PG RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15.4.2016 il Giudice di pace di Firenze ha condannato P D alla pena pecuniaria di euro 2582,00 di multa, ritenendolo responsabile, in cooperazione colposa con B P, del reato di lesioni colpose in danno di Summa Giuseppina la quale veniva aggredita da un cane razza pit-bull di proprietà di P D e condotto nella occasione da B P, che azzannava alla testa la donna, procurandole un'ampia ferita lacero contusa (fatto occorso in Firenze il 9/3/2005) Avverso la pronuncia di condanna aveva proposto appello il P innanzi al Tribunale di Firenze, a mezzo del difensore, che chiedeva l'assoluzione dell'imputato. Nell'atto dì appello si poneva in evidenza la insufficienza di prove in ordine alla individuazione del B quale autore materiale del fatto. Si censurava la decisione assunta dal Giudice di condannare il P il quale, pur non essendo stato presente al momento dell'aggressione, sarebbe stato ritenuto responsabile del fatto altrui.

2. Il Tribunale, quale giudice dì appello, ha dichiarato inammissibile il gravame proposto nei confronti della sentenza del Giudice di Pace di Firenze, in quanto l'imputato, condannato a pena pecuniaria, ha proposto impugnazione esclusivamente con riferimento ai capi relativi alla condanna penale e non anche a quelli relativi alle statuizioni civili, in violazione del disposto dell'art. 37 d.lgs. 274/2000, il quale impone, in caso di condanna a pena pecuniaria, l'impugnazione congiunta delle statuizioni penali e civili. Avverso l'ordinanza d'inammissibilità, il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per Cassazione, censurando la decisione adottata dal Tribunale ed avanzando due motivi di ricorso. Con il primo motivo si duole della violazione dell'art. 37 d.lgs. 274/2000 e dell'art. 547, comma 4, cod.proc.pen. Il Tribunale si sarebbe limitato ad un'interpretazione letterale dell'art. 37, senza considerare il disposto di cui all'art. 574, comma 4, cod.proc.pen., il quale estende l'impugnazione avverso le statuizioni di carattere penale anche a quelle civili e concernenti le spese processuali, nel cato in cui tra le prime e le seconde sussista un rapporto di dipendenza. Tale interpretazione sarebbe avvalorata dal fatto che l'art. 37 non rappresenterebbe una norma speciale, prevedendo l'art. 2 del medesimo decreto l'applicabilità delle norme codicistiche anche al giudizio davanti al Giudice di Pace. Con il secondo motivo lamenta la violazione dell'art. 568 c.p.p., in quanto, pur volendosi riconoscere la fondatezza giuridica della decisione, il Tribunale avrebbe dovuto qualificare il gravame come ricorso per Cassazione, alla luce del principio del favor impugnationis.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso impongono le seguenti considerazioni in ordine alla ordinanza adottata dal Tribunale di Firenze, in funzione di Giudice di appello, che ha dichiarato la inammissibilità della impugnazione proposta dall'odierno ricorrente. L'art. 37 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, disciplina l'impugnazione dell'imputato avverso le sentenze pronunciate nel procedimento innanzi al Giudice di pace. Secondo tale norma, l'imputato può proporre ricorso per Cassazione avverso le sentenze di proscioglimento o di condanna alla sola pena pecuniaria (ammenda e - diversamente dalla previsione generale dell'art. 583, comma 3, cod.proc.pen. - multa), mentre ha a disposizione il rimedio dell'appello nel caso di sentenza di condanna a pena diversa da quella pecuniaria e nel caso in cui l'impugnazione riguardi anche il capo contenente la condanna al risarcimento del danno, benché sia stata applicata una pena pecuniaria. Invero, il primo comma della disposizione citata recita: "l'imputato può proporre appello contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria;
può proporre appello anche contro le sentenze che applicano la pena pecuniaria se impugna il capo relativo alla condanna, anche generica, al risarcimento del danno";
il secondo comma stabilisce: "l'imputato può proporre ricorso per cassazione contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano la sola pena pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento". Il problema che si pone nel caso in esame riguarda la questione dell'ammissibilità dell'appello avverso una sentenza di condanna alla pena pecuniaria e al risarcimento del danno nell'ipotesi in cui l'imputato non abbia espressamente formulato doglianze in ordine alle statuizioni civili.Sul tema si rinvengono nella giurisprudenza di legittimità divergenti indirizzi. Un primo orientamento, minoritario, interpretando in maniera restrittiva la norma richiamata, sostiene l'inammissibilità dell'appello proposto dall'imputato avverso la sentenza di condanna emessa dal Giudice di pace, ad una pena pecuniaria ed al risarcimento del danno in favore della parte civile, laddove si contesti il solo giudizio di responsabilità, senza che venga espressamente impugnato il capo relativo alla condanna, seppure generica, al risarcimento del danno (così Sez. 2, n. 31190 del 17/04/2015, Rv. 264544 - 01). Si legge nella motivazione della pronuncia citata che i due sistemi ordinamentali del Giudice di pace e del codice di procedura penale «esprimerebbero assetti strutturalmente diversi e assimilabili solo nei ristretti ambiti e limiti previsti dall'art. 2 d.lgs. n. 274 del 2000 e dalla clausola limitativa imposta dal sintagma "per tutto ciò che non è previsto dal presente decreto", che vale ad escludere ogni contaminazione non voluta dei due sistemi». Tale impostazione è stata tuttavia superata dall'orientamento oggi prevalente secondo il quale: "È ammissibile l'appello proposto dall'imputato avverso la sentenza del giudice di pace di condanna alla pena pecuniaria, ancorché non sia stato impugnato il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, in quanto l'art. 37, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, deve essere coordinato con la disposizione di cui all'art. 574, comma 4, cod. proc. pen., per la quale l'impugnazione proposta avverso i punti della sentenza riguardanti la responsabilità dell'imputato estende i suoi effetti agli altri punti che dipendano dai primi, fra i quali sono ricom presi quelli concernenti il risarcimento del danno, che ha il necessario presupposto nell'affermazione della responsabilità penale" (così Sez. 4, Sentenza n. 31650 del 29/03/2018, Rv. 273564 - 01;
conformi: n. 31619 del 2016 Rv. 267952 - 01;
n. 35023 del 2016 Rv. 267770 - 01;
n. 17784 del 2017 Rv. 269618 - 01;
n. 20190 del 2017 Rv. 269677 - 01). La esigenza del superamento del precedente orientamento nasce dalla considerazione che l'art. 37 d. Igs. 74/2000 deve essere necessariamente coordinato con il disposto di cui all'art. 574, comma 4, cod. proc. pen., in virtù dell'art. 2 d.lgs. n. 274 del 2000, che rende applicabili al procedimento innanzi al Giudice di pace le norme contenute nel codice di procedura penale, per tutto ciò che non è previsto dal citato decreto. L'art. 574, comma 4, cod, proc. pen. prevede che l'impugnazione dell'imputato avverso la pronuncia di condanna estenda í propri effetti alla condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali, se quest'ultima pronuncia dipenda dal capo o dal punto impugnato. Ne consegue che, ove l'imputato, con l'atto di Impugnazione, contesti la responsabilità, gli effetti di essa si debbano intendere estesi alle statuizioni civili. Pertanto, non vi è necessità che queste ultime vengano espressamente impugnate, poiché implicitamente ma inequivocabilmente l'impugnazione del punto relativo alla responsabilità involge anche le statuizioni civili, dipendenti dalla condanna (così Cass., Sez. 2, n. 20190 del 14/4/2017, Rv. 269677). In ragione di tale preferibile indirizzo interpretativo, dovrà quindi annullarsi la ordinanza impugnata emessa dal Tribunale di Firenze.
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