Cass. pen., sez. V, sentenza 16/01/2023, n. 01346
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da G G, nato a Sciacca il 13/09/1971 avverso la sentenza del 16/02/2021 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M R;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale N L, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore della parte civile C V, avv. F M S, in sostituzione dell'avv. C S, che ha concluso per la conferma della sentenza impugnata e la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali e ha fatto pervenire conclusioni scritte e nota spese;
udito il difensore dell'imputato, avv. S A S, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha parzialmente riformato, applicando l'attenuante della provocazione ritenuta prevalente sulle aggravanti e riducendo la pena, la sentenza del 27 febbraio 2019 del Tribunale di Sciacca che aveva affermato la penale responsabilità di G G per il reato di lesione personale aggravata dall'uso di un'arma e lo aveva condannato, con la recidiva semplice, alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno, liquidato in sentenza, in favore della persona offesa C V, costituitosi parte civile. Al G si contesta di avere colpito con un palo metallico C V e, dopo che questi era caduto a terra, di averlo colpito cori una serie di calci, cagionandogli contusioni in più parti del corpo giudicate guaribili in giorni diciassette.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso G G, a mezzo del suo difensore, chiedendone l'annullamento ed articolando cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 516, 521, 522, 598 e 604 cod. proc. pen. per diversità del fatto per il quale è stata pronunciata condanna rispetto a quello contestato. La Corte di appello ha accertato che il Venezia aveva per primo aggredito il G, che si trovava in un terreno preso in affitto dallo stesso imputato, colpendolo alla schiena con un bastone di legno e che l'imputato lo aveva dapprima disarmato provvedendo poi a sua volta a colpire il Venezia. Il fatto accertato era diverso da quello descritto nel capo di imputazione, perché in questo non si affermava che il reato era stato commesso all'interno di un terreno preso in affitto dal G e che di tale rapporto contrattuale il Venezia fosse a conoscenza;
né si affermava che il Venezia aveva aggredito per primo il G colpendolo alle spalle con un bastone e che il G aveva sottratto al Venezia il bastone e aveva reagito all'aggressione. Era pure risultato falso che il bastone fosse di ferro. La diversità del fatto era emersa solo a seguito della pronuncia della sentenza di secondo grado, che aveva ricostruito il fatto diversamente rispetto a quello accertato dal Tribunale e, quindi, solo con il ricorso per cassazione era stato possibile sollevare la relativa eccezione.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione in ordine alle ragioni per le quali è stato ritenuto sussisl:ente lo stato d'ira provocato dalla aggressione del Venezia e posto a base dell'attenuante della provocazione e non una costrizione a cagionare le lesioni per la necessità di difendersi dalla altrui aggressione. L'esclusione della scriminante è del tutto ingiustificata e comunque essa poggia su una illogica pretesa di un'eccezionale capacità di autocontrollo in capo a chi subisce un'aggressione e sulla svalutazione della condotta del Venezia, che, non desistendo dalla sua iniziale aggressione, si era autodefinito quale malandrino;
l'essersi il Venezia autodefinito come malandrino era circostanza che faceva ritenere ancora attuale il pericolo di un'offesa ingiusta da parte del Venezia e la correlata necessità per il G di difendersi. La Corte di appello ha illogicamente escluso la necessità del G di difendersi dall'aggressione valutando la condotta dell'imputato non nel suo momento iniziale, ossia quando egli aveva disarmato il Venezia, ma in un momento successivo, ossia dopo che egli aveva disarmato l'aggressore.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 62, n. 2, e 52, secondo comma, e 2, secondo comma, cod. pen. Sulla base della ricostruzione del fatto operata dalla Corte territoriale, doveva ritenersi operante la scriminante della legittima difesa e non
udita la relazione svolta dal consigliere M R;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale N L, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore della parte civile C V, avv. F M S, in sostituzione dell'avv. C S, che ha concluso per la conferma della sentenza impugnata e la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali e ha fatto pervenire conclusioni scritte e nota spese;
udito il difensore dell'imputato, avv. S A S, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Palermo ha parzialmente riformato, applicando l'attenuante della provocazione ritenuta prevalente sulle aggravanti e riducendo la pena, la sentenza del 27 febbraio 2019 del Tribunale di Sciacca che aveva affermato la penale responsabilità di G G per il reato di lesione personale aggravata dall'uso di un'arma e lo aveva condannato, con la recidiva semplice, alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno, liquidato in sentenza, in favore della persona offesa C V, costituitosi parte civile. Al G si contesta di avere colpito con un palo metallico C V e, dopo che questi era caduto a terra, di averlo colpito cori una serie di calci, cagionandogli contusioni in più parti del corpo giudicate guaribili in giorni diciassette.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso G G, a mezzo del suo difensore, chiedendone l'annullamento ed articolando cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 516, 521, 522, 598 e 604 cod. proc. pen. per diversità del fatto per il quale è stata pronunciata condanna rispetto a quello contestato. La Corte di appello ha accertato che il Venezia aveva per primo aggredito il G, che si trovava in un terreno preso in affitto dallo stesso imputato, colpendolo alla schiena con un bastone di legno e che l'imputato lo aveva dapprima disarmato provvedendo poi a sua volta a colpire il Venezia. Il fatto accertato era diverso da quello descritto nel capo di imputazione, perché in questo non si affermava che il reato era stato commesso all'interno di un terreno preso in affitto dal G e che di tale rapporto contrattuale il Venezia fosse a conoscenza;
né si affermava che il Venezia aveva aggredito per primo il G colpendolo alle spalle con un bastone e che il G aveva sottratto al Venezia il bastone e aveva reagito all'aggressione. Era pure risultato falso che il bastone fosse di ferro. La diversità del fatto era emersa solo a seguito della pronuncia della sentenza di secondo grado, che aveva ricostruito il fatto diversamente rispetto a quello accertato dal Tribunale e, quindi, solo con il ricorso per cassazione era stato possibile sollevare la relativa eccezione.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione in ordine alle ragioni per le quali è stato ritenuto sussisl:ente lo stato d'ira provocato dalla aggressione del Venezia e posto a base dell'attenuante della provocazione e non una costrizione a cagionare le lesioni per la necessità di difendersi dalla altrui aggressione. L'esclusione della scriminante è del tutto ingiustificata e comunque essa poggia su una illogica pretesa di un'eccezionale capacità di autocontrollo in capo a chi subisce un'aggressione e sulla svalutazione della condotta del Venezia, che, non desistendo dalla sua iniziale aggressione, si era autodefinito quale malandrino;
l'essersi il Venezia autodefinito come malandrino era circostanza che faceva ritenere ancora attuale il pericolo di un'offesa ingiusta da parte del Venezia e la correlata necessità per il G di difendersi. La Corte di appello ha illogicamente escluso la necessità del G di difendersi dall'aggressione valutando la condotta dell'imputato non nel suo momento iniziale, ossia quando egli aveva disarmato il Venezia, ma in un momento successivo, ossia dopo che egli aveva disarmato l'aggressore.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 62, n. 2, e 52, secondo comma, e 2, secondo comma, cod. pen. Sulla base della ricostruzione del fatto operata dalla Corte territoriale, doveva ritenersi operante la scriminante della legittima difesa e non
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