Cass. pen., sez. V, sentenza 02/05/2022, n. 17092
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: FONES UMBERTO nato a NAPOLI il 10/07/1963 FONES SALVATORE nato a NAPOLI il 21/01/1971 avverso la sentenza del 23/11/2020 della CORTE APPELLO di NAPOLIvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere I S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PAOLA FILIPPI che ha concluso chiedendo udito il difensore
CLIZZATA RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli ha riformato, limitatamente alla durata delle pene accessorie, la sentenza del Tribunale di quella stessa città in data 6 luglio 2017, pronunciata nei confronti di F U e di F S, riconosciuti colpevoli, quali amministratori della
TONES
Snc. di S F & C.', fallita il 13 gennaio 2010, del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il primo, e anche del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, il secondo, con consequenziale applicazione nei loro confronti della pena quantificata in anni due e mesi sei di reclusione.
2. Il ricorso per cassazione nell'interesse di F U consta di quattro motivi, quivi enunciati nei limiti richiesti per la motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.. - Il primo motivo denuncia la violazione dell'art. 51 cod. pen., in relazione all'art. 2289 cod. civ. e lamenta che il ricorrente avrebbe dovuto essere assolto dalla bancarotta patrimoniale ascrittagli perché il fatto non costituisce reato. Ciò era sostenibile sulla base dei seguenti argomenti: F U, autoliquidandosi la quota di sua partecipazione alla società in nome collettivo - di cui era stato socio fino al recesso, avvenuto il 10 dicembre 2017, allorché aveva, oltretutto, ceduto la sua quota alla moglie del fratello Salvatore -, con il prelevare dalle casse sociali la somma di Euro 130.000,00, non aveva fatto altro che esercitare il diritto di credito vantato nei confronti della società, la cui valutazione egli aveva effettuato sulla base della condizioni economiche e finanziarie della compagine;
la sua condotta non era stata animata da dolo, non essendosene egli rappresentato la pericolosità. - Il secondo motivo eccepisce l'inutilizzabilità delle dichiarazioni del teste D S Giacomo, per non essere stato questi inserito nella lista del pubblico ministero ex art. 468 cod. proc. pen.. - Il terzo motivo deduce il travisamento delle dichiarazioni di D S Giacomo, siccome evincibile dalla sentenza di primo grado, richiamata da quella impugnata, nonché l'illogicità di quella, che aveva desunto dalle sue propalazioni la pericolosità della condotta del ricorrente, sebbene non avesse chiarito quale fosse stato il ruolo avuto dal dichiarante in seno alla fallita, di cui era stato, in effetti, soltanto consulente fiscale. - Il quarto motivo denuncia il vizio di illogicità della motivazione della sentenza di primo grado, che aveva ritenuto F S, dapprima ignaro della condotta distrattiva del germano e, poi, suo concorrente nella realizzazione di essa.
3. Il ricorso per cassazione nell'interesse di F S consta di tre motivi, parimenti enunciati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.. 3.1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., la violazione degli artt. 192 e 194 cod. proc. pen. e lamenta il malgoverno dei criteri di valutazione delle prove dichiarative - segnatamente delle testimonianze del Curatore Fallimentare, P P, e di D I M - e di quelle documentali, dalle quali si sarebbe potuto desumere, ove congruamente apprezzate, l'estraneità del ricorrente alla condotta distrattiva del fratello U, questi essendo dotato di poteri gestori disgiunti della società in nome collettivo di famiglia, delle cui quote era proprietario in misura del 50%, rispetto al cui autonomo esercizio egli non avrebbe potuto opporre alcunchè.
3.2. Il secondo motivo deduce difetto, mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, avendo la Corte territoriale ritenuto che il ricorrente fosse, oltretutto, autore anche della distrazione della somma di Euro 50.000,00, restituita dal fratello U, ancorché non fosse stata raggiunta alcuna prova certa né in ordine all'effettivo versamento della stessa da parte del germano, né in ordine all'eventuale destinazione che l'imputato le avrebbe impresso.
3.3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 133 e 37 cod. pen. in riferimento all'operata quantificazione della pena principale e della pena accessoria.
4. Con requisitoria in data 27 gennaio 2022, rassegnata ai sensi dell'art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n.176 e degli artt. 1 e 7 del decreto-legge n. 105 del 2021, il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Dottoressa P F, ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va respinto il ricorso nell'interesse di F U.
1.1. Il primo motivo è infondato.
1.11. Invero, la diffusa rassegna dei principi espressi dalla giurisprudenza civile di legittimità in tema di liquidazione della quota del socio recedente nella società di persone non getta alcuna luce sull'unico tema che avrebbe meritato di essere approfondito in questa sede: ossia quali fossero stati gli oggettivi parametri, concretamente utilizzati dal ricorrente, sulla base dei quali egli, recedendo dalla società di famiglia, aveva determinato il valore della sua quota di partecipazione in essa nella misura di Euro 180.000,00.A fronte del silenzio sul punto serbato dall'appellante, già stigmatizzato nella sentenza impugnata (cfr. pag. 3), nulla è, in effetti, dedotto neppure nel motivo in disamina,
udita la relazione svolta dal Consigliere I S;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PAOLA FILIPPI che ha concluso chiedendo udito il difensore
CLIZZATA RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli ha riformato, limitatamente alla durata delle pene accessorie, la sentenza del Tribunale di quella stessa città in data 6 luglio 2017, pronunciata nei confronti di F U e di F S, riconosciuti colpevoli, quali amministratori della
TONES
Snc. di S F & C.', fallita il 13 gennaio 2010, del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, il primo, e anche del delitto di bancarotta fraudolenta documentale, il secondo, con consequenziale applicazione nei loro confronti della pena quantificata in anni due e mesi sei di reclusione.
2. Il ricorso per cassazione nell'interesse di F U consta di quattro motivi, quivi enunciati nei limiti richiesti per la motivazione, secondo quanto disposto dall'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.. - Il primo motivo denuncia la violazione dell'art. 51 cod. pen., in relazione all'art. 2289 cod. civ. e lamenta che il ricorrente avrebbe dovuto essere assolto dalla bancarotta patrimoniale ascrittagli perché il fatto non costituisce reato. Ciò era sostenibile sulla base dei seguenti argomenti: F U, autoliquidandosi la quota di sua partecipazione alla società in nome collettivo - di cui era stato socio fino al recesso, avvenuto il 10 dicembre 2017, allorché aveva, oltretutto, ceduto la sua quota alla moglie del fratello Salvatore -, con il prelevare dalle casse sociali la somma di Euro 130.000,00, non aveva fatto altro che esercitare il diritto di credito vantato nei confronti della società, la cui valutazione egli aveva effettuato sulla base della condizioni economiche e finanziarie della compagine;
la sua condotta non era stata animata da dolo, non essendosene egli rappresentato la pericolosità. - Il secondo motivo eccepisce l'inutilizzabilità delle dichiarazioni del teste D S Giacomo, per non essere stato questi inserito nella lista del pubblico ministero ex art. 468 cod. proc. pen.. - Il terzo motivo deduce il travisamento delle dichiarazioni di D S Giacomo, siccome evincibile dalla sentenza di primo grado, richiamata da quella impugnata, nonché l'illogicità di quella, che aveva desunto dalle sue propalazioni la pericolosità della condotta del ricorrente, sebbene non avesse chiarito quale fosse stato il ruolo avuto dal dichiarante in seno alla fallita, di cui era stato, in effetti, soltanto consulente fiscale. - Il quarto motivo denuncia il vizio di illogicità della motivazione della sentenza di primo grado, che aveva ritenuto F S, dapprima ignaro della condotta distrattiva del germano e, poi, suo concorrente nella realizzazione di essa.
3. Il ricorso per cassazione nell'interesse di F S consta di tre motivi, parimenti enunciati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.. 3.1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., la violazione degli artt. 192 e 194 cod. proc. pen. e lamenta il malgoverno dei criteri di valutazione delle prove dichiarative - segnatamente delle testimonianze del Curatore Fallimentare, P P, e di D I M - e di quelle documentali, dalle quali si sarebbe potuto desumere, ove congruamente apprezzate, l'estraneità del ricorrente alla condotta distrattiva del fratello U, questi essendo dotato di poteri gestori disgiunti della società in nome collettivo di famiglia, delle cui quote era proprietario in misura del 50%, rispetto al cui autonomo esercizio egli non avrebbe potuto opporre alcunchè.
3.2. Il secondo motivo deduce difetto, mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, avendo la Corte territoriale ritenuto che il ricorrente fosse, oltretutto, autore anche della distrazione della somma di Euro 50.000,00, restituita dal fratello U, ancorché non fosse stata raggiunta alcuna prova certa né in ordine all'effettivo versamento della stessa da parte del germano, né in ordine all'eventuale destinazione che l'imputato le avrebbe impresso.
3.3. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 133 e 37 cod. pen. in riferimento all'operata quantificazione della pena principale e della pena accessoria.
4. Con requisitoria in data 27 gennaio 2022, rassegnata ai sensi dell'art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n.176 e degli artt. 1 e 7 del decreto-legge n. 105 del 2021, il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Dottoressa P F, ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va respinto il ricorso nell'interesse di F U.
1.1. Il primo motivo è infondato.
1.11. Invero, la diffusa rassegna dei principi espressi dalla giurisprudenza civile di legittimità in tema di liquidazione della quota del socio recedente nella società di persone non getta alcuna luce sull'unico tema che avrebbe meritato di essere approfondito in questa sede: ossia quali fossero stati gli oggettivi parametri, concretamente utilizzati dal ricorrente, sulla base dei quali egli, recedendo dalla società di famiglia, aveva determinato il valore della sua quota di partecipazione in essa nella misura di Euro 180.000,00.A fronte del silenzio sul punto serbato dall'appellante, già stigmatizzato nella sentenza impugnata (cfr. pag. 3), nulla è, in effetti, dedotto neppure nel motivo in disamina,
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