Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 04/09/2002, n. 12869

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Per la necessaria prevalenza che, nel rito del lavoro, deve darsi al dispositivo letto in udienza, rispetto alla motivazione della sentenza successivamente depositata, non può tenersi conto che delle pronunce espresse nel dispositivo stesso e delle argomentazioni che, nella motivazione, le sorreggono ed eventualmente concorrono a chiarirne il contenuto, mentre le ulteriori argomentazioni, che non trovano corrispondenza nel "dictum" espresso nella parte dispositiva, rimangono ineluttabilmente sterili di effetti. (Nella specie, la sentenza impugnata conteneva nella motivazione anche la giustificazione di potenziali, ulteriori pronunce in favore del creditore, senza che le stesse fossero trasfuse nel dispositivo; la S.C., nel confermare la sentenza, ha rilevato che tale circostanza non dava luogo ad una ipotesi di insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo, ma ad una omissione della quale avrebbe potuto eventualmente dolersi il creditore a favore del quale la motivazione argomentava sulla spettanza di ulteriori diritti).

Allorquando debitrice sia una pubblica amministrazione e questa provveda ad un pagamento parziale, la circostanza che la stessa, in base alle norme concernenti la contabilità generale dello Stato, sia tenuta a rilasciare ricevuta degli assegni tratti sull'istituto incaricato del servizio di tesoreria e a quietanzare gli altri titoli di spesa, così come la circostanza che la dichiarazione di ricevuta estingua il debito dell'amministrazione, lasciano impregiudicato il problema della imputazione del pagamento, non potendosi dalla eventuale specificazione della imputazione contenuta nel titolo di spesa desumersi l'accettazione da parte del creditore di tale imputazione.

La prassi amministrativa, a differenza degli usi (costituenti fonte del diritto: art. 8 disp. sulla legge in generale), non ha efficacia "erga omnes" e non ha vero carattere di generalità; essa si limita a connotare il comportamento di fatto dei singoli uffici nei rapporti interni e con il pubblico, senza essere tuttavia accompagnata dalla convinzione della sua doverosità. (Fattispecie relativa alla dedotta esistenza di una prassi amministrativa derogatoria dell'art. 1194 cod. civ., in forza della quale, per l'imputazione del pagamento parziale di debiti dell'amministrazione al capitale anziché agli interessi, non sarebbe necessario il consenso del creditore: la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la rilevanza della addotta prassi amministrativa).

In tema di crediti soggetti alla disciplina dettata, quanto a interessi legali e rivalutazione monetaria, dall'art. 429 cod. proc. civ., nei quali rientrano i crediti previdenziali e assistenziali, poiché la rivalutazione monetaria, non corrisposta al momento del pagamento del capitale, costituisce essa pure un credito residuo, la somma dovuta a tale titolo è a sua volta suscettibile di rivalutazione. (Fattispecie nella quale la sentenza impugnata, confermata dalla S.C., ha ritenuto inapplicabili, "ratione temporis" le norme che hanno introdotto il divieto di cumulo tra interessi e rivalutazione).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 04/09/2002, n. 12869
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 12869
Data del deposito : 4 settembre 2002

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. V M - Presidente -
Dott. L V - rel. Consigliere -
Dott. F A M - Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
Dott. A D M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL'INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in

ROMA VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;



- ricorrente -


contro
T R;



- intimato -


avverso la sentenza n. 892/99 del Tribunale di NAPOLI, depositata il 02/03/99 R.G.N. 46221/95;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/05/02 dal Consigliere Dott. L V;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. G N che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto depositato il 12 aprile 1994, il sig. T R ricorreva al Pretore di Napoli nei confronti del Ministero dell'interno e - deducendo di essere titolare di pensione di invalidità civile e di indennità di accompagnamento, con decorrenza dal 1^ maggio 1981 (primo giorno del mese successivo alla domanda amministrativa), ma di avere ricevuto soltanto il 29 settembre 1988 i rispettivi arretrati, rispettiva per complessive L. 11.634.540 (pensione) e L. 36.692.400 (indennità di accompagnamento) - chiedeva la condanna dell'Amministrazione a corrispondergli, a partire dal 1210 giorno dalla insorgenza del diritto (art. 7 della legge n. 53371970), sino alla data del pagamento, gli interessi (L. 8.595.582) e la rivalutazione monetaria (L. 13.350.537) nonché gli interessi sulla rivalutazione (L. 1.757.939) sulle somme arretrate, come da conteggi che allegava;
chiedeva altresì gli ulteriori interessi e la rivalutazione monetaria o il risarcimento del maggior danno sulle somme che il Pretore avrebbe liquidato, con applicazione dell'art. 1 194 c. civ..
Con sentenza in data 13/14 giugno 1995, pronunciata in contumacia del Ministero, il Pretore, premesso che, a seguito della sentenza 19/27 aprile 1993, n. 196 della Corte costituzionale, l'art. 442 c.p.c. è applicabile anche ai crediti assistenziali, ha
affermato che spettano all'assistito la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sugli importi arretrati rivalutati, con decorrenza dalla data di rigetto della domanda o dal 121^ giorno dalla sua presentazione senza che l'ente si fosse pronunciato. Non era applicabile l'art. 16, sesto comma, dalla legge n. 412/1991 (divieto di cumulo di interessi e rivalutazione monetaria),
non avente efficacia retroattiva, in riferimento alla data di maturazione del credito.
I conteggi non erano contestati e dovevano essere condivisi. Non era applicabile l'art. 1194 c.civ. perché non ricorreva la simultanea esistenza della liquidità e della esigibilità dei crediti per capitale e per interessi.
Pertanto, il Ministero dell'interno veniva condannato a pagare la somma di L. 23.704. 098, maggiorata di ulteriori interessi dalla proposizione del ricorso introduttivo al saldo.
Proponeva appello il T deducendo che l'art. 1 194 c.civ. era applicabile anche nei confronti dai debiti della pubblica amministrazione e che, ai sensi di tale norma, il creditore aveva diritto non solo agli interessi, ma anche alla rivalutazione, costituente parte integrante del credito originario, anche se, per esigenze di calcolo, era espressa separatamente.
Chiedeva, quindi, la condanna di controparte a corrispondergli anche interessi e rivalutazione sulle somme, da liquidare ai sensi dell'art. 1194 c.civ., a decorrere dal pagamento degli arretrati sino al soddisfo.
Il Tribunale, con sentenza in data 27 novembre 1998, così ha disposto, per quanto ora interessa: "in parziale ritorna dell'impugnata sentenza condanna il Ministero dell'Interno al pagamento in favore di T della rivalutazione ed interessi sulla somma di L. 13.350.537 dal pagamento degli arretrati sino al saldo. Conferma quanto alle spese".
In motivazione, il Tribunale, richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 19611993 e n. 156/1991, ha affermato:
- che la natura indicizzata ed il regime giuridico del credito restano immutati anche dopo una sentenza di condanna che liquidi interessi e rivalutazione, sicché spettano comunque gli interessi e la rivalutazione successivi sino al soddisfo;

- che, in caso di pagamento tardivo del solo capitale
anteriormente al giudizio, "senza riconoscere alcunché al creditore a titolo di rivalutazione la determinazione delle supplementari prestazioni previste dall'art. 429 c.p.c. esige il compimento di due operazioni, la prima sino alla data di detto pagamento, e la seconda da tale data al

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