Cass. pen., sez. IV lav., sentenza 18/04/2023, n. 16310

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV lav., sentenza 18/04/2023, n. 16310
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16310
Data del deposito : 18 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: KHADIM ANWAR nato il 01/01/1979 avverso l'ordinanza del 08/04/2022 della CORTE APPELLO di LECCEudita la relazione svolta dal Presidente E D S;
lette/sentite le conclusioni del

PG RITENUTO IN FATTO

1. K A ricorre per cassazione avverso l'ordinanza in epigrafe indicata, con la quale è stata rigettata l'istanza di riparazione per ingiusta detenzione, da lui formulata a seguito di assoluzione per non aver commesso il fatto dai delitti di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati in materia di immigrazione clandestina e di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché il giudice a quo non motiva adeguatamente in ordine alla sussistenza del requisito ostativo della colpa grave del ricorrente, limitandosi a evidenziare che quest'ultimo, dichiarandosi innocente in sede di interrogatorio e adducendo di non sapere in che modo il suo cellulare fosse stato utilizzato dagli stranieri, avrebbe reso dichiarazioni non veritiere, essendo in realtà emersa dalla lettura di varie intercettazioni, non considerate dal Tribunale nell'emettere la sentenza di assoluzione, la sua collaborazione nella gestione dei migranti. La Corte d'appello si limita pertanto ad elencare una serie di conversazioni intercettate, senza operare alcun collegamento tra i suddetti elementi e i reati contestati e senza indicare specificamente i comportamenti gravemente colposi posti in essere dal richiedente e da porsi in correlazione con il provvedimento restrittivo. Il giudice a quo non ha tenuto conto che le conversazioni captate, il cui contenuto era equivoco e privo di riscontri, non hanno permesso di accertare che il ricorrente avesse effettivamente prestato "aiuto" ai cittadini stranieri entrati nel territorio dello Stato in maniera irregolare. La Corte d'appello avrebbe quindi dovuto valutare l'efficienza causale del comportamento del Kim, non essendo dato comprendere quale sia stata la condotta attiva tenuta da quest'ultimo che abbia esplicato efficacia sinergica ai fini dell'applicazione e del mantenimento della misura cautelare. L'ordinanza pertanto non motiva adeguatamente sul nesso tra i fatti accertati e gli errori dei giudicanti nell'applicazione della custodia cautelare, limitandosi a un elenco di fatti senza alcun collegamento eziologico con il provvedimento restrittivo e con il mantenimento della detenzione, ed attribuendo al ricorrente condotte che questi non ha tenuto e che gli vengono ascritte immotivatamente. E infatti tutti gli elementi che la Corte d'appello ha utilizzato per ravvisare la colpa grave non risultano causalmente collegati alla custodia cautelare subita per i reati contestati.
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