Cass. civ., sez. III, sentenza 24/05/2013, n. 12988
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In tema di prova testimoniale, la valutazione del giudice di merito in ordine all'attendibilità dei testimoni escussi si sottrae al controllo di legittimità allorché sia corredata da motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa vigente in materia.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M M - Presidente -
Dott. C G - rel. Consigliere -
Dott. D'ALESSANDRO Paolo - Consigliere -
Dott. L R - Consigliere -
Dott. D'AMICO Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 20434/2008 proposto da:
CUCHEL VITTORIO CCHVTR31S01G273R, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TOSCANA 10, presso lo studio dell'avvocato R A, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati S F, A B giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
ALLIANZ S.P.A. 05032630963 (già RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTÀ S.P.A.) in persona del Dirigente legale rappresentante Dr. C P A, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio dell'avvocato S G, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;
- controricorrente -
e contro
FIASELLA SERGIO, FIASELLA DANIELE, GIUA AUGUSTA, FIASELLA MONICA, EREDI DI FIASELLA ALDO, FIASELLA MILENA;
- intimati -
avverso la sentenza n. 1570/2007 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 07/06/2007, R.G.N. 4708/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/04/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI CARLEO;
udito l'Avvocato ROMOLO PERSIANI per delega;
udito l'Avvocato GIORGIO SPADAFORA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARESTIA Antonietta, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata rispettivamente il 19 e il 18 dicembre 1997, C Vittorio conveniva in giudizio, davanti al tribunale di Milano, F Aldo e la società R.A.S. Riunione Adriatica di Sicurtà S.p.a. perché fossero condannati, in via solidale, a risarcirgli i danni patrimoniali e non patrimoniali da lui subiti a seguito dell'incidente stradale verificatosi alle ore 16.00 del 5 maggio 1995 all'altezza del chilometro 100 dell'autostrada A 15 della Cisa, incidente del quale era stata esclusivo responsabile il F. A fondamento della domanda esponeva che mentre, alla guida della sua autovettura Lancia Dedra, targata AD 067 TS, percorreva la detta autostrada con direzione La Spezia giunto all'altezza del chilometro 100 + 600, era stato violentemente tamponato dall'auto articolato Scania 113, targato SP 300211, condotto dal convenuto F e assicurato con la società RAS. Aggiungeva di essere stato ricoverato nel Centro di Rianimazione dell'Ospedale di La Spezia con diagnosi di "trauma cranico e toracico con fratture multiple, fratture scapole bilaterali, pneumotorace destro con falda di pneumomediastino" e che gli erano residuati postumi d'invalidità permanente nella misura del 70/80 per cento. Costituitisi ritualmente in giudizio, i convenuti resistevano alla domanda attorea, assumendo che la responsabilità del sinistro fosse da attribuire in via esclusiva all'attore il quale, dopo aver superato lo svincolo d'immissione sull'autostrada A/12 per Livorno, ad una decina di metri, si era fermato sulla corsia di emergenza ed aveva iniziato una manovra di retromarcia per immettersi in detto svincolo, invadendo in tal modo la corsia di marcia percorsa dal sopraggiungente autoarticolato condotto dal F. Per effetto di tale manovra, l'autovettura Dedra si era scontrata, con la parte posteriore e laterale sinistra, con la parte anteriore e laterale destra dell'autoarticolato. Facevano presente che la Polizia Stradale, intervenuta sul luogo, aveva contestato all'attore la violazione dell'art. 1767 C.d.S., comma 1. Infine, mettevano in evidenza che l'assicuratore dell'attore aveva risarcito interamente, e senza riserve, i danni subiti dalla trasportata sulla Lancia Dedra. Con sentenza del 27 giugno 2002, il Tribunale di Milano escludeva che il convenuto A F avesse avuto una qualche
responsabilità nella causazione del sinistro e, conseguentemente, respingeva la domanda dell'attore che condannava al rimborso delle spese processuali sostenute dai convenuti. Avverso tale decisione il C proponeva appello ed in esito al giudizio, in cui si costituiva la sola RAS, la Corte di Appello di Milano con sentenza depositata in data 7 giugno 2007 respingeva l'impugnazione proposta. Avverso la detta sentenza il soccombente ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. Resiste con controricorso, illustrato da memoria, la Spa Allianz (già R.A.S. Spa). MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la prima doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 2669 e 2670 c.c., art. 142 C.d.S., comma 6, art. 345 reg. esec. C.d.S., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello rigettato le domande proposte da esso C sulla base della ritenuta sua responsabilità. Tale valutazione era stata effettuata sulla base delle sole prove dedotte dal F, senza considerare inoltre che non era stata tecnicamente accertata la reale dinamica del sinistro in quanto il verbale della polizia stradale conteneva soltanto dati di natura statica ed era stato redatto esclusivamente sulla base di ipotesi, senza attribuire valore alle circostanze provate dal cronotachigrafo.
Con la seconda doglianza, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2054 c.c., comma 2, art. 141 C.d.S., art. 142 C.d.S., comma 3, art. 149 C.d.S., art. 348 reg. esec. C.d.S., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per aver la Corte di Appello superato il principio della presunzione di pari concorso di colpe posto dall'art. 2054 c.c., comma 2, malgrado l'eccessiva velocità tenuta dal F (circa 85 kmh secondo la polizia stradale) ed il mancato rispetto della distanza di sicurezza.
Ciò, senza considerare l'omessa e contraddittoria motivazione in ordine all'eccepita inattendibilità dei testi escussi Minasola e Gamba, che traeva origine da dati obiettivi e comprovati, quali: a) i testi ed il F, conducente dell'autoarticolato, erano tutti camionisti;b) si trovavano a percorrere tutti contemporaneamente il medesimo tratto stradale;c) il teste Minasola ed il F si conoscevano ed avevano contatti via radio, come riconosciuto in sede di prova delegata innanzi al Pretore di Piacenza;d) nessuno dei testi indicati dal F (il Minasola ed il Gamba) ha atteso l'arrivo degli agenti per rilasciare le proprie dichiarazioni;e) il F riferì già agli agenti di polizia stradale tutti i dati del teste Gamba, compreso il numero telefonico.
I motivi in questione, che vanno esaminati congiuntamente in quanto sia pure sotto diversi ed articolati profili, prospettano ragioni di censura intimamente connesse tra loro, sono inammissibili ancor prima di essere infondati.
A riguardo, mette conto di sottolineare che le ragioni di doglianza formulate, come risulta di ovvia evidenza dal loro stesso contenuto e dalle espressioni usate, non concernono violazioni o false applicazioni del dettato normativo bensì la valutazione della realtà fattuale, come è stata operata dalla Corte di merito;ne' evidenziano effettive carenze o contraddizioni nel percorso motivazionale della sentenza impugnata ma, riproponendo l'esame degli elementi fattuali già sottoposti ai giudici di seconde cure e da questi disattesi, mirano ad un'ulteriore valutazione delle risultanze processuali, che non è consentita in sede di legittimità. Ed invero, premesso che la valutazione degli elementi di prova e l'apprezzamento dei fatti attengono al libero convincimento del giudice di merito, deve ritenersi preclusa ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l'autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa. Con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile la doglianza mediante la quale la parte ricorrente avanza, nella sostanza delle cose, un'ulteriore istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione (cfr. Cass. n. 9233/06). Nè d'altra parte sussiste il dedotto vizio motivazionale in ordine alla eccepita inattendibilità dei testi escussi. A riguardo, come ha correttamente argomentato la Corte di merito, non può ritenersi a priori l'inattendibilità di un teste sulla sola base di un rapporto di mera colleganza lavorativa;ne', al fine di comprovare l'inattendibilità del teste, possono ritenersi rilevanti il fatto che teste e parte, entrambi camionisti, percorrano contemporaneamente il medesimo tratto stradale, abbiano contatti via radio, conoscano l'uno il numero di telefono dell'altro, e che i testi preferiscano rendere le loro dichiarazioni testimoniali nella caserma più vicina piuttosto che attendere l'arrivo degli agenti di polizia stradale sul luogo del sinistro.
La motivazione della Corte di merito sul punto non merita censure in quanto l'oggetto del mancato esame, da parte del giudice, deve essere costituito da elementi probatori, ovvero da precise circostanze di fatto di significato chiaro ed univoco, tali da evidenziare con assoluta certezza l'inveridicità delle deposizioni testimoniali, e non da mere illazioni dell'impugnante, fondate sulla sua particolare valutazione delle risultanze processuali, oppure su elementi di indimostrato sospetto, come è avvenuto nel caso di specie. È appena il caso di osservare inoltre che la valutazione del giudice del merito, riguardo all'attendibilità dei testi escussi, si sottrae al controllo di legittimità quando sia corredata, come nella specie, da una motivazione sufficiente, logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa in questione.
Parimenti, la ricostruzione dell'incidente, prospettata dalla Corte di secondo grado, appare assolutamente ben argomentata con una motivazione articolata, coerente, la quale non presenta ne' traccia del mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia nè conflittualità tra le argomentazioni svolte, essendo fondata non solo sulle prove testimoniali, sottoposte peraltro ad accurata analisi, ma anche sugli accertamenti e sui rilievi della polizia stradale, dai quali risultavano tracce di frenata dell'autoarticolato e di scarrocciamento dell'autovettura già nella corsia di marcia, con la conseguenza che fu facile dedurre che "al momento dell'urto, l'autovettura si trovava ampiamente all'interno della corsia di marcia e non invece, come affermato dall'appellante negli scritti difensivi, mentre si stava immettendo nella corsia di emergenza" (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).
Tale ricostruzione del sinistro era peraltro coerente - così continua la Corte - con le dichiarazioni della figlia del C, la quale aveva riconosciuto che, poco prima dell'incidente, l'auto del padre, con cui viaggiava per recarsi a Livorno, aveva già superato di alcune decine di metri, in direzione di La Spezia, lo svincolo per l'autostrada per Livorno, il che rendeva verosimile che il C, accortosi dell'errore, stesse percorrendo a marcia indietro la distanza che lo separava dal casello di Livorno. Ciò posto, poiché dalle risultanze processuali non era emerso che l'autocarro viaggiasse a velocità superiore al consentito e non era rimasto provato alcun elemento di colpa a carico del F mentre era rimasta invece accertata la responsabilità esclusiva del C nella causazione del sinistro (cfr. pag. 7), doveva rigettarsi l'appello proposto.
Alla stregua delle pregresse considerazioni, appare pertanto evidente come la motivazione della decisione di secondo grado rappresenti in modo assai lineare e coerente le ragioni poste a base della decisione ed è appena il caso di aggiungere che, in tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l'apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell'incidente, all'accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell'accertamento dell'esistenza o dell'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico- giuridico, e ciò anche per quanto concerne il punto specifico se il conducente di uno dei veicoli abbia fornito la prova liberatoria di cui all'art. 2054 cod. civ. (Cass. n. 1028/2012, Cass. n. 15809/02, Cass. n. 11007/2003, Cass. n. 15434/2004, Cass. n. 4009/2006). Passando all'esame della terza doglianza, va osservato che, con tale censura, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt.61, 115 e 116 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione, il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per non aver la Corte di Appello ammesso la perizia d'ufficio volta ad accertare l'effettiva dinamica dell'incidente stradale, senza peraltro motivare sul punto.
La doglianza è inammissibile. A riguardo, va osservato che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il giudice non è tenuto, anche a fronte di un'esplicita richiesta di parte, a disporre una consulenza d'ufficio e che il mancato esercizio del potere discrezionale di disporre una perizia d'ufficio, non è censurabile in sede di legittimità. Nè appare necessaria un'espressa pronuncia quando risulti dal complesso della motivazione che ha ritenuto esaurienti gli accertamenti già svolti.
Giova aggiungere infine che la parte che denunzi la mancata ammissione di una consulenza tecnica deve specificare sotto il profilo del nesso causale come l'espletamento del detto mezzo avrebbe potuto influire sulla decisione impugnata, onere che nella specie non risulta espletato adeguatamente dal ricorrente.
Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalle censure dedotte, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, alla stregua dei soli parametri di cui al D.M. n. 140 del 2012, sopravvenuto a disciplinare i compensi professionali.