Cass. civ., SS.UU., ordinanza 13/05/2021, n. 12904
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ciato la seguente ORDINANZA sul ricorso 19574-2019 proposto da: C.S.E. (CONFEDERAZIONE INDIPENDENTE SINDACATI EUROPEI) in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA BRUNO BUOZZI N. 32 presso lo studio degli avvocati M L e S V che la rappresentano e difendono;- ricorrente -contro PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, in persona rispettivamente del Presidente e del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui uffici sono domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI N. 12;- controricorrenti - nonché contro PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA;C.G.I.L. (CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA DEL LAVORO);C.I.S.L. (CONFEDERAZIONE ITALIANA SINDACATO DEI LAVORATORI);U.I.L. (UNIONE ITALIANA DEL LAVORO);C.U.B. (CONFEDERAZIONE UNITARIA DI BASE);U.S.B. (UNIONE SINDACATI DI BASE);- intimati- avverso la sentenza n. 7096/2018 del CONSIGLIO DI STATO, pubblicata il 27/12/2018. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/03/2021 dal Consigliere C M;Fatti di causa 1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio la Confederazione indipendente sindacati europei - C.S.E. - chiedeva l'annullamento del decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 2012, n. 58494 di nomina nel CNEL di quarantotto rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato e del decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio 2012, n. 58493, di nomina nel CNEL di sei rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato, nonché degli atti presupposti, connessi e consequenziali. In particolare, la parte ricorrente prospettava articolate censure di violazione di legge ed eccesso di potere, specificamente incidenti sulla procedura di nomina dei 22 rappresentanti dei lavoratori dipendenti. 2. Il TAR riteneva fondate le censure incentrate sulla tesi secondo cui i provvedimenti suddetti fossero privi di una confacente motivazione, comunque desumibile dagli atti del procedimento ed altresì viziati per difetto d'istruttoria, Ric. 2019 n. 19574 Sez. Un. - ud. 23-03-2021 -2- inesistente secondo gli elementi forniti, sebbene evidentemente prescritta secondo la previsione dell'art. 23, comma 9, del d.l. 201/11 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214 (che, dopo aver, al comma precedente, previsto la riduzione del numero dei consiglieri del CNEL da 119 a 64, aveva indicato i criteri da considerare in sede di prima applicazione della riduzione numerica e dell'assegnazione dei resti percentuali risultanti da tale riduzione). Ne conseguiva che non risultava adeguatamente giustificata dall'Amministrazione (lacuna, questa, rimasta non colmata anche in corso di giudizio) la ripartizione dei nove rappresentanti in ragione di sette ai lavoratori autonomi, e di due a quelli delle libere professioni e che neppure era desumibile l' iter logico-giuridico attraverso il quale erano stati individuati i rappresentanti dei liberi professionisti all'interno delle molte attività e associazioni che vi facevano riferimento né risultavano le ragioni in base alle quali da tale ripartizione fosse rimasta esclusa l'associazione ricorrente. 3. La suindicata decisione era impugnata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dalla Presidenza della Repubblica e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che la criticavano sotto ogni angolo prospettico sostenendo la tesi per cui la statuizione fosse frutto di un fraintendimento e l'operato dell'amministrazione - censurato in via giudiziale - fosse immune da mende ed evidenziando che, alla luce del dato normativo vigente e dell'esigenza di contenimento della spesa pubblica sottesa alla diminuzione del numero dei componenti del CNEL, la determinazione dell'Amministrazione - comunque assistita da una compiuta istruttoria - si appalesasse quale atto dovuto. La Confederazione indipendente sindacati europei - C.S.E. - si costituiva depositando una memoria ed un appello incidentale. Assumeva la esattezza della sentenza demolitoria resa dal TAR e in ogni caso riproponeva le questioni assorbite dal giudice amministrativo e così la censura concernente l'errore in cui era incorsa l'Amministrazione nell'attribuzione di ben sei rappresentanti alla CISL (invece dei cinque che le sarebbero spettati), errore che aveva falsato le successive attribuzioni, oltre che la obliterazione del criterio pluralistico sotteso alla ripartizione dei componenti tra le varie organizzazioni sindacali ed ancora quella concernente la errata attribuzione di un rappresentante alla confederazione C.U.B.. Ric. 2019 n. 19574 Sez. Un. - ud. 23-03-2021 -3- Prospettava, inoltre, l'appellante incidentale, l'incostituzionalità dell'art. 23 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella 1. 22 dicembre 2011, n. 214, ove interpretato nel senso patrocinato dall'Amministrazione. 4. Il Consiglio di Stato riteneva non accoglibile l'eccezione di sopravvenuta improcedibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse sollevata dall'Amministrazione sia perché non era supportata da alcun elemento sia perché la parte originaria ricorrente avrebbe potuto avere un interesse morale all'annullamento senza rinvio della sentenza di prime cure. Valutava, poi, di esplorare, ex affido (come fatto presente alle parti dal Presidente del Collegio ex art. 73 del cod. proc. amm. nel corso della discussione proposta alla pubblica udienza) la problematica concernente il persistere in capo all'Amministrazione appellante dell'interesse a che l'appello fosse deciso. A tale proposito, sosteneva che tale interesse fosse venuto meno (il che comportava, altresì, l'improcedibilità dell'appello incidentale per evidente ulteriore carenza di interesse: esso, sebbene proposto nei termini, era infatti condizionato all'accoglimento dell'appello principale, come chiaramente evincibile dall'ultima pagina, n. 27, dell'atto di appello incidentale medesimo che così testualmente recitava: "in via condizionata si chiede l'accoglimento del presente appello..."). Rilevava in proposito che: a) gli atti impugnati in primo grado avevano esaurito la loro efficacia in quanto, si era proceduto - da parte dell'Amministrazione - al rinnovo della composizione del CNEL per la consiliatura successiva;b) si verteva, pertanto, in una tipica ipotesi espressamente normata ex art. 34, comma 3, cod. proc. amm.: l'annullamento non risultava più utile per la parte ricorrente, in quanto l'atto aveva esaurito la propria efficacia;c) era da escludere che la sentenza di prime cure potesse produrre alcun ulteriore effetto, o che la stessa fosse coercibile in ottemperanza;c/) la sentenza demolitoria impugnata aveva semplicemente ravvisato un difetto di motivazione, per cui in ogni caso l'amministrazione appellante avrebbe dovuto conformarsi riesercitando il proprio potere (il che, comunque, costituiva evenienza ormai impraticabile, per quanto rilevato in ordine alla perdita di efficacia degli atti impugnati);e) l'unico interesse dell'Amministrazione a proporre appello sarebbe stato quello di evitare di essere convenuta in via risarcitoria;)) a tale ultimo proposito, però, osservava una evenienza del genere non appariva in alcun modo preconizzabile in Ric. 2019 n. 19574 Sez. Un. - ud. 23-03-2021 -4- quanto (oltre alle considerazioni espresse in ordine alla motivazione della sentenza demolitoria, che imponeva un nuovo esercizio del potere) l'azione risarcitoria non era stata mai, sino a quel momento proposta (anche se la parte appellante incidentale si era riservata di farlo) e se anche la parte originaria ricorrente avesse voluto proporla ex art. 30, comma 5 ultima parte, cod. proc. amm., essa sarebbe risultata all'evidenza inaccoglibile, atteso che: 1) si trattava della prima applicazione di una disciplina composita e complessa, tesa ad individuare le caratteristiche di rappresentatività di compagini sociali ed esponenziali, al fine di designare i componenti di un Organo di rilievo costituzionale e rimessa alla discrezionalità tecnica dell'amministrazione;2) non si sarebbero giammai potuti individuare, a carico dell'Amministrazione procedente, gli elementi del dolo e della colpa idonei a fondare una ipotetica responsabilità risarcitoria (osservava, al riguardo, per imidens, che le stesse censure di primo grado, accolte per difetto di motivazione, muovevano dal presupposto della innovatività e complessità della disciplina da applicare e che su tali elementi aveva concordato anche il giudice di prime cure). Conclusivamente riteneva che l'appello dell'amministrazione fosse divenuto improcedibile, essendo del tutto carente l'interesse (anche ipotetico, e non attuale) alla coltivazione dell'impugnazione medesima.
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