Cass. civ., sez. V trib., sentenza 13/10/2020, n. 22016
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Testo completo
(XXXX). s.r.l. esercente l'attivita' di commercio di autovetture nuove ed usate, ricambi ed accessori e gestione dell'autofficina per la riparazione delle auto, impugnava un avviso di accertamento notificato dall'Agenzia delle Entrate, con il quale venivano ripresi a tassazione maggiori redditi, per un importo complessivo di Euro49.000,00 ai fini IRPEG, IVA e IRAP, per l'anno d'imposta 2003, scaturenti dalle risultanze istruttore derivate dalla verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza di Gallarate, su segnalazione della Guardia di Finanza di Monza a conclusione delle indagini penali effettuate nei confronti della ditta individuale " (---)".
Dall'indagine eseguita i militari verbalizzanti avevano riscontrato il coinvolgimento delle imprese verificate in un sistema di false fatturazioni finalizzato all'evasione dell'iva negli acquisti intracomunitari. Piu' precisamente l'operazione, che serviva a nazionalizzare la merce acquistata da soggetti coinvolti, tra i quali la (---) s.r.l. da fornitori intracomunitari, ai fini della loro imponibilita' all'imposta sul valore aggiunto, si realizzava per il tramite dell'intermediazione della (---), ditta cartiera risultata inesistente e il cui titolare era risultato un evasore totale, non avendo mai presentato nessuna dichiarazione dei redditi e ai fini Iva.
La contribuente impugnava l'avviso davanti la Commissione Tributaria Provinciale di Varese, la quale, con sentenza n. 128/04/2009 accoglieva il ricorso.
Proposto appello dall'Agenzia delle Entrate, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con sentenza n. 18/05/12 depositata in data 8.3.2012 lo accoglieva sul presupposto che, a fronte della legittima contestazione di fatture fittizie, spettava alla societa' accertata provare il contrario, circostanza nemmeno tentata.
Avvero la sentenza di appello (---). s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, affidando il suo mezzo a tredici motivi, illustrati con memoria.
L'Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la contribuente deduce violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53, comma 1 in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e conseguente nullita' della sentenza e del procedimento di appello in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Lamenta che la CTR non aveva ritenuto inammissibile l'appello ad onta della mancata indicazione dei motivi specifici di impugnazione.
2. Con il secondo motivo la contribuente deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 329 c.p.c., comma 2 e articolo 346 c.p.c. e del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 56 in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e conseguente nullita' della sentenza e del procedimento in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4. Deduce che l'Agenzia delle Entrate nulla aveva eccepito o dedotto con riferimento alla parte dell'avviso di accertamento relativo alle imposte Irpeg e Irap, prestando acquiescenza sul punto.
3. Con il quarto motivo la contribuente deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 346 e 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per essere la sentenza della CTR viziata di ultrapetizione per avere accolto la domanda in relazione ad IRPEG e Irap nonostante l'acquiescenza dell'Agenzia sul punto.
Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta.
Esse non sono fondate.
Questa Corte ha piu' volte affermato che nel processo tributario la riproposizione a supporto dell'appello delle ragioni inizialmente poste a fondamento dell'impugnazione del provvedimento impositivo (per il contribuente) ovvero della dedotta legittimita' dell'accertamento (per l'Amministrazione finanziaria), in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l'onere di impugnazione specifica imposto dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 53 quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall'atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura siano ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci (Cass. 32954/2018). Tale principio e' stato piu' volte applicato quando l'Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimita' del proprio operato in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimita' dell'avviso di accertamento annullato (tra le molte, v. Cass. n. 1200 del 22/1/2016;Cass. n. 16163 del 3/8/2016;Cass. n. 7639 del 22/03/2017;Cass. n. 9937 del 20/04/2018;Cass. n. 11061 del 11/05/2018): il dissenso, infatti, puo' legittimamente investire la decisione nella sua interezza, sostanziandosi proprio nelle argomentazioni che suffragavano la domanda o la pretesa rimasta disattesa;inoltre, non occorrendo "l'utilizzo di particolari forme sacramentali o la i redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado" (Sez. U, n. 27199/2017).
La CTR ha ritenuto ammissibile l'appello "per il motivo illustrato inerente la carenza di motivazione della sentenza appellata in ordine alle ragioni dell'avviso e la loro fondatezza sulla base di elementi certamente univoci a far ritenere fittizie le 5 fatture di vendita di auto nuove dalla (---) alla (---)".
Inoltre, la CTR ha osservato che non poteva considerarsi avvenuta alcuna acquiescenza dell'amministrazione in relazione ad Irpeg ed Irap in quanto tutte le imposte sono dipendenti dallo stesso avviso di accertamento poiche' l'ufficio, con l'atto di appello, aveva affermato la legittimita' del proprio operato idonea a sostenere la legittimita' dell'avviso di accertamento nella sua interezza.
4.Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 100 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e conseguente nullita' della sentenza e del procedimento di appello in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Lamenta che la CTR aveva ritenuto un onere di impugnazione anche della parte totalmente vittoriosa in primo grado nella parte in cui la Commissione Provinciale non aveva esaminato il mancato riconoscimento dei costi a fronte dei quali erano risultati ricavi.
5. Con il sesto motivo la ricorrente deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Evidenzia che la CTR aveva erroneamente ritenuto che la CTP avesse trascurato di valutare le operazioni in contestazione sia con riferimento alle imposte dirette che con riferimento alla deducibilita' dell'Iva.
Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta. Esse sono inammissibili per carenza di interesse.
Sebbene il passaggio motivazionale appaia contorto, la CTR non ha affermato l'esistenza di un obbligo di impugnativa della parte totalmente vittoriosa in primo grado, ma che l'unico gravame da esaminare era l'appello dell'ufficio con il quale era stata impugnata la decisione del primo giudice e affermata la legittimita' dell'avviso di accertamento e della intera ripresa a tassazione, traendone la conseguenza che andava preso in esame l'avviso nella sua interezza.
6 Con il quinto motivo deduce violazione e/o falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 1, comma 2 e articolo 7, comma 4 e articolo 2733 c.c., articoli 228 e 229 c.p.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto l'Agenzia aveva "confessato" l'esistenza, l'effettivita' e la inerenza delle transazioni commerciali limitando la pretesa fiscale solo all'Iva.
La censura non e' fondata.
Dalla lettura degli atti processuali, trascritti per l'autosufficienza dalla ricorrente si evince che l'Ufficio ha solo evidenziato, che trattandosi di operazioni soggettivamente inesistenti, non era in contestazione l'effettivita' delle transazioni commerciali, ma in nessun atto ha ammesso l'inerenza dei costi.