Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 08/03/2018, n. 05503
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Testo completo
a seguente ORDINANZA sul ricorso 18577-2012 proposto da: S F, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dal l vvocato V D P, giusta delega in atti;- ricorrente -contro POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato A M, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;- controricorrente - avverso la sentenza n. 6797/2011 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 02/02/2012 R.G.N. 4134/2009. RG 18577\12 RILEVATO Che la Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 2.2.12, respinse il gravame proposto da F S avverso la sentenza del Tribunale di Roma che dichiarò la legittimità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato ri7if con Poste Italiane s.p.a. dal 2.2.07 al 31.3.07, ai sensi dell'art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n.368\01, aggiunto dahrt.1, comma 558, della L. n. 266\05 ("Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche quando l'assunzione sia effettuata da imprese concessionarie di servizi nei settori delle poste per un periodo massimo complessivo di sei mesi, compresi tra aprile ed ottobre di ogni anno, e di quattro mesi per periodi diversamente distribuiti e nella percentuale non superiore al 15 per cento dell'organico aziendale, riferito al 10 gennaio dell'anno cui le assunzioni si riferiscono. Le organizzazioni sindacali provinciali di categoria ricevono comunicazione delle richieste di assunzione da parte delle aziende di cui al presente comma"). Che per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il Salemme affidato a cinque motivi;resiste la società Poste con controricorso, poi illustrato con memoria. CONSIDERATO 1.-Che con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione della clausola n.8.3 ( di non regresso) dell'Accordo quadro recepito dalla direttiva comunitaria n. 99\70 CE. Violazione dei principi di non discriminazione e di uguaglianza comunitari. Violazione e falsa applicazione dell'art.1 comma 3 Regolamento CE n.1/03 del Consiglio Europeo;violazione e falsa applicazione della legge Comunitaria n.422\2000;violazione dell'art.117 comma 1 della Costituzione, lamentando in sostanza che l'art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 368\01 contrasta col diritto europeo ed in particolare con gli artt. 39 e 49 T.U.E. e con la direttiva comunitaria 1999\70\CE. Che con secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione del ridetto art. 2, comma 1 bis, che non poteva essere interpretato prescindendo da quanto disposto dall'art. 1 del d.lgs n. 368\01, e dunque non poteva ritenersi un'ipotesi di assunzione a termine acausale, prescindendo dai principi di cui all'art. 1 e dal diritto comunitario (europeo). 1.1.- Che i motivi, esaminabili congiuntamente stante la loro connessione, sono infondati, avendo questa Corte più volte affermato che la norma in questione (comma 1 bis dell'art. 2 d.lgs. n. 368\2001) è stata ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 214/2009, e che questa Corte, inoltre, ha già evidenziato che tale disposizione non contrasta con l'ordinamento comunitario (cfr. da ultimo Cass. 23.9.2014 n. 19998), in quanto, peraltro, come rilevato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea (C-20/10, Vino), è giustificata dalla direttiva 1997/67/CE, in tema di sviluppo del mercato interno dei servizi postali, non venendo in sostanza in rilievo la direttiva 1999/70/CE, in tema di lavoro a tempo determinato, neppure con riferimento al principio di non discriminazione, che è affermato per le disparità di trattamento fra RG 18577\12 lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, ma non anche per le disparità di trattamento fra differenti categorie di lavoratori a tempo determinato (Cass. 11.7.2012 n. 11659). La sentenza impugnata risulta dunque corretta alla luce dei principi affermati da questa Corte in materia, e cioè che l'art. 2, comma 1 bis, del d.lgs. n. 368 del 2001, aggiunto dall'art. 1, comma 558, della legge n. 266 del 2005, ha introdotto, per le imprese operanti nel settore postale, un'ipotesi di valida apposizione del termine autonoma rispetto a quelle stabilite dall'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 368 del 2001, richiedendo esclusivamente il rispetto dei limiti temporali, delle percentuali (sull'organico aziendale) e di comunicazione alle organizzazioni sindacali provinciali e non anche l'indicazione delle ragioni giustificative dell'apposizione del termine (cfr. Cass. sez.un. n. 11374\16), dovendosi escludere che tale previsione sia irragionevole - come positivamente valutato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 214 del 2009 - o contrasti con il divieto di regresso contenuto nell'art. 8 dell'Accordo quadro allegato alla direttiva 99/70/CE, trattandosi di disposizione speciale, introdotta accanto ad altra analoga previsione speciale, con la quale il legislatore si è limitato ad operare una tipizzazione della ricorrenza di esigenze oggettive, secondo una valutazione di tipicità sociale. Ne consegue che per i relativi contratti di lavoro non opera l'onere di indicare sotto il profilo formale, e di rispettare sul piano sostanziale la causale, oggettiva e di natura temporanea, giustificatrice dell'apposizione di un termine al rapporto (Cass. sez. un. n. 11374\16, Cass.26.7.2012 n. 13221, Cass.
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