Cass. civ., sez. V trib., sentenza 14/01/2021, n. 526
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
FATTI DI CAUSA
1.La Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Messina, rigettava l'appello proposto dall'Istituto delle A.R. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Messina che aveva accolto solo parzialmente il ricorso dell'Istituto contribuente contro l'avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle entrate nei suoi confronti, per l'anno, 2004, ai fini Ires e Irap, senza alcun accertamento per gli anni 2001, 2002, 2003 e 2005, con cui era stato rettificato il reddito imponibile ai fini Ires da euro 304.054,00 ad euro 1.385.843,00 ed ai fini Irap da euro 1.644.640,00 ad euro 4.439.971,00. In particolare, il giudice di prime cure aveva negato che sussistessero le plusvalenze per alienazioni di immobili, aveva escluso la natura di ente ecclesiastico ed aveva ritenuto la natura di ente non commerciale, considerando violato però l'art. 144, secondo comma, d.p.r. 917/1986, che prevedeva l'obbligo della contabilità separata per l'attività commerciale. Il giudice di appello condivideva la sentenza di prime cure, anche in relazione alla assenza di una separata contabilità per l'attività commerciale.
2.Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l'Istituto, depositando successivamente memoria scritta.
3.L'Agenzia delle entrate ha depositato atto di costituzione solo ai fini della eventuale partecipazione all'udienza di discussione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo di impugnazione l'Istituto deduce la "nullità della sentenza: Violazione di legge art. 31 del Concordato tra Stato Italiano e lo Stato Città del Vaticano reso esecutivo in Italia con la legge n. 810 del 27/05/1929, legge 25-3-1985, n. 121, protocollo 7.2;legge 20-5-1985, n. 206 art. 4, 5, 6;dell'art. 117 Costituzione, art. 149.4 Tuir n. 917 del 1986, con riferimento all'art. 360 n. 3 c.p.c.", in quanto il giudice di appello si è limitato a condividere la decisione del primo giudice che non ha considerato l'Istituto contribuente come "Ente Ecclesiastico non economico", in base a quanto risultava dallo Statuto. Inoltre, la Commissione regionale ha anche erroneamente affermato che l'Istituto svolgeva attività commerciale in maniera prevalente, in violazione dell'art. 149, comma 4, d.p.r. 917/1986. Infatti, gli enti ecclesiastici non possono perdere la natura di ente non commerciale per il fatto che l'attività commerciale, per "avventura", svolta, risultasse, in un solo anno, prevalente.
Gli enti ecclesiastici sorgono in base al diritto canonico e vengono riconosciuti dallo Stato Italiano, in base al Concordato del 1929 ed alle modifiche di cui alle leggi 121 del 25 marzo 1985 e n. 206 del 20 maggio 1985. Il giudice di appello, condividendo la pronuncia di primo grado, avrebbe fatto perdere all'Istituto la natura di Ente Ecclesiastico, mentre l'attribuzione di tale natura spetta solo all'Autorità ecclesiastica. In realtà, gli enti ecclesiastici non perderebbero mai, ai fini delle imposte dirette, la natura di ente non commerciale. Inoltre, l'ente ecclesiastico non economico, non può essere ritenuto ente commerciale, solo perchè nel corso di un anno l'attività commerciale sia stata prevalente.
2.Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la "nullità della sentenza" per "violazione di legge art. 144.2 del Tuir n. 917 del 1986;art. 143.1 e 143.3 lett. b TUIR 917 de1 1986;art. 53 Cost, comma 1, art. 97 Cost., comma 1 con riferimento all'art. 360 n. 3 c.p.c.", in quanto il giudice di appello, dopo aver condiviso la decisione di prime cure in ordine al mancato riconoscimento della natura di ente ecclesiastico non economico dell'Istituto contribuente, ha poi affermato che non poteva essere esclusa la natura di "Ente non commerciale", sicchè il suo reddito doveva formarsi ai sensi dell'art. 143 del d.p.r. 917/1986, quindi in relazione a tutte le categorie reddituali (redditi fondiari, di capitale, di impresa, per attività commerciale eventualmente esercitata e diversi, con esclusione dei redditi esenti). Tuttavia, l'assenza di una separata contabilità per l'attività commerciale svolta non consentiva di escludere dal reddito i contributi pubblici percepiti pari ad euro 1.921.077.
2.1.1 due motivi, che vanno esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati per le ragioni di cui in motivazione.
2.2.Va subito chiarito che gli enti ecclesiastici sono tali in base alle norme del diritto canonico, quindi, o in virtù di "erectio", con l'espresso conferimento della personalità giuridica di diritto canonico, oppure tramite la "approbatio", concessa dalla autorità ecclesiastica, quindi con l'inserimento dell'associazione nell'ambito della organizzazione ecclesiastica.
2.3.L'art. 31 del Concordato tra Stato e Chiesa Cattolica dell'11.2.1929 ha previsto che gli enti ecclesiastici possano ottenere il "riconoscimento" dello Stato. Infatti, si dispone all'art. 31 che "l'erezione dei nuovi enti ecclesiastici od associazioni religiose sarà fatta dall'autorità ecclesiastica secondo le norme del diritto canonico: il loro riconoscimento agli effetti civili sarà fatto delle autorità civili". Allo stesso modo l'art. 32 del Concordato prevede che" i riconoscimenti e le autorizzazioni previste nelle disposizioni del presente Concordato e del Trattato avranno luogo con le norme stabilite dalle leggi civili, che dovranno essere poste in armonia con le disposizioni del Concordato medesimo e del Trattato".
Gli artt. 7 e 17 del r.d. 2 dicembre 1929, n. 2262, nel fissare le modalità necessarie per il riconoscimento agli effetti civili degli istituti ecclesiastici o degli enti di culto, hanno formalmente subordinato il provvedimento statale all'esistenza di un analogo provvedimento preventivamente adottato dall'autorità ecclesiastica nei confronti degli enti da riconoscere.
2.4.Anche la Costituzione tutela gli enti ecclesiastici l'art. 20 dispone che " Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività".
2.5.L'art. 7.2 del Protocollo di cui alla legge 25 marzo 1985, n. 121 (Ratifica ed esecuzione con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984 che apporta modifiche al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929, tra la Repubblica Italiana e la Santa sede), a conferma della necessità di un "riconoscimento" da parte dello Stato, prevede che "ferma restando la personalità giuridica degli enti ecclesiastici che ne sono attualmente provvisti, la Repubblica italiana, su domanda dell'autorità ecclesiastica o con il suo assenso, continuerà a riconoscere la personalità giuridica degli enti ecclesiastici aventi sede in Italia, eretti o approvati secondo le norme del diritto canonico, i quali abbiano finalità di religione o di culto. Analogamente si procederà per il riconoscimento gli effetti civili di ogni mutamento sostanziale degli enti medesimi".
Al comma 3 dell'art. 7 della legge 121/1985 si afferma che "agli effetti tributari gli enti ecclesiastici aventi fini di religione o di culto, come pure le attività dirette a tali scopi, sono equiparati a quelli aventi fini di beneficenza o di istruzione. Le attività diverse da quelle di religione o di culto, svolte dagli enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime".
L'art. 8 del d.p.r. 13 febbraio 1987 n. 33 prevede che" l'ente ecclesiastico che svolge attività per le quali sia prescritta dalle leggi tributarie la tenuta di scritture contabili deve osservare le norme circa tali scritture relative alle specifiche attività esercitate".
2.6.1 medesimi concetti sono espressi dall'art. 4 della legge 20 maggio 1985, n. 206 (Ratifica ed esecuzione del protocollo, firmato a Roma il 15 novembre 1984, che approva le norme per la disciplina della materia degli enti e beni ecclesiastici formulate dalla commissione paritetica istituita dall'articolo 7 n. 6 dell'accordo, con protocollo addizionale, del 18 febbraio 1984 che ha apportato modificazioni al concordato lateranense del 1929 tra lo Stato italiano la Santa sede), che dispone che "gli enti ecclesiastici che hanno la personalità giuridica nell'ordinamento dello Stato assumono la qualifica di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti";all'articolo 5 si prevede che " gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti devono iscriversi nel registro delle persone giuridiche", mentre all'articolo 6 si aggiunge che " gli enti ecclesiastici già riconosciuti devono richiedere l'iscrizione nel registro delle persone giuridiche entro due anni dall'entrata in vigore delle presenti norme".
2.7.È pacifico tra le parti che l'Istituto ricorrente avesse già la personalità giuridica di ente ecclesiastico, in quanto era stato "riconosciuto" prima della modifica del Concordato. L'Istituto ha, poi, chiesto l'iscrizione nel registro delle persone giuridiche e l'iscrizione è avvenuta il 12 giugno 1987.
2.8.Per comprendere appieno la questione è opportuno richiamare l'art. 73, primo comma, lettera c del d.p.r. 917/1986, dedicato ai soggetti passivi per l'imposta sul reddito delle società, ove si prevede che, oltre alle società e agli enti pubblici e privati che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, "sono soggetti all'imposta sul reddito delle società: ... Gli enti pubblici e privati diversi dalle società,... che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale...".
L'art. 143, primo comma (reddito complessivo), del d.p.r. 917/1986, dedicato agli "enti non commerciali residenti", e quindi anche agli enti ecclesiastici, dispone che "il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell'art. 73 è formato dei redditi fondiari, di capitale, d'impresa e diversi, ovunque prodotti e quale ne sia la destinazione, ad esclusione di quelli esenti dall'imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta o ad imposta sostitutiva. Per i medesimi enti non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell'articolo 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell'ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione".
Pertanto, il reddito degli enti non commerciali è computato come quello per le persone fisiche, avendo riguardo alle varie tipologie di reddito, fondiario, di capitale, di impresa e diversi.
Al comma 2 dell'art. 143 si dispone che "il reddito complessivo è determinato secondo le disposizioni dell'articolo 8", e quindi sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti dall'esercizio di imprese commerciali e quelle derivanti dall'esercizio di arti e professioni.
Il comma 3, invece, indica i redditi che non possono essere presi in considerazione per il calcolo del reddito complessivo degli enti non commerciali ("non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla lettera c del comma 1, dell'art. 73: a) i fondi pervenuti ai predetti enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente, anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;b) i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche ai predetti enti per lo svolgimento convenzionato o in regime di accreditamento... di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi".
Se, dunque, gli enti, compresi quelli commerciali, come pure quelli dilettantistici, sono qualificati come "non commerciali", non si può tenere conto, ai fini della determinazione del reddito complessivo dei "contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche ai detti enti", ai sensi dell'art. 143 comma 3 lettera b d.p.r. 917/1986.