Cass. pen., sez. II, sentenza 16/05/2023, n. 20882

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. II, sentenza 16/05/2023, n. 20882
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 20882
Data del deposito : 16 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: AMENDOLAGINE FOSCHINI FRANCO nato a ARGENTA il 14/04/1944 avverso la sentenza del 18/10/2021 della CORTE APPELLO di TRIESTEvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere L I;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore L G che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inannmissibilità del ricorso udito il difensore avv. MAURIZIO CONTI del foro di Udine, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 25 giugno 2019 il Tribunale di Udine dichiarava A F F, già professore associato a tempo pieno e titolare della cattedra di Storia dell'Architettura presso ll'Università degli Studi di Udine, colpevole del reato di truffa aggravata ai danni dell'Università di Udine, del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca ed altresì del Ministero del Tesoro per aver omesso di inserire, nella dichiarazione sostitutiva di certificazione in data 20/10/2004, il numero di partita I.V.A. relativa all'esercizio di attività libero professionale esercitata dall'anno 2000, che aveva l'obbligo di far conoscere all'Università in quanto incompatibile con il regime di lavoro "a tempo pieno" da lui prescelto. In tal modo l'A, omettendo qualsiasi comunicazione in proposito ed inducendo in errore l'Università di Udine, che negli anni gli aveva corrisposto l'indennità costituita dall'assegno aggiuntivo per il "tempo pieno" che non gli spettava, aveva percepito dall'attività extrauniversitaria i redditi contestatigli nel capo di imputazione. Riconosciute all'imputato le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata, il Tribunale condannava l'A alla pena ritenuta di giustizia, con la sospensione condizionale di questa, disponeva la confisca per equivalente del denaro nella sua diretta disponibilità - o, in mancanza, di beni a lui riferibili - sino alla concorrenza di euro 181.689,03 e lo condannava, altresì, al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile Università degli Studi di Udine, da liquidarsi in separato giudizio civile.

2. Con sentenza di 18/10/2021 la Corte di Appello di Trieste ha solo parzialmente riformato la pronuncia di primo grado, confermando il giudizio di condanna ma ritenendo trattarsi di condotta unitaria ed escludendo perciò l'aumento di pena per la continuazione.

3. Avverso la pronuncia della Corte territoriale l'A Foschini ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi di impugnazione: - Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge, in particolare dell'art. 649 cod. pen., dell'art. 4 del VII protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, e degli artt. 50, 51 e 52 par. 3 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea: si duole il ricorrente essere stata esercitata l'azione penale pur essendo prevista una diversa forma di repressione dell'illecito e, pertanto, con violazione del principio del "ne bis in idem" e delle regole del cd. doppio binario sanzionatorio. Invocando la giurisprudenza della CEDU, Grande Chambre, 10/2/2009, Zolotoukhine

contro

Russia, si assume che l'identità del fatto va considerata alla luce dei suoi elementi naturalistici (condotta - nesso causale - evento) e che nel caso di specie il fatto naturalistico valutato nelle diverse sedi sarebbe lo stesso: lo svolgimento di attività libero-professionale in costanza di insegnamento accademico a tempo pieno. Si assume, pertanto, esservi piena identità "tra la sanzione inflitta in sede penale e quella irrogata in sede contabile";
ciò in quanto l'apprensione delle somme corrispondenti agli assegni percepiti - prevista dall'art. 53, commi 7 e 7 bis d.lvo 165/2001 - non mira a ripristinare lo status quo ante leso da comportamento illecito ma, privando I ricorrente del compenso di anni di lavoro, ha natura sanzionatoria e repressiva come tipicamente la sanzione penale. - Anche con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione di legge, in particolare dell'art. 649 cod. pen., dell'art. 4 del VII protocollo addizionale alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, e degli artt. 50, 51 e 52 par. 3 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, in quanto per effetto della confisca di somma corrispondente agli assegni percepiti, disposta con la sentenza penale impugnata, e della condanna disposta dalla Corte dei Conti per somma corrispondente ai compensi dell'attività libero-professionale, il ricorrente si trova a pagare la somma complessiva di euro 1.337.260,79, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile, Università degli studi di Udine, sanzione che si ritiene sproporzionata al fatto. - Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge, per essere stato individuato il momento consumativo del reato nella percezione dell'indennità per il tempo pieno e non già nella mancata indicazione della propria partita I.V.A. relativa alla propria attività libero professionale nella dichiarazione sostitutiva di certificazione: a sostegno di tale prospettazione il ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte in tema di truffa in assunzione a pubblico impiego, secondo la quale la corresponsione della retribuzione non costituisce profitto illecito ed il reato è da considerarsi istantaneo.
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