Cass. civ., sez. V trib., sentenza 15/06/2018, n. 15854

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 15/06/2018, n. 15854
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15854
Data del deposito : 15 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente: SENTENZA sui ricorso proposto da: JA,0) AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n.12 presso l'Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende. -ricorrente-

contro

AMMIRATI GIOVANNI, elettivamente domiciliato in Roma, via Gian Giacomo Porro n.8 presso lo studio Legale e tributario CGP e rappresentato e difeso dagli Avv.ti F M e F F che lo rappresentano e difendono per procura a margine del controricorso. -controricorrente- per la cassazione della sentenza n.172/04/10 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 25.05.2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29.05.2018 dal Consigliere R C;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.P M che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
udito per la ricorrente l'Avv.P G;
udito per il controricorrente l'Avv.F F.

Fatti di causa

Nella controversia scaturita dall'impugnazione da parte di G A, già dirigente Enel, del silenzio rifiuto opposto dall'Amministrazione finanziaria ad istanza di rimborso delle ritenute Irpef applicate dal datore di lavoro (ENEL) all'atto della corresponsione, avvenuta nel 2000, di una somma a titolo di liquidazione anticipata di pensione integrativa come da accordo collettivo stipulato nel 1996, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in accoglimento dell'appello proposto dal contribuente avverso la prima decisione (di rigetto del ricorso), accertava che il regime fiscale da applicare fosse quello relativo alle prestazioni in forma di capitale corrisposte in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione e cioè sulla parte relativa al rendimento, la ritenuta del 12,50% mentre sull'importo dei contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore eccedenti il 4% della retribuzione annua l'aliquota prevista per la tassazione del T.F.R., riconoscendo, quindi, provato il diritto al rimborso della somma di euro 23.700,21. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione, su due motivi, l'Agenzia delle Entrate. Resiste con controricorso G A. L'Agenzia delle entrate ha depositato memoria ex art.378 C.p.C. Ragioni della decisione.

1.Va esaminata, preliminarmente, l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente il quale ha rilevato il difetto di legittimazione dell'Avvocatura Generale dello Stato alla rappresentanza e difesa dell'Agenzia delle entrate.

1.1.L'eccezione è infondata alla luce del consolidato orientamento di questa Corte (v.Cass. n. 22434 del 04/11/2016;
id.n.14785 del 2011) la quale, in materia, ha condivisibilmente statuito che, in tema di contenzioso tributario, l'Avvocatura dello Stato, per proporre ricorso per cassazione in rappresentanza dell'Agenzia delle entrate, deve avere ricevuto da quest'ultima il relativo incarico, del quale, però, non deve farsi specifica menzione nel ricorso atteso che l'art. 366, n. 5, c.p.c., inserendo tra i contenuti necessari del ricorso "l'indicazione della procura, se conferita con atto separato", fa riferimento esclusivamente alla procura intesa come negozio processuale attributivo dello ius postulandi (peraltro, non necessario quando il patrocinio dell'Agenzia delle entrate sia assunto dall'Avvocatura dello Stato) e non invece al negozio sostanziale attributivo dell'incarico professionale al difensore.

2. Procedendo, quindi, all'esame del ricorso, con il primo motivo si deduce la violazione di plurime disposizioni di legge, in relazione all'art.360 n.5 c.p.c. laddove la Commissione tributaria regionale (d'ora in poi C.T.R.) aveva ricondotto la prestazione di previdenza integrativa in forma di capitale erogata nell'anno di imposta 2002 dall'ENEL ai contratti di capitalizzazione e ai contratti di assicurazione sulla vita.

3.Con il secondo motivo si deduce un'insufficiente motivazione laddove la C.T.R. aveva riconosciuto la debenza della somma da rimborsare sulla base di attestazione rilasciata dall'Enel senza esaminarne il contenuto ovvero spiegare le ragioni per le quali da quel prospetto era dato ricavare "il rendimento".

4. Le censure, esaminate congiuntamente, sono fondate nei termini di cui infra.

4.1.Va, anzitutto, evidenziato che a decorrere dal 1 gennaio 1986 (in base al comma 4 dell'art. 12 del CCNL del 16 maggio 1985, recepito dall'Enel) venne prevista a favore dei dirigenti Enel la stipula di un'assicurazione sulla vita con la previsione contrattuale dell'erogazione di una prestazione al momento del collocamento a riposo;
successivamente, sempre nel 1986, a seguito di apposita richiesta delle rappresentanze sindacali dei dirigenti, tale previsione venne modificata con l'accordo tra l'Enel e la Federazione nazionale dirigenti di aziende industriali (Fndai), in virtù del quale venne sostituito il trattamento assicurativo di cui sopra con un rapporto dì previdenza pensionistica integrativa (c.d. P.I.A., ovvero Previdenza Integrativa Aziendale) con prestazioni da erogare in forma di trattamento periodico (ciò peraltro con efficacia retroattiva al 1 gennaio 1986, da ciò potendosi desumere che la disposizione che prevedeva la stipula di polizze vita di fatto non venne mai applicata). Tale forma di previdenza venne però dismessa nel 1998 e i fondi accumulati trasferiti a Fondenel, Fondo di Previdenza integrativa esterno, chiamato a gestire una forma di previdenza complementare a capitalizzazione individuale;
essa dava diritto, ai dirigenti Enel che vi avevano aderito e che ne facevano richiesta al momento della cessazione del rapporto di lavoro, alla liquidazione dell'intero capitale accumulato in luogo della rendita vitalizia.

4.2 Quanto al regime fiscale di tale prestazione, alla tesi dei contribuenti, secondo cui il capitale richiesto, in quanto originato da un contratto assicurativo, deve essere assoggettato alla ritenuta a titolo dì imposta nella misura del 12,5% ai sensi dell'art. 6 legge 26 settembre 1985, n. 482 (e ciò quantomeno sulla differenza tra l'ammontare del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2 per cento per ogni anno successivo al decimo se il capitale è corrisposto dopo almeno dieci anni dalla conclusione del contratto, ai sensi dell'art. 42, comma 4, t.u.i.r.), si contrapponeva quella dell'Amministrazione finanziaria, secondo cui, invece, l'erogazione in oggetto non poteva considerarsi come reddito di capitale in dipendenza di un contratto assicurativo sulla vita, ma come reddito di lavoro dipendente, soggetto a tassazione separata ai sensi degli artt. 16, comma 1, lett. a), e 17 t.u.i.r.

4.3 Intervenendo, dunque, sul tema, anche per dirimere il contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità, la sentenza delle Sezioni Unite n. 13642 del 2011 ha in primo luogo evidenziato l'esistenza di un fondamentale discrimine temporale, che distingue la situazione dei soggetti che siano iscritti a forme pensionistiche complementari prima dell'entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124 (28 aprile 1993) e quella dei soggetti che siano iscritti a forme analoghe in epoca successiva all'entrata in vigore del predetto provvedimento legislativo (il quale all'art. 13, comma 9, assoggetta le prestazioni in forma di capitale «comunque» a tassazione separata): discrimine discendente dalla norma interpretativa di cui all'art. 1, comma 5, d.l. 31 dicembre 1996 n. 669 (convertito, con modificazioni, dalla I. 28 febbraio 1997 n. 30), il quale prevede che «la disposizione contenuta nell'art. 13, 9 0 comma, d.lgs. 21 aprile 1993 n. 124, e quella contenuta nell'art. 42, 4 0 comma, ultimo periodo del t.u.i.r. introdotta dall'art. 11, 3 0 comma, I. 8 agosto 1995 n. 335, ... devono intendersi riferite esclusivamente ai destinatari iscritti alle forme pensionistiche complementari successivamente alla data di entrata in vigore del citato d.lgs. n. 124 del 1993»;
nel citato arresto è stato quindi evidenziato che «a questa situazione "binaria", che distingue tra "vecchi iscritti" e "nuovi iscritti" a forme pensionistiche complementari, pose fine l'art. 12, comma 1, d.lgs. 18 febbraio 2000 n. 47 (come modificato dall'art. 9, comma 1, lett. a), d.lgs. 12 aprile 2001 n. 168), a norma del quale «per i soggetti che risultano iscritti a forme pensionistiche complementari alla data da cui ha effetto il presente decreto, le disposizioni introdotte dall'art. 10 ... [relativamente al "trattamento tributario delle prestazioni pensionistiche erogate ai sensi del d.leg. 21 aprile 1993 n. 1241 ... si applicano alle prestazioni riferibili agli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001. Per i medesimi soggetti, relativamente alle prestazioni maturate fino a tale data, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti anteriormente». E' dato, pertanto, evincere un primo dato certo rappresentato dal fatto che sono soggetti a tassazione separata ai sensi degli artt. 16, comma 1, lett. a), e 17 t.u.i.r., senza alcuna distinzione circa la loro interna composizione, sia i capitali (tutti) maturati dai soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari dopo l'entrata in vigore del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, sia i capitali maturati successivamente al 1 gennaio 2001 dai soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari anteriormente all'entrata in vigore di quest'ultimo provvedimento;
con riferimento invece ai capitali maturati anteriormente alla predetta data dai soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993 — in relazione ai quali occorre applicare, come detto, «le disposizioni vigenti anteriormente» — le Sezioni Unite hanno evidenziato che «il trattamento tributario delle prestazioni erogate non è, e non può essere, indipendente dalla composizione strutturale delle prestazioni stesse», le quali «nel caso concreto, trattandosi di un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono composte da una "sorte capitale", costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro (e in notevole minor misura dal lavoratore), e da un "rendimento netto", imputabile alla gestione sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato», «sicché» — ha soggiunto la Corte —«possono essere tassate in modo analogo al t.f.r. esclusivamente le somme liquidate a titolo di capitale, mentre alle somme corrispondenti al rendimento di polizza (nella fattispecie Pia), si applica la tassazione nella misura del 12,50 per cento ai sensi dell'art. 6 I. 26 settembre 1985 n. 482. Le esposte considerazioni sono state quindi condensate nel seguente conclusivo principio di diritto: «In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 124 del 1993, ad un Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino a 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (T.U.I.R.), solo per quanto riguarda la "sorte capitale" corrispondente all'attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del c.d. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6;
b) per gli importi maturati a decorrere dai 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 t.u.i.r.».
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