Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 13/06/2019, n. 15956

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., ordinanza 13/06/2019, n. 15956
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15956
Data del deposito : 13 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

seguente ORDINANZA sul ricorso 23967-2014 proposto da: POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE MAZZINI

134, presso lo studio dell'avvocato F L, che la i, rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

P K, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE BRUNO BUOZZI

36, presso lo studio dell'avvocato R A, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato L Z;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 6020/2013 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 07/10/2013 R.G.N. 1216/2009. ad.za 21-11-18/ r.g. n. 23967-14 LA CORTE, esaminati gli atti e sentito il consigliere relatore, RILEVATO che la Corte d'Appello di Roma con sentenza n. 6020 del 17 giugno / sette ottobre 2013, in parziale riforma della gravata pronuncia -che aveva dichiarato l'esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, a decorrere dal 4 gennaio 2003, con la condanna della società convenuta - appellante POSTE ITALIANE S.p.a. alla riammissione in servizio della lavoratrice ed al risarcimento del danno, oltre accessori e spese- in luogo di tale risarcimento liquidava il solo indennizzo di cui all'art. 32 L. n. 183/2010, in ragione di sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori dalla costituzione in mora, conferma nel resto, spese di secondo grado compensate;
che, secondo la Corte capitolina, nella specie era insussistente la temporaneità ex L. n. 196/97, con conseguente sua violazione, mancanza desunta esclusivamente dalla durata complessiva del lavoro interinale de quo (nella specie di circa 9 mesi), durata perciò giudicata incompatibile con la ratio della legge e della relativa contrattazione collettiva. Il lavoro temporaneo, di cui alla L. n. 196, era incompatibile con una prolungata durata in relazione alle punte di più intensa attività. Né veniva ammessa la prova testimoniale richiesta da POSTE ITALIANE per poter dimostrare l'effettività della indicata causale;
che avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione POSTE ITALIANES.p.a., affidato a quattro motivi, cui ha resistito la sig.ra Katia POMA;
che entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative;

CONSIDERATO che

con il primo motivo la società ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della L. n. 196/1997, anche in relazione all'accordo sindacale del 4 dicembre 2002 e all'art. 25 del c.c.n.l. 11 luglio 2003, laddove la Corte territoriale aveva ritenuto che nella specie la durata dell'utilizzazione, la quale aveva raggiunto nove mesi consecutivi per l'effetto di due proroghe, comprovava l'insussistenza della causale addotta per il ricorso al lavoro interinale onde far fronte ad una esigenza stabile di lavoro, mentre sia l'accordo sindacale del 4 dicembre 2002 che l'art. 23 del contratto collettivo 11 luglio 2003 avevano previsto la possibilità di fornitura di lavoro temporaneo in relazione a punte di più intensa attività non fronteggiabilí con le risorse normalmente FDG ad.za 21-1148 / r.g. n. 23967-14 impiegate, di modo che la disciplina della materia non poneva alcun limite di durata oltre il quale le esigenze in argomento non potessero qualificarsi come temporanee con riferimento alle previsioni di cui all'art. 1 della L. n. 196/97, a prescindere poi dalla verifica della loro concreta esistenza. Di conseguenza, la sentenza impugnata aveva finito con l'introdurre, in violazione del citato art. 1 e delle norme contrattuali di riferimento, un ulteriore requisito per il ricorso al lavoro temporaneo -consistente in una durata inferiore ai nove mesi- non riscontrabile però nella disciplina di settore;
con il secondo motivo è stata lamentato l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ossia l'insussistenza delle ragioni sottese alla utilizzazione della sig.ra POMA, desunta esclusivamente dalla complessiva durata dell'utilizzazione di detta lavoratrice, donde l'esclusione delle esigenze di più intensa attività e la conseguente ritenuta sussistenza di una esigenza stabile di lavoro, perciò non interinale. Di conseguenza, la Corte capitolina aveva omesso di compiere il dovuto accertamento in ordine alla effettiva e concreta esistenza delle esigenze che avevano condotto all'impiego della lavoratrice. In proposito, inoltre, POSTE ITALIANE si è doluta anche della mancata ammissione della prova per testi, già richiesta ed articolata come da memoria difensiva depositata per il giudizio di primo grado, segnatamente in relazione alle punte di più intensa attività durante periodo gennaio / settembre 2003 presso l'ufficio postale di Scanzorosciate, dove l'attrice aveva prestato servizio e dove non sussistevano all'poca carenze di organico nel settore recapito, circa i riscontrati incrementi di attività soprattutto riguardo alle lavorazioni della corrispondenza POSTEL e delle stampe commerciali, come da volumi di traffico di cui all'allegato documento 6;
con il terzo motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione della indicata normativa di legge, per cui, secondo POSTE ITALIANE, erroneamente dalla opinata insussistenza delle ragioni a sostegno del lavoro interinale, era stata ritenuta applicabile la sanzione della trasformazione del rapporto temporaneo in uno a tempo indeterminato FDG ad.za 21-11-18/ r.g. n. 23967-14 con l'impresa utilizzatrice, sanzione prevista dalla L. n. 196/97, ad avviso della ricorrente, per le solle ipotesi di omissioni formali;
infine, con il quarto motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell'art. 32 L. n. 183/2010, in ordine alla quantificazione del relativo indennizzo e riguardo all'epoca di decorrenza degli interessi e della rivalutazione monetaria;
tanto premesso, risulta fondata la prima ed assorbente doglianza nei seguenti termini;
invero, del tutto assiomatica ed apodittica appare la tesi della Corte di merito circa l'esclusa temporaneità per il solo fatto della durata complessiva del rapporto de quo in ragione di circa nove mesi, proroghe incluse, laddove invero la normativa di legge in materia e quella collettiva non contemplano in proposito a priori alcun preciso limite, sicché occorre poi accertare in concreto da parte dei competenti giudici di merito, una volta pure sodisfatte le rituali e pertinenti richieste istruttorie di parte, la sussistenza delle indicate ragioni temporali, altrimenti configurandosi la denunciata violazione di legge;
è, quindi, errata l'impugnata pronuncia laddove la Corte distrettuale, dopo aver richiamato il testo dell'art. 1, comma 2, lettera a) della L. n. 196/97 e dato atto che nella fattispecie la contrattazione rilevante consentiva l'assunzione per "alto picco di produttività, punte di più intensa attività", ritenuti situazioni o eventi temporanei, imprevisti o imprevedibili, che si verificano in un particolare e circoscritto periodo dell'anno, venendo poi fisiologicamente meno, così da rendere insostenibile il ricorso a rapporti privi di scadenza, ha ritenuto per contro che la durata dell'utilizzazione, di complessivi nove mesi consecutivi per effetto di due proroghe (4 gennaio / 31 marzo 2003, proroghe al 30 giugno e al 30 settembre 2003, a parte poi i due giorni 30 e 31 ottobre 2003 presso il CP0 di Bergamo), dimostrava l'insussistenza della causale addotta, e quindi invece una esigenza stabile di lavoro, stabilità che non poteva escludersi in base alle due proroghe. In altri termini, a giudizio della Corte capitolina, la protrazione del rapporto per effetto di più proroghe comunque comprovava FDG ad.za 21-11-18/ r.g. n. 23967-14 l'insussistenza della condizione di picco o punta stagionale, i quali si pongono in contrasto con l'ordinaria durata temporalmente circoscritta;
una tale ratio decidendi sembra confondere la stagionalità con la temporaneità, tra loro non necessariamente coincidenti, dell'occasione di lavoro interinale disciplinato dalla legge 196/97, che invece all'art. 1 (contratto di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo), premessa al comma 1° la nozione di contratto di fornitura di lavoro temporaneo, per il soddisfacimento di esigenze di carattere temporaneo individuate ai sensi del comma 2, ivi ne prevede la conclusione: a) nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell'impresa utilizzatrice, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi;
b) nei casi di temporanea utilizzazione in qualifiche non previste dai normali assetti produttivi aziendali;
c) nei casi di sostituzione dei lavoratori assenti, fatte salve le ipotesi di cui al comma 4;
l'interpretazione della suddetta norma di legge implica, dunque, il necessario riferimento alla contrattazione collettiva, la quale nella specie, come pure riconosciuto dalla stessa Corte di merito, consentiva l'assunzione per "alto picco di produttività, punte di più intensa attività", quindi senza nemmeno alcun cenno alla stagionalità, sicché non può escludersi a priori ed in astratto la sussistenza della temporanea esigenza connessa a punte di più intesa attività per il solo fatto che l'utilizzazione si protragga per più mesi nel corso dell'anno, oltre la durata di una singola stagione, dovendosi aver riguardo alle specifiche circostanze del caso concreto di volta in volta esaminato, altrimenti introducendosi un limite temporale fisso, però non contemplato dalla legge;
invero, con sentenza n. 23684 del 23/11/2010 questa Corte ha già avuto modo di affermare che in materia di rapporto di lavoro "interinale" manca la previsione nella legge 24 giugno 1997 n. 196 di un divieto di reiterazione dei contratti di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo conclusi con lo stesso lavoratore avviato presso la medesima impresa utilizzatrice, ciò che d'altro canto non esclude che per la valida stipulazione del contratto di fornitura di lavoro temporaneo occorrano in ogni caso FDG ad.za 21-11-18 I r.g. n. 23967-14 esigenze produttive temporanee, essendo ciò imposto non dall'interpretazione della citata legge alla luce della sopravvenuta direttiva comunitaria 1999/70/CEE (che ha previsto espressamente dei limiti all'istituto), ma dall'essenziale temporaneità dell'occasione di lavoro, che in ogni caso connota la fattispecie, con la conseguenza che, anche prima della richiamata disciplina comunitaria, possono configurarsi ipotesi di contratti in frode alla legge (ex art. 1344 cod. civ.), allorché la reiterazione costituisca il mezzo, anche attraverso intese, esplicite o implicite, tra impresa fornitrice e impresa utilizzatrice concernenti la medesima persona del prestatore, per eludere la regola dall'essenziale temporaneità dell'occasione di lavoro (in senso analogo v. altresì Cass. lav. ordinanza n. 7702 del 28/03/2018, secondo cui in materia di rapporto di lavoro interinale, tanto ai sensi della I. n. 196 del 1997 quanto del d.lgs. n. 276 del 2003, anche in assenza di un espresso divieto di reiterazione dei contratti di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo conclusi con lo stesso lavoratore avviato presso la medesima impresa, è sempre possibile una valutazione della relativa vicenda nei termini di cui all'art. 1344 c.c., quando essa costituisca il mezzo per eludere la regola della temporaneità dell'occasione di lavoro che connota tale disciplina;
tale finalità fraudolenta può essere desunta anche dalla reiterazione di assunzioni per un prolungato periodo di tempo, indipendentemente dal rispetto, per ciascuno dei singoli contratti, delle indicazioni relative alla sussistenza di esigenze tecniche, produttive e organizzative), di modo che stante il difetto di un espresso divieto di reiterazione da parte del dettato normativo non può perciò soltanto presumersi l'insussistenza della temporaneità, mentre la condotta fraudolenta va naturalmente, ai sensi dell'art. 2697 c.c., dimostrata dalla parte che la deduca (cfr. anche Cass. lav. n. 29629 del 16/11/2018, che, sebbene in tema di somministrazione di lavoro, ha affermato come pure la violazione del limite massimo dì sei proroghe nell'arco di trentasei mesi, previsto dall'art. 42 del c.c.n.l. del 2008 per la categoria delle agenzie di somministrazione di lavoro, possa ritenersi sussistente solo ove il lavoratore offra la prova della condotta FDG ad.za 21-11-18 / r.g. n. 23967-14 fraudolenta del datore di lavoro, il quale, attraverso la stipulazione di un successivo contratto di somministrazione senza soluzione di continuità -di per sé non vietata, eluda il divieto di prorogare non più di sei volte il precedente contratto. Nella specie, quindi, è stata confermata la sentenza di merito che aveva escluso la fittizietà della frattura fra un contratto e l'altro per avere il datore provato la sussistenza delle ragioni giustificative indicate nei contratti di somministrazione stipulati successivamente al primo, prorogato sei volte);
pertanto, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri (che evidentemente presuppongono la risoluzione della questione preliminare circa la portata della temporaneità ex art. i L. n. 196/97), nei suddetti limiti, con conseguenti cassazione dell'impugnata sentenza e rinvio alla Corte di merito, la quale, uniformandosi ai succitati principi di diritto provvederà ai necessari accertamenti in punto di fatto, regolando quindi all'esito del giudizio anche le spese di questo giudizio di legittimità;
infine, attesa la fondatezza dell'impugnazione, non sussistono i presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater d.P.R. n. 115/2002 circa al versamento dell'ulteriore contributo unificato;
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