Cass. civ., sez. V trib., sentenza 21/11/2022, n. 34159
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seguente SENTENZA sul ricorsoproposto da: C R e R B, elettivamente domiciliati in Roma, via Tagliamento n.55 presso lo studio dell’Avv.N D P e rappresentat i e difes i per procura speciale in calce al ricorso dall’Avv.L S. –ricorrente – contro AGENZIA DELLE ENTRATE -intimata- per la revocazione dell’ordinanzan.6999/21 della Corte di cassazione , depositata il 12 marzo2021;udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa R C;Processo Revocazione art.391 bis cod.proc.civ.lette le conclusioni del P.G., nella persona del Sostituto Procuratore Generale A P, che ha chiesto respingersi , per inammissibilità,il ricorso. Fatti di causa Nella controversia originata dall’impugnazione da parte di R C e B R di distinti avvisi di accertamento, relativi a IRPEF, loro notificati in conseguenza dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della Videomatic s.n.c., della quale erano soci, questa Corte, con l’ordinanzaindicata in epigrafe, rigettò il ricorso proposto dai predetti C e R avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n.5559/50/14, depositata il 27 ottobre 2014. In particolare, la Corte, nel rigettare il primo e il secondo motivo di ricorso, escludeva che, nel caso in esame (in cui la Società di persone aveva autonomamente definito l’avviso di accertamento a suo carico) sussistesse un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra soci e società nelle controversie promosse dai soci personalmente avverso gli avvisi, relativi a I, loro notificati “per trasparenza”. Per il rigetto dei restanti motivi, la Corte richiamava il principio giurisprudenziale consolidato secondo cui l’esigenza della unitarietà dell’accertamento -che, come posto in risalto dalle Sezioni Unite di questa Corte nelle sentenze n.14815 e n.14816 del 2008 deriva proprio dall’oggetto del processo che sorge dall’incontro tra i fatti allegati dal ricorrenteper contestare l’accertamento- viene meno con la definizione in sede amministrativa, la quale costituisce titolo per l’accertamento, nei confronti delle persone fisiche, ai sensi dell’art.41 bisdel d.P.R. 600 del 1973, così che non controvertendosi sullaqualità di socio oppure sulla quota partecipativa spettante a ciascuno, ma soltanto degli effetti della definizione agevolata da parte della Società su ciascuno dei soci, ognuno di essi può opporre, ad una definizione che costituisce titolo per l’accertamento nei suoi confronti, soltanto ragioni di impugnazioni specifiche e, quindi, di esclusivo carattere personale. Per la revocazione della sentenza R C e B R hanno proposto ricorso, ex art.391bis cod.proc.civ. affidato a unico motivo. L’Agenzia delle entrate ha depositato atto al fine dell’eventuale partecipazione alla pubblica udienza. Il ricorso è stato avviato alla trattazione alla pubblica udienza del 26 ottobre, in prossimità della quale il P.G. ha depositato, ai sensi dell’art.23, comma 8 bis, del decreto legge n.137 del 2020, inserito nella legge di conversione n.176 del 2020, requisitoria scritta concludendo per l’inammissibilità del ricorso e i ricorrenti hanno depositato memoria. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.Con l’unico motivo i ricorrenti deducono l’errore di fatto revocatorio, ex art.395, num.4, cod.proc.civ., nel quale sarebbe incorsa la Corte, nell ’ordinanza impugnata , avendo deciso sulla base dell’erronea convinzione che l’accertamento presupposto fosse stato definito dalla Società in seguito a procedimento per adesione trattandosi, in realtà, di avvenuta acquiescenza per mancata impugnazione dell’atto. I ricorrenti, premesso in fatto che la Società non aveva definito la propria posizione, alias l’accertamento alla stessa notificato, attraverso la sottoscrizione di un accertamento con adesione ma che, al contrario, aveva prestato acquiescenza allo stesso ai sensi dell’art.15 del d.lgs. n.218 del 1997, evidenziano l’errore percettivo dellaCorte la quale, in più brani dell ’ ordinanza impugnata per revocazione , aveva dato per scontata la sussistenza di un accertamento per adesione, mentre in più atti e documenti di tutti i gradi del giudizio risultava il versamento ad opera della Società ai sensi dell’art.15 del d.lgs.n.218 del 1997. Tale errore, secondo la prospettazione difensiva, aveva avuto quale effetto diretto e evitabile quello di condurre la Corte all’assunzione di una decisione errata in diritto stante la differenza ontologica tra l’accertamento per adesione, presupposto nella sentenza impugnata, e l’avvenuta acquiescenza, ad opera della Società,ai sensi dell’art.15 del d.lgs.n.218 del 1997, comportante esclusivamente una riduzione delle sanzioni.
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