Cass. pen., sez. III, sentenza 16/02/2023, n. 06601
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Testo completo
iato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da R M nato a Napoli il 25/01/1958;avverso l'ordinanza del 27/04/2022 delTribunale di Napoli;visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal consigliere G N;lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale N L che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso;RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Con ordinanza del 27 aprile 2022, il udice dell'esecuzione del Tribunale di Napoli rigettava l'istanza proposta nell'interesse di R M e diretta ad ottenere la revoca o la sospensione dell'ordine di demolizione di opere abusive di cui alla sentenza emessa il 16 giugno 2007 dal medesimo -tribunale e divenutoti irrevocabile in data 11 febbraio 2009. 2. Avverso l'ordinanza del 4iudice dell'esecuzione R M, mediante il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi di impugnazione. 3. Con il primo, contesta, ai sensi dell'art. 606/ lett. b) ed e)icod. proc. pen., la mancata valutazione di una istanza di sanatoria ancora pendente siccome ritenuta corredata da documentazione dimostrativa della condonabilità delle opere abusive. Si sottolinea, altresì, la intervenuta desistenza dal proseguire l'opera abusiva che, come tale, non poteva portare il giudice a valutare la domanda in sanatoria come sintomo della volontà di proseguire l'abuso. 4. Con il secondo motivo rappresenta vizi di violazione di legge e di motivazione, nella parte in cui con l'ordinanza impugnata il giudice non ha revocato l'ordine di demolizione alla luce della intervenuta estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione e, quindi, della mancanza di una sentenza di condanna. 5. Con il terzo motivo rappresenta vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione all'art. 173 cod. peri., essendo decorso il termine di prescrizione e avendo l'ordine di demolizione natura sanzionatoria. 6. Con il quarto motivo deduce vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione all'art. 8 della CEDU, alla luce del principio di proporzionalità, da applicarsi nella valutazione dell'ordine di demolizione, per cui emergerebbe in particolare la contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione in relazione ad atti specifici del procedimento, con conseguente erronea applicazione dell'art. 31 comma 9/del DPR 380/01. 7. Il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile, in ragione della assoluta genericità delle censure mosse. Va osservato che il ricorrente si è limitato ad rappresentare genericamente deduzioni difensive critiche. Quanto al primo motivo, non ha spiegato quali siano i punti nodali della verifica tecnica contestata come omessa, in particolare evitando di indicare le ragioni per cui la pratica di condono sarebbe suscettibile di giungere a prossimi esiti favorevoli, e con riguardo al quarto motivo non ha illustrato le ragioni per cui, nel caso concreto, sarebbe stato violato l'evocato principio di proporzionalità. Ciò sebbene costituisca principio acclarato quello per cui ll'atto di ricorso deve contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica. Ed invero, nella giurisprudenza di questa Corte si è avuto modo ripetutamente di chiarire che il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l'onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al giudice dell'impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (cfr. tra le altre, Sez. 3, n. 5020 del 17/12/2009, Valentini, Rv. 245907, Sez. 4, n. 24054 del 01/04/2004, Distante, Rv. 228586;Sez. 2, n. 8803 del 08/07/1999, Albanese, Rv. 214249). Quanto al secondo e terzo motivo, entrambi incentrati sulla ritenuta rilevanza della prescrizione rispetto all'ordine di demolizione, va ribadito quanto già riportato nella ordinanza impugnata, per cui questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015 Rv. 265540 Delorier) ha escluso la natura sanzionatoria dell'ordine di demolizione sulla base di una un'articolata disamina della relativa disciplina di cui al D.P.R. 380/01. Da essa si è evinto che la demolizione dell'abuso edilizio è stata disegnata dal Legislatore come un'attività avente finalità ripristinatorie dell'originario assetto del territorio, imposta all'autorità amministrativa, la quale deve provvedervi direttamente nei casi previsti dall'art. 27, comma 21del TUE o attraverso la procedura di ingiunzione. Si tratta, dunque, di sanzioni amministrative che prescindono dalla sussistenza di un danno e dall'elemento psicologico del responsabile, in quanto applicabili anche in caso di violazioni incolpevoli;come tali sono rivolte non solo alle persone fisiche, ma anche alle persone giuridiche ed agli enti di fatto e sono generalmente trasmissibili nei confronti degli eredi del responsabile e dei suoi aventi causa che a lui subentrino nella disponibilità del bene (cfr. anche. Consiglio di Stato, Sez. 4, n.2266 del 12\4\2011;Consiglio di Stato, Sez. 4, n. 6554 del 24\12\2008. V. anche Cass. Sez. 3, n. 48925 del 22/10/2009, Viesti, Rv. 245918). E' stato in tal senso valorizzato anche il dato per cui, considerato il complesso delle disposizioni integranti la disciplina citata, i provvedimenti finalizzati alla demolizione dell'immobile abusivo adottati dall'autorità amministrativa risultano autonomi rispetto alle eventuali statuizioni del giudice penale e, più in generale, alle vicende del processo penale. Sempre questa Corte, nella sentenza in principio citata e con specifico riferimento alla demolizione ordinata dal giudice penale ai sensi dell'art. 31, comma 9 d.P.R. 380\01, ha osservato, in primo luogo, che la disposizione si pone in continuità normativa con il previgente art. 7 della legge 47/1985 (cfr. Sez. 3, n. 32211 del 29/5/2003, Di Bartolo, Rv. 225548) e costituisce atto dovuto del giudice penale, esplicazione di un pctere autonomo e non alternativo a quello dell'autorità amministrativa, con il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione (cfr. da ultimo Sez. 3, n. 55295 del 22/09/2016 Rv. 268844 Fontana). Sulla base di queste premesse, ha concluso nel senso che l'ordine in parola integra una sanzione amministrativa che assolve ad un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, impone un obbligo di fare imposto per ragioni di tutela del territorio ed ha carattere reale. Tali considerazioni incidono senza alcun dubbio, secondo questa Corte, sulla natura - di sanzione amministrativa - dell'ordine di demolizione impartito dal giudice, con ulteriori riflessi anche in tema di estinzione dell'ordine medesimo per il decorso del tempo. Sempre con la sentenza sopra richiamata (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015 Rv. 265540 Delorier) si è evidenziato, infatti, che l'ordine impartito dal giudice non è soggetto alla prescrizione quinquennale stabilita per le sanzioni amministrative dall'art. 28 della I. 689\81, che riguarda le sanzioni pecuniarie con finalità punitiva (cfr. anche Sez. 3, n. 36387 del 07/07/2015 Cc. (dep. 09/09/2015 ) Rv. 264736;Sez. 3, n. 16537 del 18/2/2003, Rv. 227176) e, stante la sua natura di sanzione amministrativa, non si estingue neppure per il decorso del tempo ai sensi dell'art. 173 cod. pen. (cfr. anche Sez. 3, n. 36387 del 7/7/2015, cit.;Sez. 3, n. 19742 del 14/4/2011, Rv. 250336;Sez. 3, n. 43006 del 10/11/2010, Rv. 248670), atteso che quest'ultima disposizione si riferisce alle sole pene principali (Sez. 3, n. 39705 del 30/4/2003, Pasquale, Rv. 226573). Da queste complessive considerazioni discende il principio di diritto stabilito con la sentenza richiamata per cui la demolizione del manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi dell'art. 31, comma 9,1(quàlora non sia stata altrimenti eseguita, ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall'essere stato o meno quest'ultimo l'autore dell'abuso. La suesposta ricostruzione interpretativa è stata anche valutata in rapporto alle decisioni della Corte EDU in tema di definizione del concetto di "pena", osservandosi che "..Per tali sue caratteristiche la demolizione non può ritenersi una «pena» nel senso individuato dalla giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetta alla prescrizione stabilita dall'art. 173 cod. pen." (cfr. (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015 Rv. 265540 Delorier cit;e ancora Sez. 3, n. 41475 del 03/05/2016 Rv. 267977 Porcu). Si configura, in altri termini, una sanzione che tende alla riparazione effettiva di un danno e non è rivolta nella sua essenza a punire per impedire la reiterazione di trasgressioni a prescrizioni stabilite dalla legge. Si tratta di principi pienamente condivisi dal Collegio, che ad essi intende dare continuità.
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